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Le radio sfidano Apple: chi vince conquista milioni di smartphone

radioIN USA DUE NUOVI SERVIZI, TRA CUI I-TUNES, CREANO PALINSESTI AUTOMATICI BASATI SU ALGORITMI SU MISURA PER OGNI UTENTE. LE EMITTENTI RISPONDONO CON IL SISTEMA DIGITALE DAB+ CHE ASSICURA PIÙ QUALITÀ DI SUONO E NON BRUCIA BANDA COME LO STREAMING
Non l’hanno uccisa 60 anni di tv e non la ucciderà nemmeno Internet. Ma la “cara vecchia radio” sta affrontando un passaggio difficile. Nel mondo e anche in Italia. Nel mercato nordamericano, che da solo fa il 53% dei circa 34 miliardi di dollari di ricavi pubblicitari globali attratti dal più antico dei media elettronici, da due mesi è stato lanciato i-Tunes Radio e in poche settimane ha raccolto 20 milioni di utenti. non si tratta di utenti unici, va bene, e 9 su dieci continuano a ascoltare radio sui loro iPhone anche attraverso Spotify e Pandora, ma l’arrivo di Apple è un segnale importante e imprime un’accelerazione al mercato in una direzione che mette a rischio il core business stesso della radiofonia. Il lavoro di una stazione radio, come chiamiamo ancora per abitudine le emittenti, consiste nella produzione di contenuti audio in forma di palinsesti. Che poi questi palinsesti viaggino sulle tradizionali onde radio terrestri, onde medie, Fm o nel nuovo standard digitale Dab, oppure via satellite o via Internet non importa, da questo punto di vista. E’ un business che non è stato finora neanche intaccato in modo particolare da Spotify. La piattaforma svedese è infatti un social network a pagamento per distribuire musica. Si paga un canone mensile sui 10 dollari oppure vi si accede gratis ma con la presenza di pubblicità e con un sostanziale limite di file scaricabili. E comunque è solo musica. Anche i-Tunes radio per ora è solo musica, ma non è un social
network. Come un altro servizio Internet americano, Pandora, invia agli utenti non la lista delle canzoni che piacciono ai loro amici su Facebook, come Spotify, ma la musica che piace a ogni singolo utente. Questo almeno secondo i calcoli di un algoritmo che analizza gusti, scelte e abitudini di ognuno. Fin qui, ancora, nulla di nuovo: è una nicchia. Pandora ha il 7% di quota d’ascolto negli Usa. Nei primi sei mesi 2013 ha fatturato 233 milioni di dollari, tutti in pubblicità e con una crescita del 46%, ma ancora perde molti soldi. Ma il punto è che invece Apple ha promesso che non si limiterà alla musica e che presto aggiungerà anche le news, le previsioni del tempo e i talk i programmi di intrattenimento. Che non produrrà ma pescherà dalla Rete un po’ come Google News è fatto con le notizie dei media tradizionali. In questo modo ognuno avrà la sua “stazione radio” personalizzata automaticamente dall’algoritmo di Apple. Il massimo del risparmio di tempo perché il sistema scarta automaticamente ciò che ognuno di noi scarterebbe di persona o piuttosto una specie di Truman Show radiofonico? La partita è appena iniziata e l’esito non è affatto scontato in favore dei nuovi servizi (così come Google News non ha fagocitato i giornali online) ma per il mercato radiofonico è comunque il segnale che è ora di darsi una mossa. Perché è in forte ritardo sulla digitalizzazione, soprattutto in Europa. Negli Usa, che hanno il vantaggio di essere un unico mercato da 300 milioni di utenti la radio non è certo un mercato residuale. Due gruppi si dividono la fetta più grande del mercato. Uno è Clear Channel, una syndacation di distribuzione e gestione della pubblicità che raccoglie 840 stazioni radio Usa e altre 140 tra Australia e Nuova Zelanda, con un fatturato annuo di 1,5 miliardi di dollari. Clear Channel ha creato un nuovo marchio per Internet, si chiama i-Heart Radio e riunisce sul web ben 1500 stazioni radiofoniche, le versioni online di quelle via etere più un numero imprecisato di radio native online, che esistono cioè solo su Internet. Diverso invece l’approccio al mercato di Sirius Xm, che è una vera e propria pay radio. Si riceve unicamente da satellite e si rivolge soprattutto al pubblico di chi ascolta la radio in auto. Sirius ha 25 milioni di abbonati che pagano un canone tra i 14 e i 18 dollari al mese, a seconda della presenza o meno di spot (o un pacchetto annuo da 199 dollari) per un fatturato che nei primi 9 mesi del 2013 ha raggiunto i 2,8 miliardi di dollari. Le dimensioni e i risultati di Sirius Xm dicono che la vera sfida nella radio è la mobilità. Non solo perché la radio si ascolta prevalentemente in macchina (anche in Italia) ma soprattutto perché anche i giovani che ascoltano la radio via Internet lo fanno sempre più spesso in mobilità. E questo significa una cosa ben precisa: che la nuova frontiera del business radiofonico – ed è una frontiera globale, che vale su tutti i mercati, dalle Americhe, all’Europa, all’Asia – è una sola. Ossia come mettere la radio dentro gli smartphone (e in misura minore nelle tavolette). Visto dall’Italia il problema è stavolta uguale al resto d’Europa. «Oggi in Italia la penetrazione degli smart device è al 50%, vuol dire che la metà degli utenti può già potenzialmente ascoltare programmi radio in streaming attraverso le app del telefono. Nel 2017 arriverà al 95%», spiega Andrea Samaja, Consulting, partner di Pwc (Pricewaterhouse Coopers), che ha appena pubblicato le sue previsioni sul mercato globale di Entertainment & Media fino al 2017. Si tratta, per ora, di un utilizzo sporadico. Anche perché lo streaming radio, consuma parecchia banda e quindi gli utenti la usano con parsimonia. La soluzione sarebbe ovviamente quella di trasformare gli smartphone in radio. E possibilmente in radio digitale Dab+ che consentirebbe al settore, che è ancora analogico, di digitalizzarsi più in fretta. Gli operatori cellulari però non ne vogliono sapere perché sarebbe traffico sottratto alle loro reti. Esiste, per esempio, una versione del Samsung Galaxy 4 dotato di ricevitore Dab, ma è solo sul mercato coreano. Senza digitale la partita è problematica. La programmazione delle radio attuali e la loro distribuzione attraverso il caos delle frequenze Fm non sono sufficienti a riconquistare il pubblico giovanile e il rischio è di regalarlo tutto ai nuovi servizi Internet. «Il digitale può fare la differenza. Può ad esempio dare due driver nuovi per questa generazione, ossia il suono di qualità e l’arricchimento dei contenuti da offrire – aggiunge Samaja – ma finora le imprese radiofoniche hanno esitato ad investire sul digitale a causa di una doppia incertezza: sullo standard tecnologico e sui sistemi di misurazione degli ascolti». Se il settore riuscirà a risolvere questi due problemi, la sfida con Internet sarebbe tutt’altro che perduta.
Stefano Carli
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CORVIALE, QUARTIERE SMART

