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Costituita in Sardegna la prima coop del bando “culturability”

algheroNasce Greetings from Alghero, la prima delle 15 startup culturali e creative in forma coop che si costituiscono grazie al sostegno del bando culturability – fare insieme in cooperativa, promosso dalla Fondazione Unipolis per supportare la nascita di nuove imprese ideate da protagonisti rigorosamente under 35. Costituita in questi giorni in Sardegna, “Greetings” è la prima delle giovani cooperative che riceverà un contributo di 20 mila euro a fondo perduto da parte di Unipolis per avviare concretamente la propria attività, assieme a un servizio di supporto e mentoring ad opera di professionisti messi a disposizione dai partner del bando: Legacoop con la sua rete di servizi centrale e territoriale, Unipol Banca e UnipolSai Assicurazioni, Generazioni, SeniorCoop e Coopfond. I quattro giovani sardi ideatori del progetto e soci fondatori della cooperativa sono: Rosaria Agueci, Marta Pettinau, Sara Pettinau e Antonello Ragnedda. Età media 30 anni e un background nei campi dell’architettura, dell’arte contemporanea e della grafica, con esperienze importanti anche all’estero. Nel percorso di costituzione della cooperativa, sono stati assistiti dalla Legacoop Sardegna, che continuerà a supportarli gratuitamente anche nel corso dei prossimi mesi. Un aiuto fondamentale nei primi complessi mesi di vita della giovane impresa. La startup ha come mission la definizione di un nuovo scenario culturale ed economico per la città sarda, attraverso l’apertura nell’area urbana di atelier, in cui le nuove leve della creatività e della manifattura locale saranno sostenute e promosse, dentro e fuori i confini isolani. Testimonial di questo rinnovamento e veicolo di diffusione di una nuova immagine di Alghero e della qualità della sua classe creativa, saranno i prodotti con il marchio “Greetings from Alghero”: manufatti a tiratura limitata, progettati e realizzati da artisti e designer emergenti, con l’obiettivo di valorizzare le produzioni artigianali e artistiche tipiche del territorio, anche come alternativa  a “souvenir” di scarsa qualità. La cooperativa, infatti, mira non solo a tutelare, ma anche a rigenerare la cultura e l’artigianato locali, incoraggiando artisti e designer a rileggere e reinventare in chiave contemporanea e originale materiali, tecniche, identità, luoghi, storie e tradizioni della città e della Sardegna. La cooperativa si propone, inoltre, di dare un valore sociale alla propria missione, coinvolgendo gli abitanti della città, attraverso laboratori di creatività partecipata, le aziende sul territorio, con la promozione di partnership con i giovani creativi, gli enti pubblici e privati che operano nel settore del turismo, tramite lo sviluppo coordinato di progetti che mirino a riposizionare Alghero all’interno di un mercato internazionale più ampio e strutturato, rispetto a quello del solo turismo balneare.

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Arco di Travertino, i residenti chiedono servizi contro il degrado

arco travertinoCi sono voluti 8 anni di analisi, studi e lavori (interrotti e poi ripresi) per ridisegnare piazzale dell’Arco di Travertino e il risultato finale lascia l’amaro in bocca ai residenti del quartiere.

Finiti i lavori nell’agosto 2012, a lungo si è temuto che la struttura nel piazzale – per anni capolinea Atac – rimanesse una cattedrale nel deserto ma a fine ottobre il parcheggio di scambio è stato inaugurato. I posti auto a disposizione sono per ora 900 e le tariffe sono agevolate per gli utenti Atac: per gli abbonati metrebus la sosta è gratis mentre per gli automobilisti il costo del parcheggio (che è aperto negli orari della metro ed è gestito da Atac) è di 1 un euro e 50 per le prime 12 ore. Le linee 85, 409, 657, 671 e 765 sono tornate ad effettuare il capolinea nei nuovi stalli del piazzale antistante la stazione metro mentre la linea 661 è stata soppressa.

La cerimonia di inaugurazione si è svolta in sordina per sottolineare come la struttura, costata finora circa33 milioni di euro, debba ancora essere completata. Per definire quest’ultima fase dei lavori, modalità di finanza della spesa e servizi che ospiterà, si è già costituito un tavolo tecnico con gli assessori alla Mobilità, Improta, all’urbanistica, Caudo, e il presidente del VII Municipio, Susi Fantino. Ma la maggior parte dei residenti del quartiere è scontenta di quanto realizzato finora e i comitati che hanno osteggiato dall’inizio l’apertura dei cantieri, tornano all’attacco.

