1

Brevetti green, l’Italia cresce in Europa

brevettiNegli ultimi cinque anni le invenzioni a tecnologia verde salgono del 5,4%, quelle nelle nuove «Ket» dell’1,1%
Crescono in Europa i brevetti italiani «green». Nelle difficoltà della crisi in cui si trova a lottare ormai da tempo, il Belpaese sta dando buona prova di sé e della sua fama di nazione di inventori. Negli ultimi cinque anni i brevetti a tecnologia «verde» registrati a livello europeo mostrano una crescita del 5,4% e quelli nelle Ket (dall’inglese Key Enabling Technologies) dell’1,1%: un andamento che vale più di quel che appare, visto che le cosiddette «tecnologie abilitanti» sono ritenute capaci di innescare processi di innovazione accelerata in modo trasversale in più settori produttivi.
A DIRLO sono i numeri dell’Osservatorio brevetti di Unioncamere: evidenziano, nel periodo compreso tra il 1999 e il 2012, le oltre 14 mila domande italiane pubblicate dall’Ufficio Europeo dei Brevetti riconducibili alle Ket, pari al 27,9% di tutta l’attività brevettuale nazionale rivolta al mercato continentale. La distribuzione di queste tecnologie evidenzia una forte specializzazione nella manifattura avanzata (69,5% delle domande di brevetto), a cui seguono i materiali avanzati (10,2%), la fotonica (7,4%), le biotecnologie (6,8%), la micro e nanoelettronica (5,7%) e le nanotecnologie (0,4%). Sempre nello stesso periodo, una quota pari al 5,5% delle richieste rientra nei settori della green economy, da più parti considerati ambiti con forti opportunità di sviluppo e di investimento e ormai parte integrante del modello di crescita delle imprese italiane più dinamiche sui mercati internazionali.
NONOSTANTE la generale contrazione nel numero di domande italiane di registrazione presentate agli uffici europei (passate dalle 4.423 del 2008 alle 3.819 del 2012, con una riduzione media annua del 3,6% nel quinquennio), in questi ultimi anni il Paese mostra un incremento dello sviluppo tecnologico su settori applicativi che la Commissione Europea reputa a forte valenza strategica, con ricadute positive sia per quanto riguarda la competitività delle imprese sia sulla capacità in prospettiva di attrarre capitali in cerca di idee e progetti imprenditoriali con previsioni a lungo termine. Un dato ancora più significativo se si considera il periodo difficile cui si riferisce e che in tutti i settori, meno l’edilizia, le aziende che innovano lo fanno nell’organizzazione, nel marketing, nel design. Una conferma dell’orientamento sempre più marcato del nostro sistema produttivo verso la cosiddetta «soft innovation», l’innovazione non solo tecnologica industriale ma anche e soprattutto nelle componenti intangibili della competitività.
link all’articolo




Open Data ed energia: come monitorare i consumi energetici del territorio

open_dataLa più grande sfida di una Smart City è creare un ambiente sostenibile, per esempio ottenendo la riduzione dei consumi di energia; proprio per questo l’Unione Europea ha promosso il Patto dei Sindaci per il risparmio energetico – PAES, attraverso cui dovrà essere fatta una pianificazione dei consumi energetici sul territorio, incentivando la produzione di energia attraverso fonti rinnovabili.

Presupposto della pianificazione di qualsiasi azione è conoscere la situazione di partenza, cioè i dati dei consumi del territorio (utenze domestiche e produttive); così come per monitorare l’efficacia delle azioni previste nel piano e’ necessario verificare le variazioni dei medesimi dati, in modo da misurarne gli scostamenti e vedere se le azioni previste hanno avuto risultati positivi o meno.

Proprio per questo è essenziale partire dai dati del consumo energetico del territorio, tanto che è stato coniato lo slogan “Raw data energy now”: ma come può fare un Comune ad entrare in possesso di questi dati? Si possono ottenere dai gestori che si occupano di energia? E soprattutto, come contattare i gestori, ora che il mercato non è più in condizione di monopolio e siamo in regime di libera concorrenza?