sala

COMUNICATO STAMPA
Tre giorni di dibattiti sul futuro del “serpentone”
CONFERENZA STAMPA
SALA DELLE BANDIERE IN CAMPIDOGLIO
MARTEDÌ 19 NOVEMBRE ALLE ORE 11.00
Al via giovedì 21 novembre il Forum “Corviale 2020 – Intelligente, sostenibile, inclusivo”.
Tre giorni di incontri con apertura straordinaria delle attività e delle strutture nel quartiere della periferia ovest di Roma per presentare l’avvio della riqualificazione e lo sblocco dei lavori dopo anni di lotte, manifestazioni, denunce e convegni.
Il progetto si connette alla ricchezza ambientale culturale e sportiva del territorio ed è occasione per un rilancio in linea con le scelte comunitarie Europa 2020. Tecnologie per l’efficienza energetica, agricoltura urbana e bonifica della crosta urbana, inversione della filiera produttiva e dei consumi, reti intelligenti e di intelligenza, formazione degli abitanti, artigianalità per reti di riuso e rifiuti a km 0, bosco urbano come risorsa ecologica e relazionale sono alcuni temi–chiave dello sviluppo delle periferie.
Programma e contenuti saranno presentati nel corso della conferenza stampa.
Interverranno:
Paolo Masini, Assessore alle Periferie Roma Capitale
Flavia Barca, Assessore alla Cultura Roma Capitale
Maurizio Veloccia Presidente Municipio XI
Maria Grazia Bellisario, Direttore del Servizio architettura e arte contemporanee MiBAC
Daniel Modigliani, Commissario Ater di Roma
Maurizio Gubbiotti, Commissario straordinario RomaNatura
Pino Galeota, Presidente CorvialeDomani onlus

 