Per il comitato Arco di Travertino sarà fondamentale realizzare la piazza coperta con i servizi utili ai residentianche come argine al degrado del quartiere. Sottolinea Fabrizio Carnevale del Comitato: “Marino ha mantenuto gli impegni, ora si devono concludere i lavori, in primo luogo una biblioteca e una nuova Asl, dopo la chiusura della vecchia sede in Via di Acqua Donzella e il suo dislocamento in posti diversi”.

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UN SOLE SULLE PERIFERIE

periferie

LA NOSTRA IDEA

A Roma dove le periferie vengono abbandonate, Calciosociale vuole riqualificare il quartiere di Corviale con attività sportive, formative e di sostegno: Il Calciosociale è una nuovo format di calcio dal forte impatto sociale, basato su regole reinterpretate fuori dalla logica comune, per valorizzare la potenza educativa dello sport. I campi da gioco divengono palestre di vita, dove l’integrazione per chi è percepito diverso è possibile e dove viene insegnata la legalità e la solidarietà.

 

OBIETTIVI E DESTINATARI

Coinvolgere attivamente la cittadinanza di Corviale nel riqualificare il proprio quartiere; offrire servizi e strutture gratuite con lo scopo d’integrare persone disagiate in un tessuto urbano accogliente; favorire l’occupazione giovanile insegnando mestieri artigianali sempre più richiesti nel mercato del lavoro attuale; permettere a disabili fisici di praticare attività sportive comunemente a loro precluse.

 

PUNTI DI FORZA

Replicabilità: attualmente sono attive le sedi di Montevarchi, Scampia, Quartu S. Elena, Carsoli. Riconoscimento come best-practice dal Parlamento europeo. Creazione di un innovativo format calcistico valutato da istituzioni pubbliche come valida metodologia di peer education. Attenzione a un modello di sviluppo sostenibile riconosciuto alla fiera Internazionale “Ecomondo”.

 

RISULTATI ATTESI

Superamento dell’individualismo e riconoscimento delle capacità umane delle persone disabili; rendere stabili e gratuite strutture e servizi offerti; aumento della legalità; incremento dell’occupazione e della scolarizzazione in un quartiere con forte dispersione scolastica e poche possibilità di occupazione; creazione di un modello di networking tra tutte le realtà territoriali.

 

FASI PROGETTUALI

il progetto si svilupperà in sei macrofasi: 1. Avvio delle attività – organizzazione e impostazione 2. Promozione – pianificazione della comunicazione 3. Organizzazione – costituzione dei gruppi di lavoro 4. Realizzazione delle attività 5. Conclusione e presentazione dei risultati 6. Valutazione finale
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Manifesto delle città metropolitane

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Un Manifesto delle città metropolitane, che potrebbero essere motore di crescita per il Paese. Il documento è il risultato del lavoro della Rete delle associazioni industriali metropolitane, un network di 10 realtà confindustriali.

Il Manifesto per le città metropolitane è un documento di lavoro con le priorità e le aspettative del mondo produttivo. Le Città metropolitane – si legge nel documento – sono il motore delle economie nazionali, fondamentali per le prospettive di sviluppo del sistema industriale, come dimostrato dalle esperienze europee di Barcellona, Lione, Monaco, Stoccolma, Amsterdam. Il Manifesto è frutto dell’impegno del territorio, nato dal lavoro della rete delle Associazioni industriali metropolitane di Confindustria, un network costituito da dieci associazioni confindustriali: Assolombarda; Confindustria Bari e Barletta-Andria-Trani; Confindustria Firenze; Confindustria Genova; Confindustria Reggio Calabria; Confindustria Venezia; Unindustria Bologna; Unindustria – Unione degli industriali e delle imprese di Roma, Frosinone, Latina, Rieti e Viterbo; Unione industriali della Provincia di Napoli e Unione industriali Torino

Aree metropolitane motore delle economie nazionali

Le aree metropolitane – si legge nel Manifesto – sono il motore delle economie nazionali e hanno un ruolo sempre più rilevante negli scenari economici, sociali e istituzionali. È necessaria una geografia amministrativa coerente con la geografia economica e sociale del territorio. Nelle aree metropolitane si concentra gran parte di popolazione, prodotto interno lordo, gettito fiscale e investimenti pubblici. La frammentazione dell’organizzazione territoriale e amministrativa al loro interno è un problema di interesse nazionale che deve essere superato. Questo visto che la scala più efficiente per attrarre investimenti è quella metropolitana.