In realtà, i dati dei consumi delle utenze di energia elettrica e gas sono già da tempo in possesso degli Enti Locali: infatti, a partire dalla Legge Finanziaria del 2005 (art. 1 commi 332, 333 e 334 della legge n. 311 del 31 dicembre 2004), l’Agenzia delle Entrate mette a disposizione dei Comuni questi dati attraverso il SIATEL, al fine di effettuare verifiche tributarie.

I dati dei consumi sono annuali e sono riferiti ai soggetti residenti in un dato immobile, identificato con i dati catastali; purtroppo questi dati hanno un formato poco leggibile, e quindi siamo partiti con l’idea di inserirli nel Sistema Informativo Territoriale, con l’obiettivo di visualizzarli sulla mappa del territorio, utilizzando i dati degli immobili e dei residenti come chiavi di ricerca.

Proprio a questo punto ci siamo resi conto che se questi dati vengono opportunamente elaborati con un algoritmo che compara i consumi totali di un edificio con la superficie dell’immobile, si può arrivare alla classificazione energetica delle abitazioni del territorio…. Ed ecco, il gioco è fatto! Dal mash up di 3 diverse banche dati (catasto immobili, anagrafe, consumi energetici) si crea un possibile sistema di monitoraggio dei consumi energetici del territorio.

Ultimo passo, ma non il meno importante, è rendere a disposizione i dati in formato Open: per cui abbiamo scelto il .kml, perché immediatamente visibile e rappresentabile con Google Earth, e il file è a disposizione di tutti sul portale Open Data della Regione Emilia-Romagna.
I dati così pubblicati non hanno alcun riferimento personale, perchè sono comunque riferiti all’immobile nel suo complesso, che vengono visualizzati con il colore corrispondente al livello di classificazione energetica attribuito.

I dati ovviamente andrebbero resi più precisi, mappando anche gli immobili che contengono impianti che producono energia da fonti rinnovabili: in questo caso chi possiede le informazioni è GSE, società pubblica che autorizza gli impianti di produzione di energia.

E inoltre occorre tenere presente che un immobile può avere un basso consumo energetico perché disabitato, e in questo caso è sufficiente verificare se ci siano soggetti residenti; ma tutto ciò rappresenta un ottimo punto di partenza per la rappresentazione della situazione del territorio, soprattutto per iniziare a condividere a vari livelli cosa vuol dire classificazione energetica, e come si rapporta rispetto ai consumi annui, su come si può risparmiare e che incidenza può avere questo risparmio sull’ambiente; in una parola, è utile per creare cultura e condivisione di un modello virtuoso.

Nel documento pubblicato a questo link sono riportati in modo più esaustivo i riferimenti normativi, alcuni accenni alla privacy, le modalità di accesso ai dati, i requisiti di sistema, l’unione delle banche dati, pubblicazione del file in formato aperto, possibili utilizzi dei dati.

A questo punto, l’esperimento può essere replicato su tante realtà, piccole e grandi: perchè non creare una mappa nazionale dei consumi energetici?

L’ambiente sostenibile e il risparmio sono un vantaggio per tutti, vediamo se riusciamo ad ottenere dei miglioramenti usando i dati che abbiamo! Una grande sfida per tutti.
Il Patto dei Sindaci
portale open data regione Emilia Romagna
riferimenti normativi




Mannheimer: “Qualità della vita in periferia a Roma, netto peggioramento”

periferieIl presidente dell’organismo di verifica lancia l’allarme su trasporti, scuole e biblioteche
“QUALITÀ della vita in calo e servizi in molti casi inefficienti”. L’allarme è lanciato da Renato Mannheimer, lo studioso che dal luglio del 2012 è presidente dell’Agenzia per il controllo e la qualità dei servizi pubblici localidi Roma Capitale.

Presidente il calo della qualità della vita è molto elevato?
“Possiamo dire che rispetto al 2012 siamo passati da una valutazione di 6,27 su 10 ad una di 5,95. In sostanza, per i romani la qualità della loro vita non raggiunge la sufficienza”.