Roma, Campidoglio porta le periferie a Mayors Challenge 2013

calcio socialeMarino: Progetti come questo fanno bene alla Capitale
Roma Capitale annuncia la propria partecipazione al Mayors Challenge 2013, il concorso internazionale indetto da Bloomberg Philanthropies con l’obiettivo di coinvolgere le città europee affinché propongano idee originali e audaci per risolvere i problemi più diffusi e migliorare la vita cittadina. La città concorrerà con il progetto “Un Sole sulle Periferie”, un’iniziativa coordinata dall’assessore allo Sviluppo delle Periferie Paolo Masini con la collaborazione dell’assessore allo Sport Luca Pancalli, nata nel quartiere di Corviale e volta a promuovere l’inclusione attraverso un particolare modello di sport ma soprattutto di integrazione, il ‘calciosociale’.“Abbiamo scelto “Un Sole sulle Periferie” per concorrere al Mayors Challenge 2013 – dichiara il sindaco Ignazio Marino – perché è progetto che, nato dall’esperienza del ‘calciosociale’, rappresenta un motore di rinascita per il quartiere di Corviale, una rinascita che parte dagli stessi cittadini, e che passa attraverso solidarietà, impegno e partecipazione. Progetti come questo fanno bene a Roma, ricompattano il tessuto sociale e ricostruiscono quello che mai deve mancare nella nostra città: il senso di comunità”. “Raccogliendo il messaggio lanciato da Bloomberg Philanthropies – afferma l’assessore Paolo Masini – Roma Capitale prende parte ad una importante competizione ispirata dalla sfida dell’innovazione attraverso lo strumento dell’inclusione sociale. Gli obiettivi sono ambiziosi: ricucire il tessuto dei nostri quartieri, avvicinare le periferie e trasferire le buone pratiche a livello internazionale, attraverso un progetto che mette insieme sport, inclusione e molto altro, e che può essere replicato in tutte le grandi città europee. Nato in una periferia di Roma, il ‘calciosociale’ è stato presentato negli scorsi anni anche al Parlamento europeo, e ora potrebbe diventare un modello per altre metropoli del nostro continente”.

http://www.ilvelino.it/it/article/roma-campidoglio-porta-le-periferie-a-mayors-challenge-2013/34cca10d-4db4-491a-89ce-4c251f427b66/