Una volta costituite le Città metropolitane possono svolgere meglio alcune funzioni fondamentali: migliorare la produzione e la regolazione di beni e servizi pubblici locali; realizzare una maggiore dimensione delle economie di scala, costruire politiche urbane più integrate e una pianificazione solidale del territorio, aumentare gli investimenti pubblici e ridurre la loro duplicazione; esercitare il potere unitario nella negoziazione di accordi con le amministrazioni periferiche per la realizzazione di interventi di interesse nazionale, quali infrastrutture e trasporti.

Correggere il ddl in Parlamento

È all’esame del Parlamento l’iniziativa del Governo assunta con il ddl “Disposizioni su città metropolitane, sulle Province, sulle unioni e fusioni di Comuni”, che istituisce direttamente le città metropolitane, senza prevedere il rinvio alla volontarietà dell’iniziativa da parte degli enti locali interessati. Il ddl, già approvato dalla Camera e ora in discussione al Senato, non raggiunge l’obiettivo di snellire la burocrazia – si legge nel Manifesto – e rischia di trasformare le aree metropolitane in un ulteriore livello politico e amministrativo. La cornice legislativa risulta, infatti, per alcuni aspetti ancora inadeguata , in particolare dove prevede la possibilità di istituire ulteriori città metropolitane rispetto a quelle previste dal progetto originario.

Si rischia così di snaturare il concetto stesso di Città metropolitana, che diventerebbe una semplice variante della Provincia invece che un’istituzione speciale di governo destinata a caratterizzare le maggiori aree urbane del paese. Questo potrebbe creare gravi difficoltà nell’individuare politiche che possano caratterizzare in modo differenziato le più importanti realtà urbane, a partire dal Pon (Programma operativo nazionale) di utilizzo dei fondi strutturali europei per le città metropolitane previsto per il periodo 2014-2020. La Città metropolitana non deve creare un ulteriore livello politico e amministrativo aggravando la complessità e la frammentarietà del contesto istituzionale che le imprese italiane fronteggiano ogni giorno.

Le priorità del mondo produttivo

La Città metropolitana dovrà mettere in moto strumenti di programmazione e pianificazione strategica, capaci di individuare risorse, tempi, soggetti e modalità attuative, valorizzando la progettualità locale e delineando una visione condivisa delle vocazioni e delle prospettive di sviluppo dei territori. Dovrà accorciare – si legge nel Manifesto – i tempi della decisione pubblica; raggiungere una maggiore efficienza tecnico-amministrativa.

Dovrà attivarsi per lo sviluppo metropolitano e locale, realizzando interventi incisivi per la competitività del territorio e il sostegno delle imprese su temi strategici come: il marketing territoriale e l’attrazione degli investimenti; la realizzazione degli obiettivi dell’Agenda digitale; l’accompagnamento alla localizzazione di nuove imprese; la realizzazione di aree produttive e poli tecnologici attrezzati; le politiche attive di lavoro, formazione e ricerca; la valorizzazione di tutte le opportunità finanziarie, collegate alle Politiche europee per la ricerca, l’innovazione, lo sviluppo, la coesione territoriale e sociale. La costituzione delle Città metropolitane è una condizione essenziale per non perdere queste grandi opportunità e sviluppare iniziative in un’ottica di smart city e smart community che rappresentano il futuro dell’organizzazione degli enti locali.

Gli impegni delle Associazioni industriali metropolitane di Confindustria

Le Associazioni industriali metropolitane di Confindustria – anche alla luce dei principi del “partenariato rafforzato” previsti dal Codice di condotta europeo sul Partenariato – si impegnano affinché: le Città metropolitane diventino protagoniste di una nuova politica nazionale per le aree urbane, intesa come asse fondamentale della politica industriale del Paese, catalizzatori di progetti e interventi provenienti dagli enti di governo locale, ma anche dalle Regioni, dallo Stato e soprattutto dall’Unione europea; si valorizzi la straordinaria ricchezza in termini di offerta rappresentata dalle diverse peculiarità delle Città metropolitane italiane per lo sviluppo sostenibile del Paese.

Ricchezza che, sulla traccia del modello collaborativo sviluppato dalla rete delle Associazioni industriali metropolitane, occorre valorizzare in termini di complementarietà, geografie funzionali e in un’ottica di competitività internazionale. L’auspicio è che le Città metropolitane italiane vengano avviate contemporaneamente e con tempestività.

di Nicoletta Cottone

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Puglia, il project manager che ha trasformato un’ex fabbrica in un’officina di idee

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Roberto Covolo è il project manager responsabile del progetto di riqualificazione e trasformazione di un ex stabilimento a San Vito dei Normanni (Brindisi) in uno spazio culturale e sociale innovativo chiamato “Ex Fadda”, un’officina di idee al servizio del territorio. “Ex Fadda-Idee Extralarge” è un luogo restituito alla comunità: da spazio degradato e inagibile, in cui era proibito persino giocare, a luogo di tutti.