È un sentimento che riguarda tutti oppure viene vissuto diversamente nei vari quartieri della città?
“Il malessere riguarda tutti, ma alcuni più di altri. La zona dove la qualità della vita in generale è migliore è quella esterna verso i sobborghi “buoni”. Il complesso dei servizi pubblici migliora avvicinandosi al centro, viceversa in periferia sta peggiorando molto dal punto di vista dei trasporti, dell’accesso culturale per esempio alle biblioteche, della scuola pubblica”.

Dove risiedono le maggiori criticità?
“Le principali denunce dei residenti intervistati arrivano dalle periferie e si rivolgono soprattutto come dicevo all’accessibilità dei servizi legati al territorio come i trasporti. Insomma i servizi più problematici, come la pulizia delle strade e il trasporto pubblico di linea, non hanno registrato cenni di miglioramento. La maglia nera forse spetta all’igiene urbana, servizio erogatodall’Ama in virtù di un affidamento diretto che scadrà nel 2015 e regolato da un contratto di servizio ormai obsoleto e non rispondente alle prestazioni erogate dall’azienda”.

A che punto siamo con i piani della raccolta differenziata?
“L’ambiziosa tabella di marcia del Patto per Roma, che mette la raccolta differenziata alla base dell’uscita dall’emergenza (con obiettivi che vanno dal 30% nel 2012 al 65% nel 2016, con il banco di prova del 40% da realizzare nel 2013), trova nell’alto costo del servizio a carico degli utenti una difficoltà ulteriore,
che pone vincoli di sostenibilità economica per l’incremento delle differenziate e getta un grosso punto interrogativo sul futuro della raccolta nella Capitale”.

Chi ha ottenuto invece la promozione?
“Tra i servizi promossi ci sono l’acqua potabile e la cultura. Mediamente soddisfacente il settore del sociale (6,4) con le farmacie comunali che si sono meritate 6,8, gli asili nido che guadagnano un 6 e i servizi sociali municipali 6,3”.

di DANIELE AUTIERI

link all’articolo




Studio aperto

savino




Come rendere verdi e pedonali le periferie urbane

seattleOggi più che mai è attuale il dibattito sullo stile di vita attivo, opposto come modello salutare a quello sedentario e dipendente dall’uso dell’automobile per qualsiasi minimo spostamento.
Si tratta di una questione particolarmente importante in un Paese come gli Stati Uniti, dove la conformazione delle cittadine provinciali e dei suburbs (le periferie urbane), costituite da abitazioni isolate, grandi centri commerciali sparsi e mega arterie stradali trafficate, favorirebbero l’uso smodato delle macchine, a discapito degli spostamenti a piedi. Il tutto con ricadute negative sulla salute dei residenti, a rischio obesità e attacchi cardiaci.
MODIFICARE I CENTRI URBANI E SUBURBANI A FAVORE DEI PEDONI E DEL VERDE. In molti urbanisti e architetti si stanno quindi interrogando su come invertire questa tendenza in positivo, modificando questi centri residenziali a favore dello stile di vita attivo. Un esempio ben riuscito in tal senso è rappresentato dal quartiere Northgate, a nord di Seattle, recentemente interessato da un profondo – e ragionato – intervento di retrofit, in chiave green.
PIÙ DENSO, PIÙ VERDE. Northgate è sempre stato “famoso” per essere sede di alcuni dei più antichi centri commerciali del paese, ma anche – negli ultimi tempi – per l’alto numero di malattie croniche associate a stili di vita sedentaria e per i numerosi decessi da incidenti stradali. Ragion per cui un team di progettisti è stato incaricato di riqualificare un’ampia porzione del quartiere, seguendo tre principali direttive: rendere interrati i parcheggi, riportare alla luce il torrente Thornton Creek, costretto sotto terra, e realizzare un vicinato denso, efficiente e verde, con spazi in comune, dove ritrovare il gusto dello stare all’aria aperta e muoversi a piedi.
CONDOMINI LEED SILVER E SPAZI COMUNI. Per Northgate i progettisti, insieme ad una squadra composita di urbanisti e paesaggisti, hanno stabilito un’infrastruttura civica di nuovi parchi, una nuova biblioteca pubblica, un centro comunitario e un grande parcheggio sotterraneo in comune. Tutt’attorno sono stati realizzati una serie di condomini certificati LEED Silver (di cui una parte con alloggi a prezzi agevolati), che incorporano un sistema di teleriscaldamento e che, in fase di cantiere, hanno riciclato il 90 per cento dei rifiuti da costruzione. Tutt’attorno è stato ripristinato l’habitat naturale del fiume Thornton Creek, che aiuta ad assorbire l’acqua piovana in eccesso e che nel giro di pochi mesi ha attirato una serie di specie vegetali e faunistiche andate disperse.
IN MOLTI RESIDENTI HANNO RINUNCIATO ALL’AUTO DI PROPRIETÀ. I risultati non si sono fatti attendere: in moltissimi residenti hanno scelto di rinunciare all’auto di proprietà, preferendo i mezzi pubblici e il car sharing, mentre biblioteca e centro di incontro hanno registrato subito un alto numero di iscritti.