#italianelmondo, il Paese visto da Twitter con la lente dei 140 caratteri

twitterA livello internazionale, quanto si parla dell’Italia e su quali argomenti? Secondo un’indagine, a ottobre sono stati generati 7,8 milioni di tweet in inglese, francese, tedesco, spagnolo, portoghese e italiano. Lo sport è l’argomento preferito (40% delle citazioni), seguito da turismo e politica
Nell’immaginario collettivo, l’Italia non è più solo mafia, pizza e mandolino, non sul web almeno. La cartina di tornasole arriva dall’uccellino più pettegolo della rete: il popolo di Twitter, infatti, a quanto pare dialoga e interagisce spesso sul nostro Paese e gli argomenti di discussione prediletti sono quelli legati allo sport (40%), al turismo (15%) e alla politica (8%). Proseguendo, si parla spesso di noi relativamente ad eventi (6%), economia (6%), temi sociali (5%) e media (4%).
Il quadro emerge dall’analisi “#italianelmondo”, realizzata da Almawave, società d’innovazione tecnologica del Gruppo AlmavivA, e presentata nel corso dell’EMC Forum 2013: uno studio che scatta una fotografia dell’Italia attraverso l’indagine del contenuto di circa 7,8 milioni di Tweet in 6 lingue (inglese, francese, tedesco, spagnolo, portoghese e italiano), analizzati con algoritmi statistici attraverso un monitoraggio costante, condotto 24 ore su 24, di tutti i cinguettii sul tema Italia generati in tutto il mondo, dal 24 settembre al 28 ottobre 2013, organizzati in 1300 concetti e 14 categorie.
L’inglese è la lingua in cui si registra la maggior parte delle conversazioni (42% del totale), seguita da italiano (32%), spagnolo (18%), francese (5%), portoghese (2%), mentre le interazioni in tedesco rappresentano soltanto l’1%. L’approccio dei tedeschi al nostro Paese sul social network, del resto, è diverso rispetto al resto del mondo, visto che le conversazioni si riferiscono in massima parte al turismo (25% del totale) e alla politica (21%), mentre in tutte le altre lingue l’argomento preferito è lo sport (il 44% delle conversazioni in inglese e il 48% in francese).
In generale, il turismo si afferma come una delle principali occasioni di discussione, in primis per parlare di viaggi e vacanze (il 42% dei tweet sull’argomento), mentre il 25% è dedicato ai monumenti e alle attrazioni delle città d’arte, il 22% a paesaggi e località turistiche e l’11% alle strutture ricettive. Il Colosseo è il primo tra i monumenti e il Duomo di Milano supera San Pietro. Più prevedibile invece il dominio del Colosseo (30%) tra i monumenti di cui si conversa maggiormente, seguito dal Pantheon e, a sorpresa, non da San Pietro (al quarto posto) ma dal Duomo di Milano. C’è tuttavia ancora molta Roma nella top 5 dei musei più citati, che sancisce una sonora rivincita dell’arte moderna su quella classica: il Maxxi e il Macro di Roma risultano ai primi due posti, seguiti dagli Uffizi di Firenze, dai Musei Capitolini e dai Musei Vaticani.
Le località di mare vedono un dominio pressoché incontrastato delle regioni meridionali e, soprattutto, dell’isola di Capri, al centro del 51% delle conversazioni registrate sull’argomento, seguita dalla Costiera Amalfitana (14%) e dal Salento (7%).
La rivincita del nord arriva però con le interazioni sui laghi, dove il più citato risulta essere il Lago di Como (65%) seguito dal Lago di Garda (35%), oltre che, naturalmente, le montagne e in particolare le Alpi, citate nel 57% dei tweet e seguite a distanza dall’Etna (17%).
La Regione più citata in assoluto è il Lazio (24,4% del totale), grazie soprattutto ai Tweet su Roma e ai suoi monumenti e musei, seguita da Lombardia (16,7%, grazie ai monumenti di Milano, ma anche all’importanza di Expo 2015), Toscana (13,3%, con Firenze e i percorsi enogastronomici per la regione), Veneto (10,7%) e Sicilia (10%).
Tra le città d’arte italiane più popolari, non mancano però le sorprese: dietro Roma (che raccoglie il 35% dei Tweet sull’argomento) e Milano (21%), al primo e al secondo posto per numero di interazioni, si posizionano Assisi e Lucca, terza e quarta in classifica, più citate persino di Venezia e Firenze. Su Assisi ha concentrato l’attenzione la visita di Papa Francesco, avvenuta il 4 ottobre, su Lucca ha fatto da catalizzatore l’attesa per l’evento Comics and Games. A riprova che le grandi iniziative sono un valido strumento per concentrare l’attenzione, anche turistica, su una località.
A proposito di eventi, accanto a quelli a maggior risonanza mediatica come il festival del cinema e la settimana della moda, emergono manifestazioni come Eurochocolate, Romics di Roma, Comics di Lucca e i concerti della boy band One Direction. Si inizia a discutere anche dell’Expo 2015: soprattutto in lingua spagnola, dove si dibatte dell’incarico, dato alla Disney, di disegnare la mascotte dell’evento. In portoghese si parla invece di Milano come protagonista dell’Esposizione internazionale.
Il popolo dei social network, per definizione, è però pronto a scambiarsi opinioni anche su ciò che non funziona. Dall’analisi a campione dei Tweet emerge che alcuni tra i temi ricorrenti sono le problematiche relative alla clonazione delle carte di credito e la difficoltà in alcuni casi a prenotare online gli hotel. I monumenti italiani, soprattutto quelli romani, sono definiti a volte “fatiscenti”, mentre alcuni utenti (attraverso Tweet in lingua spagnola) sono preoccupati dall’aumento dei prezzi.
In tema di enogastronomia, per quanto riguarda gli alcolici, il Chianti domina la classifica e batte tutti con il 18% delle citazioni, “doppiando” competitor come Montepulciano (9%), Barbera (8%), Prosecco (8%), Asti (8%) e distaccando nettamente il famoso Brunello (7%). A seguire, Barolo, Grappa, Peroni e Montalcino.
Tra i prodotti tipici alimentari, invece, se da un lato vengono confermati gli stereotipi più classici nella percezione del nostro food all’estero, con conversazioni che riguardano soprattutto la pizza (25%), la pasta (18%) e il caffè (11%), si afferma un prodotto di nicchia come il tartufo (2%), che, nel mese di ottobre, eguaglia in popolarità persino un prodotto di forte impatto commerciale come la nutella (2%). Significativi i risultati anche per cioccolata (5%), pane (5%), formaggio (4%), gelato (4%) e pesce (3%).
Per quanto riguarda lo sport, il calcio è il protagonista, soprattutto grazie ai successi della Roma di Garcia, ma anche ciclismo ha successo, per i Mondiali di Toscana ed Eurovolley, con l’argento degli azzurri.
In politica, buona parte dell’attenzione è concentrata su Berlusconi e un altro tema caldo è il rischio di crisi di governo, insieme al voto di fiducia dato in Senato a Letta a inizio ottobre. In lingua italiana si parla molto di Matteo Renzi, al contrario delle altre lingue, e molta attenzione viene data al tema fiscale.
Per quanto riguarda l’economia, la crisi è il tema più caldo, legato alle ripercussioni della situazione italiana su tutta l’Eurozona. Altri argomenti scottanti sono il carovita, con prezzi sempre più alti e un’imposizione fiscale che costituisce un forte freno ai consumi e, tra le aziende, oltre ai casi recenti di Telecom e Alitalia, interesse viene registrato da Eataly, fautore della valorizzazione dei prodotti locali italiani nel mondo.
“Le analisi Big Data sono uno strumento valido e prezioso per fotografare il presente – ha detto Valeria Sandei, amministratore delegato di Almawave – perché raccontano un mondo reale e in movimento, offrono chiavi di lettura inaspettate e permettono previsioni utili a interpretare il futuro e le aspettative. Le soluzioni Almawave analizzano e comprendono in tempo reale volumi di dati sempre crescenti, caratterizzati da elevata varietà. Ed è proprio questa varietà delle fonti a determinare il valore del servizio”.