L’auspicio è che ora altri suburbs – americani e non – possano seguire l’esempio.
link all’articolo




Celli e Tognon e la corte di Rozzol Melara a Trieste / Villa e Piazza

rozzolNon ne sappiamo mai abbastanza di questi grandi complessi che, come il Corviale, le Vele o lo Zen, hanno segnato gli anni settanta. Bisognerebbe renderli continui oggetti di conoscenza e di sapere, non smettere mai di indagarne le origini, le risorse e i drammi, non accontentarsi della retorica del “fallimento delle buone intenzioni”. Riccardo Villa si è inerpicato fino a vedere Trieste dall’alto, oltre la grande corte di Rozzol Melara.

“La presenza della dimensione pubblica accanto a quella privata, la densità di popolazione, la concentrazione di servizi, la presenza di spazi tipicamente urbani (la piazza, la strada pedonale), l’articolazione delle destinazioni d’uso, la plurifunzionalità, la varietà di situazioni interne ed esterne, costituiscono alcuni dei criteri fondamentali che hanno permesso di strutturare Rozzol Melara come parte di città, rifiutando quindi, finalmente, il ruolo di periferia degradata che è stato così spesso assegnato agli interventi popolari in Italia” (Carlo Celli)
Ci allontaniamo da Trieste, lasciandoci il mare alle spalle. La strada sale sempre più in alto; ora la città si sfrangia in un pulviscolo di villette mono o bi-familiari, esattamente quel “modello ideologico della tipologia suburbana” a cui lo stesso Celli cercava di trovare un alternativa. Quasi inaspettatamente, lo sprawl della periferia triestina si interrompe e la vegetazione collinare lascia il posto a un muro di cemento alto più di trenta metri. Siamo arrivati a Rozzol Melara.
Costruito tra il 69 e l’82 da un gruppo di architetti guidato da Carlo Celli su commissione dell’IACP, il complesso si compone di due corpi ad L, uno di altezza doppia rispetto all’altro – raddoppiamento demarcato da uno spazio di distribuzione mediano, ritmato da grandi oblò. All’interno del passo costante dato dai corpi di distribuzione “scivolano” – analogamente ai cassetti lecorbuseriani delle Unitè d’Habitation – le varie tipologie di appartamenti, la cui varietà contribuisce al disegno delle facciate senza mai comprometterne il rigore. Ideato per ospitare 2.500 abitanti, il quadrilatero di Rozzol Mealara ambisce a trascendere la condizione di edificio per diventare esso stesso una città. La forma scelta dai progettisti – il quadrato – evoca essa stessa la figura della città di fondazione, così come la croce di strade che ne solca l’interno – un cardo e decumano ai quali si legano i servizi comuni principali.
La coincidenza fra la dimensione architettonica e quella urbana è resa esplicita dalle parole degli stessi progettisti, che definiscono lo spazio centrale una «corte-piazza», sovrapponendo deliberatamente la scala dell’edificio a quella della città. Modelli formali adottati a prescindere dalle relazioni, dai rapporti, dalle proporzioni che storicamente li contraddistinguono, e che si lacerano sotto la tensione di dimensioni andate oltre ogni soglia critica. Distanze così grandi che, più che una corte o una piazza, quel che rimane ricorda piuttosto un terrain vague. La figura del quadrato si ripropone anche ad una scala inferiore: la griglia che innerva l’intero insediamento divide gli spazi, organizza i percorsi, gestisce la relazione fra spazio pubblico e privato, incasellando letteralmente ogni attività umana. Nelle intenzioni dei progettisti quest’aggregato di cellule, combinato agli spazi per la vita associata e alimentato dall’elevata densità di abitanti, avrebbe consentito di sviluppare «nel modo più conveniente» le relazioni sociali.
Tra un tracciato e l’altro della griglia cartesiana la gomma a bolli che riveste le solette da’ luogo – più che a degli spazi – a dei vuoti pneumatici, utilizzati dall’attività umana non tanto per una loro attrattività intrinseca quanto per un semplice principio di occupazione del vuoto. «Qua dentro possiamo fare di tutto, perché non c’è niente» afferma uno dei giovani di Rozzol Melara.
Atterrati su quell’altura quasi come un oggetto extra-terrestre proveniente da un qualche universo cartesiano, i possenti calcestruzzi del quadrilatero sono erosi ed incrostati dagli abitanti del nuovo insediamento; la scala titanica, oltre-umana di Rozzol Melara è oggi timidamente addomesticata quì da un murales, là da un campo da calcio, altrove da un altalena; gli spessi infissi metallici neri celati da tende. Il brutalismo schematico di questa città di fondazione viene questionato, ma mai veramente compromesso. Al pari di alcuni – forse più noti – edifici-città coevi, Rozzol Melara rimane una spaventosa quanto affascinante testimonianza costruita di un’idea assoluta, teatro delle complesse relazioni fra architettura e società.
Riferimenti