di SARA FICOCELLI

http://www.repubblica.it/tecnologia/2013/11/14/news/_italianelmondo_il_nostro_paese_visto_con_la_lente_dei_140_caratteri-70996916/?ref=HREC1-35




Stati Generali della Cultura e del Turismo. Roma, 15-17 novembre 2013

Logo+SGculturaturismoL’Italia è al primo posto nel mondo per siti riconosciuti dall’UNESCO come patrimonio dell’umanità: ad oggi sono 49 i tesori attorno a noi e che devono essere valorizzati. Sapete dove si trova la spiaggia più bella del mondo? In Italia, in Sicilia. E in questi mesi ci sono ben 19 provincie italiane al lavoro per essere candidate a Capitale Europea della Cultura 2019. Il turismo potrebbe rappresentare per l’Italia uno dei driver più potenti di crescita per superare la crisi e invece vive delle bellezze che naturalmente e storicamente possiede tra disattenzione, inefficienze e burocrazia. Si tratta di un patrimonio culturale che tra le sue città d’arte, le coste balneari, i centri di pellegrinaggio religioso, i siti con valenza didattico-educativa e i paesaggi naturali non ha eguali al mondo per diversificazione di modelli turistici offerti. Con gli “Stati Generali della Cultura e del Turismo” cercheremo di rispondere ad un interrogativo in particolare: “Con la cultura si mangia? Quale futuro per i tesori del nostro Paese?”

L’iniziativa organizzata dal Forum Nazionale dei Giovani è volta a promuovere e sostenere il turismo e la cultura nel nostro Paese, si terrà a Roma nei giorni 15, 16 e 17 dicembre 2013 ed ha ricevutola Medagliadel Presidente della Repubblica, oltre che il patrocinio dal Senato della Repubblica, dalla Camera dei Deputati, dal Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, dalla Conferenza delle Regioni e delle Province Autonome e dall’Anci.
Si è partiti con le consultazioni online, una grande operazione di ascolto aperta a tutti disponibile sul sito www culturaturismo it online dal 4 ottobre. I risultati delle consultazioni costituiranno la base per i lavori dei panel, l’incontro tra le Organizzazioni giovanili, gli operatori di settore e le Amministrazioni nazionali e locali che avverrà appunto a Roma. A chiusura dell’iniziativa ‘Villaggio Italia’ in primavera 2014.
Cliccando sul seguente link puoi leggere la presentazione e il programmadell’evento.
Per partecipare ai lavori è preferibile accreditarsi indicando nominativo all’indirizzo emailinfo@forumnazionalegiovani.it.
Stati_Generali_Cultura_e_Turismo




Trasformazione dei terreni di proprietà pubblica in proprietà collettiva

ortiCi sono diverse iniziative legislative per richiedere l’assegnazione dei terreni pubblici ma nessuna scioglie il nodo fondamentale: la riconduzione di tali beni dalla proprietà pubblica alla proprietà collettiva della generalità dei cittadini abitanti nei territori di riferimento.
Basterebbe un articolo unico:
1. I terreni utilizzabili per la coltivazione agraria o come bosco o come pascolo permanente appartenenti ad enti pubblici sono trasformati in demani civici e costituiscono proprietà collettive della generalità dei cittadini abitanti nel territorio comunale o frazionale in cui i beni sono situati. Tali beni sono indivisibili, inalienabili, inusucapibili, inespropriabili.
2. I terreni di cui al comma precedente sono amministrati separatamente dagli altri beni pubblici con Comitati da eleggersi con le norme di cui alla legge 17 aprile 1957 n. 278; tali amministrazioni sono denominate “Amministrazioni Separate di Beni di Uso Civico” (ASBUC).
Alfonso Pascale




Infrastrutture di Dati Territoriali Innovative per Città Intelligenti

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[Conferenza ASITA 2013] INFRASTRUTTURE DI DATI TERRITORIALI INNOVATIVE PER CITTÀ INTELLIGENTI SPATIALLY ENABLED from Eugenio Minucci