Casabella 437, giugno 1978

Testo Riccardo Villa, fotografie di Francesco Piazza

Riccardo Villa nato a Milano nel 1987. Si laurea in architettura al Politecnico di Milano nel 2012. Attualmente vive a Bruxelles, dove lavora come architetto. È inoltre membro del consiglio editoriale e redattore di vari articoli per la rivista on line gizmoweb.org. Ha recentemente contribuito alla redazione della Guida all’architettura di Milano, pubblicata a novembre 2013

Francesco Piazza nato a Novara nel 1986; Si laurea in Architettura presso il Politecnico di Milano nel 2011 e attualmente lavora nel campo dell’architettura e della fotografia. Si forma in diversi ambiti che spaziano dal landscape alla fotografica, dal real estate alla grafica virtuale. Nel 2012 fonda, insieme ad un gruppo di freelance, ELGrupo, un’attività che sviluppa i diversi ambiti della comunicazione digitale.

link all’articolo




Il vademecum per le smart cities

smart-cityPer dare sostegno e supporto alle amministrazioni che vogliono intraprendere la strada dell’innovazione e del cambiamento, lo Smart Cities Council, in collaborazione con la business school ESADE di Barcellona, ha elaborato delle linee guida da seguire per trasformare qualsiasi città in una smarrì city.

Il vademecum, che prende il nome di “Smart Cities Readiness Guide”, contiene oltre 50 casi studio di città intelligenti che affrontano alcune delle problematiche più comuni legate al passaggio da “normale” città a smart city.

CONTENUTI. Nello specifico, le linee guida contengono informazioni su: energia, telecomunicazioni, trasporti, acqua e acque reflue, rifiuti, servizi sanitari e sociali, sicurezza ed aspetti economici. Tra le città studio troviamo invece Malta, Londra, Indiana City, Sino-Singapore Tianjin Eco-City, PlanIT (Portogallo e Barcellona e moltissimi altri.
guida per le smart city
link all’articolo




L’impresa 3.0 che favorisce la rilocalizzazione

3.0Parlare di rivoluzione e di Terza Rivoluzione Industriale è appena descrivere ciò che sta succedendo con l’arrivo delle stampanti 3D. Ciò che stanno introducendo nei processi produttivi dell’industria ha dell’incredibile: un oggetto che si forma, anzi che prende forma nello spazio, un sottilissimo strato alla volta. Cambierà tutto. Non solo perché per creare una pala di turbina o un intero blocco motore ci vorrà molto meno tempo perché non bisogna più fare stampi e colate, ma soprattutto perché con questo sistema non si getta più via l’80% del materiale. Vengono tagliati drasticamente i tempi dall’ordine di un prodotto alla sua consegna. Vengono tagliati gli spostamenti, stravolte le esigenze logistiche. Ridisegnata la mappa delle localizzazioni industriali. Un recente studio del Boston Consulting Group azzarda che in determinati settori come macchinari, computer, produzione di componenti metalliche una quota non indifferente di prodotti (tra il 10 e il 30%) che oggi gli Usa importano dalla Cina potrebbero invece essere di nuovo prodotti sul suolo americano entro il 2020. Roba da raddoppiare l’output industriale degli States. E’ una rivoluzione così grande che la si può provare a descrivere solo per approssimazioni successive. L’altro grande aspetto dell’industria 3.0 è la svolta ad U che compie rispetto alle due precedenti rivoluzioni. Sia la prima, quella del 18esimo secolo che meccanizzò la tessitura, sia quella
del fordismo agli inizi del secolo scorso, con l’introduzione della catena di montaggio, andavano infatti nella stessa direzione: quella di una produzione di massa. Entrambe hanno permesso di moltiplicare in quantità sempre crescenti le repliche di un unico prodotto: il paradigma è la Ford T, che all’epoca potè abbattere i prezzi a patto di averla di un solo colore, ossia nera. Oggi invece si va all’opposto: se non c’è più uno stampo che va progettato e poi a sua volta prodotto e che dà i suoi frutti quante più repliche dello stesso oggetto è in grado di sfornare, se tutto questo è ormai solo un software e una stampante 3D e un po’ di materia prima, allora si può tornare a variare un pezzo, la sua forma, le dimensioni, in pochi attimi, solo al pc. E il concetto di economia di scala andrà drasticamente riscritto. La nuova tecnologia abbatte in modo significativo i costi e i tempi di produzione
link all’articolo




Corviale partecipa a un’importante iniziativa della Camera di Commercio

non profitIl progetto Corviale 2020 per nuove forme dell’abitare in un modello di sviluppo sostenibile ed inclusivo partecipa il 3 Dicembre all’iniziativa “Collaborare per il Bene Comune” della Camera di Commercio di Roma al Tempio di Adriano alle ore 10.
La Camera di Commercio con l’Osservatorio Non profit intende valorizzare le attività a favore della collettività e dello sviluppo frutto della collaborazione tra Profit, Non profit e Pubblica Amministrazione.
Noi di Corviale Domani porteremo il nostro modello di sviluppo territoriale che partendo dalle vocazioni proprie del Quadrante punta ad una rigenerazione complessiva che coniughi lavoro e qualità della vita.
Il nostro è un modello misurabile e replicabile di rinascita delle periferie che unisce forze vitali della società, istituzioni ed associazioni
programma
Collaborare per il bene comune




MEGLIO UN PARCO CON UN LAGO O QUATTRO GRATTACIELI?

convegnoSCIENZIATI E STUDIOSI PER L’EX-SNIA VISCOSA: POTENZIALITÀ, CRITICITÀ E VALORIZZAZIONE DI UN PATRIMONIO AMBIENTALE E CULTURALE IN UNA DELLE ZONE PIÙ INQUINATE E DENSAMENTE ABITATE DI ROMA

★PROGRAMMA DEL CONVEGNO★

15:00 Introduzione a cura del Forum Territoriale Permanente

15:30 I Sessione: “L’Ex Snia-Viscosa: archeologia industriale e patrimonio culturale collettivo”
– Francesco Careri, architetto

– Alessandra Valentinelli, architetto

– Carmelo Severino, architetto e storico del territorio

– Livia Bergamini, ingegnere

16:30 Dibattito.