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La guerra sotterranea

vinoSono passati trentasei anni da quando, quindicenne a Parigi, ho cominciato a frequentare il mondo del vino. Eppure qualche tempo fa, in un pomeriggio trascorso nel sud del Piemonte, ho imparato in cinque ore più di quello che avevo imparato nei trentasei anni precedenti. Questo la dice lunga sulla mia ignoranza, ma anche sulla genialità dell’uomo che mi ha accompagnato in giro per la sua azienda agricola nei dintorni di Novi Ligure.
Nei suoi trenta ettari di terreno, Stefano Bellotti a Cascina degli Ulivi, produce vino, alleva bestiame e coltiva cereali, frutta e verdura. All’inizio degli anni ottanta, Bellotti è stato uno dei primi italiani a sposare quella pratica olistica (espressione di una vecchia tradizione del “buonsenso contadino”) che va molto oltre quello che Bruxelles definisce come biologico. Si chiama “biodinamica” ed è ispirata (ma solo ispirata) al fondatore delle scuole Waldorf e della filosofia antroposofica, Rudolph Steiner.
Bellotti è un uomo schietto e carismatico, con una luce – quasi un laser – perenne negli occhi. Ha mani solcate come i terreni collinari che cura scrupolosamente. Inequivocabilmente contadino, non dovremmo però stupirci davanti alla sua stupefacente capacità di articolare i concetti più complessi. E un nuovo contadino. Di quelli che hanno forse rubato agli artisti il ruolo di contestatori dello status quo.
Lo sapevate, per esempio, che il rapporto tra le radici di una pianta e il terreno può aiutarci a capire la vera natura della politica globale? Ecco, nemmeno io, almeno fino a quando non ho seguito il suo improvvisato corso di specializzazione tra le vigne di Filagnotti, nella regione vinicola del Gavi. “Se coltivata naturalmente, secondo i veri metodi biologici, una singola pianta di grano produrrà radici primarie che affondano nel terreno fino a 12 metri con circa cinque chilometri di filamenti radicali”, mi ha spiegato Bellotti. “La stessa pianta, coltivata seguendo le pratiche industriali dell’agrochimica, in un terreno che riceve erbicidi, pesticidi e fungicidi tossici (come accade nel 99 per cento dei casi in tutto il mondo) penetra nel suolo tra i 5 e 10 centimetri e produce poche centinaia di metri di filamenti radicali. Abbiamo una riduzione di cento volte.”
“Perché è importante questa differenza?”, gli ho chiesto. “Diventa una pianta che non ci nutre più. Perché il sapore e le qualità nutritive di un cereale – come di qualsiasi pianta – sono determinate dall’assorbimento di minerali da parte delle sue radici”, mi ha risposto abbandonandosi a una risata. “Una volta, quando una persona mangiava pane, mangiava pane. La gente poteva sopravvivere mangiando quasi soltanto pane, perché conteneva quasi tutto di cui l’uomo ha bisogno. Oggi invece la maggior parte del pane che mangiamo è completamente inutile dal punto di vista alimentare”.
“E le uve da vino?”, ho chiesto. “Di tutte le piante coltivate, la vite è forse la più sensibile all’apporto dei sali minerali. Se coltivata in modo naturale è in grado di penetrare nel terreno per venti metri, mentre una pianta coltivata in modo convenzionale e chimico è già tanto se arriva a cinquanta centimetri di profondità. Se consideri che i sali minerali assorbiti dalle radici determinano l’aroma del vino (attraverso la magia della fermentazione) capirai che il contatto ridotto con i minerali dell’agricoltura industriale ha un effetto devastante. Mancano le caratteristiche più intrinseche dell’uva e del vino, e quindi bisogna ricostruirle artificialmente in laboratorio, aggiungendo altri composti chimici al prodotto e un’altra fase cancerogena al processo”.
Prima di continuare, Bellotti ha osservato il mare di foglie verdi che ci circondava. “Quando tratti le viti con agenti chimici (molti dei quali derivano dall’industria militare, come Roundup di Monsanto, sviluppato anche a partire dall’uso dell’agente arancio nella guerra del Vietnam) la pianta perde la maggior parte delle sue capacità fotosintetiche, che sono alla base del suo dialogo vitale con la luce e l’energia solare”.
Mi ha guardato, e sul suo viso è passato un sorriso ironico. “Anche noi esseri umani abbiamo bisogno dell’energia solare e della luce per sopravvivere, ma per alimentarci non possiamo stare fermi sotto il sole, a meno che non vogliamo essiccarci e morire. Riceviamo l’energia del sole mangiando piante che l’hanno assorbita al posto nostro. Impedendo alle piante di assorbire la luce solare non facciamo altro che impedire a noi stessi di immagazzinare l’energia del sole. Per questo perdiamo vitalità e voglia di agire, e alla fine non siamo più capaci di pensare come dovremmo”.
Improvvisamente Bellotti mi ha piantato addosso uno sguardo penetrante che non dimenticherò per molto tempo. A qualcuno la sua tesi finale potrà sembrare strampalata, ma vi suggerisco di verificarne le basi scientifiche. “Le multinazionali che ogni giorno aumentano il loro controllo sull’approvvigionamento alimentare globale hanno tutto l’interesse a farci mangiare piante che in realtà non sono vere piante, perché così ci rendono più malleabili e sottomessi, esseri umani meno vivi e meno capaci di resistere al potere”.
Correzione: 13 novembre 2013 In un versione precedente di questo articolo c’era scritto che il Roundup è sviluppato anche a partire dall’uso del Napalm, invece è sviluppato anche a partire dall’uso dell’agente arancio, un defoliante prodotto dalla Monsanto e usato dall’esercito statunitense nella guerra del Vietnam. Il Napalm veniva prodotto dalla Dow Chemical, un’altra multinazionale statunitense, che produceva anche l’agente arancio.
Jonathan Nossiter
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Bullitt Center, il primo edificio zero acqua