17:00 II Sessione: “E’nato un lago in città: l’importanza della sua tutela come risorsa ambientale nel tessuto urbano”
– Giovanni Salerno, botanico

– Pierluigi Bombi, zoologo CNR-IBAF

– Michele Panuccio, ornitologo

– Cristina di Salvo, idrogeologa CNR-IGAG

– Paolo Carsetti, Coordinamento romano per l’Acqua Pubblica

18:30 Dibattito e Conclusioni.

MEGLIO UN PARCO CON UN LAGO O QUATTRO GRATTACIELI?

SCIENZIATI E STUDIOSI PER L’EX-SNIA VISCOSA: POTENZIALITÀ, CRITICITÀ E VALORIZZAZIONE DI UN PATRIMONIO AMBIENTALE E CULTURALE IN UNA DELLE ZONE PIÙ INQUINATE E DENSAMENTE ABITATE DI ROMA

Negli ultimi due mesi a Roma Est è nato un movimento per liberare un patrimonio pubblico nella zona di Largo Preneste, tra Casal Bertone e il Prenestino, e conquistarne l’accesso e l’uso da entrambi i lati. Si tratta dell’area della ex SNIA Viscosa, quella parte di fabbrica chiusa negli anni ‘50, la più grande di Roma, che si può ammirare dall’alto dall’attuale Parco delle Energie.

E’ un’area alle porte del centro di Roma di circa 14 ettari, dei quali 6,5 da tempo già pubblici, sulla quale valgono vincoli archeologici e paesaggistici , dove gli speculatori che acquisirono la proprietà alla fine degli anni ’70 hanno in tutti i modi, anche fraudolenti, tentato di fare profitto provando a costruire in maniera indiscriminata centri commerciali, piscine, residence…. Fino ad ora sono stati fermati dalla lotta degli abitanti. Ultimo tentativo, costruire quattro grattacieli alti più di 100 metri l’uno, come si legge dal progetto vincitore del Bando relitti urbani indetto dal Comune, depositato ad aprile 2013.

Dagli scavi per la costruzione di un centro commerciale abusivo, nella zona oggi abbandonata e negata, da vent’anni sorge un lago, che in tanti hanno potuto visitare domenica 24 novembre, con tanto di canoe e canotti. Un lago di circa 7.000 metri quadrati e profondo fino a 9 metri, l’unico lago di acqua sorgiva di Roma, che presenta caratteristiche straordinarie dal punto di vista naturalistico e che può rappresentare se valorizzato e tutelato una eccezionale risorsa per tutta la città ma che il progetto speculativo ha intenzione di eliminare…

Ora questa nuova battaglia che si sta conducendo per fermare di nuovo le ruspe vorremmo che fosse l’ultima. Gli abitanti del territorio, raccolto l’allarme lanciato dal Forum Territoriale del Parco delle Energie, si sono organizzati non solo per bloccare l’ennesima speculazione ma scrivere il capitolo fine, per ottenere il completamento dell’esproprio dell’intera area, la salvaguardia del lago, l’allargamento del Parco delle Energie fino a via di Portonaccio e il recupero per fini sociali, didattici, scientifici e culturali delle persistenze di archeologia industriale.

Domenica 1 dicembre vogliamo confrontarci con tutti coloro che dal punto di vista scientifico e tecnico possono darci un contributo per capire cosa significa tutelare un lago nel mezzo di una città, difendere la biodiversità, valorizzare il patrimonio storico di una fabbrica, impedire l’ennesima cementificazione selvaggia per salvaguardare la nostra salute. Acquisire gli strumenti per elaborare una proposta sostenibile sia in termini scientifici che di fruizione è la premessa indispensabile per rivendicare con ancora maggiore determinazione la necessità di estendere il parco e bloccare qualsiasi speculazione edilizia.

La lotta continua.

Lago per tutti, cemento per nessuno – Parco subito!

Forum territoriale permanente – parco delle Energie.

Tutti e tutte quell* che si sono mess* in movimento.

per info: 3476789567

http://www.exsnia.it/

http://www.lapigna.info/

www.facebook.com/lagoexsnia

http://lagoexsnia.wordpress.com/