idro_schemaUn’enorme cisterna filtra l’acqua piovana, mentre pannelli FV di ultima generazione generano l’energia elettrica necessaria all’edificio. L’obiettivo è il Living Building Challenge
Meteorologi, geografi ed esperti di cambiamenti climatici concordano: le risorse idriche in futuro saranno sempre più scarse e preziose.
Non bisogna, però, attendere e indugiare per mettere in pratica metodi e sistemi anti spreco, a partire dai paesi occidentali più sviluppati che, spesso, non si rendono pienamente conto della gravità della questione.
MOLTI COMUNI VIETANO IL TRATTAMENTO IN LOCO DELLE ACQUE GRIGIE. A dichiararlo, fra gli altri, l’associazione americana International Living Future Institute, autrice di una “guida” anti sprechi centrata sui nuovi edifici, dal titolo “Living Building Challenge (LBC)”. “La conservazione e il riuso delle risorse idriche è una priorità da considerare fin dalle prime fasi di progettazione di un edificio”, spiega Amanda Sturgeon, vice presidente del programma LBC, promotrice di sistemi di riutilizzo e infiltrazione in loco. Peccato che spesso, a impedire la riuscita di progetti virtuosi, siano le norme. “Molti comuni regolano pesantemente o addirittura vietano il trattamento in loco delle acque grigie o delle acque nere”, sottolinea la Sturgeon.
BLOCCO “SOCIALE”. Spesso, poi, le aziende di costruzione o gli stessi proprietari si mostrano restii a installare, per esempio, servizi igienici di compostaggio nelle proprio abitazioni (o uffici), quasi fosse qualcosa di cui vergognarsi. “La colpa in questo caso è della scarsa informazione a riguardo: è chiaro che queste persone non sanno quanto conviene usare questi sistemi, per l’ambiente e per le bollette a fine mese”.
L’ESEMPIO DEL BULLITT CENTER DI SEATTLE. Nonostante queste premesse esistono degli edifici che sono riusciti in questa impresa. Su tutti quello che è stato definito “l’edificio a uffici più efficiente del mondo”, il Bullitt Center di Seattle, che ha aperto ufficialmente lo scorso aprile e che prevede di raggiungere il 100 per cento di energia rinnovabile prodotta in loco. Sviluppato su sei piani, l’edificio è stato progettato allo scopo di diventare un modello di efficienza: un enorme cisterna rivestita di calcestruzzo e posta nel seminterrato del centro raccoglie l’acqua piovana, tanto da poter coprire la fornitura idrica dei tre mesi estivi, quando in questa regione piove assai poco (capienza fino a 56 mila litri). Poter trattare in questo modo l’acqua non è stato semplice, spiegano i progettisti e il presidente di Bullitt Foundation, Denis Hayes. “Gli aspetti normativi sono straordinariamente complessi nello Stato del Washington e le strutture commerciali come questa non sono autorizzati a utilizzare l’acqua piovana per uso potabile.”
L’ACQUA PIOVANA PASSA ATTRAVERSO UNA SERIE DI FILTRI PER RIMUOVERE LE IMPURITÀ. Ma alla fine la perseveranza ha pagato e al progetto è stato concesso un permesso normativo per la fornitura di acqua potabile sul posto. Il sito recupera anche le acque grigie dei lavandini e delle docce del fabbricato. Le acque reflue vengono raccolte in un serbatoio interrato collegato a un sistema di depurazione naturale dove avviene il trattamento microbico. Poi, l’acqua depurata viene filtrata all’esterno, irrigando un’ampia zona verde circostante. “Abbiamo dovuto negoziare per mesi con la città e l agenzie statali, perché non c’era alcun precedente”, dice Court.
“Speriamo di poter convincere i gestori di edifici, in particolare nelle città, ad utilizzare i sistemi di trattamento o infiltrazione delle acque grigie. L’acqua è una risorsa troppo importante”.
AUTOSUFFICIENZA ENERGETICA. Risorse idriche, ma non soltanto. La strategia di efficienza e autosufficienza del Bullitt Center è pensata anche da un punto di vista dei consumi energetici: il 100% dell’energia elettrica necessaria all’edificio e ai suoi occupanti viene prodotto in loco grazie all’impianto fotovoltaico che rivestono tutto il tetto oversize, mentre l’isolamento termico ottimale della struttura abbatte i costi per riscaldamento e aria condizionata. L’obiettivo del Bullitt Center è ambizioso: raggiungere gli elevati standard fissati dal Living Building Challenge, che impone agli edifici in gara per la certificazione l’autosufficienza energetica ed idrica per almeno un anno dall’inaugurazione ufficiale.
Appuntamento, quindi, alla prossima primavera.
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Internet delle cose è la nuova industria

internet coseNon solo pc e smartphone; l’IoT consentirà di gestire meglio i rifiuti, i consumi e il traffico. Ricerca BI Intelligence
Avete mai sentito parlare di “IoT”?
Si tratta di una sigla inglese che sta per Internet of Things, più propriamente Internet degli oggetti. Con questo neologismo ci si riferisce all’estensione di Internet al mondo degli oggetti e dei luoghi concreti, un fenomeno oggi in piena esplosione, se si considera che “le connessioni” si muovono già ben al di là di là dei dispositivi informatici, investendo sempre più oggetti, a partire da termostati, parchimetri e sistemi di sorveglianza.
ENTRO IL 2018 SARANNO 9 MILIARDI I DISPOSITIVI DELLA CATEGORIA IOT. Le stime per questa fetta di mercato IoT appaiono rilevantissime; un recente studio di BI Intelligence ha infatti previsto che l’internet degli oggetti crescerà in maniera esponenziale nel corso dei prossimi anni. Se oggi sono stati calcolati 1,9 miliardi di dispositivi rientranti in questa categoria, essi diventeranno 9 miliardi entro il 2018 tra smartphone sempre più polifunzionali, televisori intelligenti, tablet, computer da indossare e PC combinati. E, altra caratteristica sottolineata dallo studio, sempre più questi dispositivi saranno in grado di “comunicare” tra loro.
DOVE L’IOT SI FARÀ SENTIRE. Ma vediamo, dal rapporto, quali saranno le principali applicazioni dell’ “internettizzazione” degli oggetti:
SISTEMI DI GESTIONE INTELLIGENTE DEL TRAFFICO. Una ricerca recentemente condotta dal gruppo di telecomunicazione GSM Association (GSMA) ha previsto che entro il 2020 ammonterà a 100 miliardi di dollari il fatturato derivante da applicazioni “smart” di gestioni del traffico automobilistico e dei parcheggi.
SISTEMI DI GESTIONE DEI RIFIUTI. Un settore che sarà sempre più automatizzato, come dimostra il caso di Cincinnati, nell’Ohio, Stati Uniti, dove il volume dei rifiuti residenziali è sceso del 17% e il volume di riciclaggio è cresciuto del 49% attraverso l’utilizzo di un programma di “pay as you throw” (paga in base a quanto butti), che ha utilizzato la tecnologia IoT per monitorare coloro che eccedevano i limiti stabiliti per i rifiuti.
RETI ELETTRICHE INTELLIGENTI CHE REGOLANO LE TARIFFE PER IL CONSUMO D’ENERGIA. Questo settore, calcola il McKinsey Global Institute, permetterà di conseguire un risparmio stimato tra i 200 e i 500 miliardi di dollari all’anno entro il 2025, solo negli Stati Uniti.
SISTEMI IDRICI E CONTATORI INTELLIGENTI (SMART METERS). Le città di Doha, San Paolo e Pechino hanno ridotto le perdite d’acqua dal 40 al 50% posizionando sensori collegati a Internet sulle pompe e su altre infrastrutture idriche, in grado di mandare segnali immediati in caso di guasto e, quelli più sofisticati, già in grado di prevederlo con l’anticipo necessario per intervenire.