 L’ex stabilimento enologico “Dentice di Frasso“ è un bell’esempio di archeologia industriale come ce ne sono tanti in Italia: un immobile di pregio – di circa 3.000 mq coperti e 15.000 scoperti – simbolo di un grande passato industriale. Dopo che la proprietà venne trasferita alla Regione Puglia, però, l’ex fabbrica fu più utilizzata e rimase in stato di totale abbandono fino al 2011, quando un gruppo di ragazzi, professionisti e imprenditori locali capeggiati da Roberto Covolo ha avuto un’idea “folle”: trasformare una fabbrica abbandonata in un luogo pubblico per l’aggregazione, la creatività e l’innovazione sociale, riqualificarne gli spazi a costo zero attraverso l’auto-costruzione e coinvolgere il territorio sui temi dello sviluppo locale e del sostegno alla cultura.

Il progetto prende il nome da Renato Fadda, ultimo direttore dello stabilimento e marito dell’ultima erede dei Dentice di Frasso, e se oggi “Ex Fadda” è uno spazio pubblico gestito da una trentina diorganizzazioni e imprese attive nei campi della comunicazione, della cultura e del sociale, lo si deve ad un’iniziativa nata “dal basso”, dalla cittadinanza: “E’ stata una scommessa a partire da un’idea che avevamo in testa: quella di provare a creare, lontano dai flussi principali di persone e cose in Puglia, uno spazio che potesse ragionare come se fosse in una grande città europea”, ha spiegato Roberto alla stampa locale. Roberto è uno dei protagonisti di questa rinascita e ci ha creduto fin dal primo momento, tanto da lasciare il posto fisso in Regione Puglia per dedicarsi a tempo pieno al progetto. Dal 2012 coordina tutte le attività e le “idee extralarge” che nascono in questa “officina del sapere”, con l’obiettivo di farla diventare lo “spazio culturale e sociale più bello della Puglia”.

ExFadda4 150x150 Puglia, il project manager che ha trasformato unex fabbrica in unofficina di idee“In questo momento”, ha detto Roberto, “utilizziamo circa 2.000 mq della struttura: li abbiamo resi fruibili attraverso un cantiere di auto-costruzione in cui abbiamo coinvolto designer e architetti di tutt’Italia, insieme a volontari locali. Ad ispirare il cantiere sono state le pratiche del recupero dei materiali, della sperimentazione di architetture con materiali naturali, della partecipazione diffusa alla riqualificazione. Gli spazi sono dedicati a uffici, laboratori, aule, sala prove, gallerie di esposizione, spazi per le performance. È uno spazio modulare, un posto così flessibile da poter essere, al tempo stesso, uno spazio per concerti e una palestra, un laboratorio di ricerca e una galleria d’arte”. Ma non è tutto: un aspetto fondamentale del progetto riguarda anche l’inclusione sociale. A fine febbraio, infatti, nelle cosiddette “stalle del Principe” aprirà “XFood”, il “ristorante sociale” che darà lavoro a persone con disabilità e che servirà cibi locali a km zero.

Il progetto “Ex Fadda” è promosso dal Comune di San Vito dei Normanni e dalla Regione Puglia ed è gestito, dicevamo, da realtà locali: “Siamo una comunità di una trentina di organizzazioni: associazioni, giovani imprese, gruppi informali e singole persone che sviluppano progetti all’interno di “Ex Fadda”. Stiamo progettando una serie di attività che riguardano il rapporto tra impresa, cultura e sviluppo sul nostro territorio, perché la prossima frontiera da raggiungere è convincere il tessuto attivo di imprenditori della zona a mettere la faccia su questa operazione e a trovare un pensiero condiviso sul sostegno dei costi della cultura”.

Il progetto “ExFadda”, ha continuato Roberto, “è basato su meccanismi di carattere comunitario: non vogliamo concepirci come uno spazio che eroga servizi, quanto piuttosto come un luogo in cui costruire relazioni tra le persone e i progetti e creare opportunità. Ospitiamo progetti e aziende che lavorano assieme, ma abbiamo un concetto differente rispetto al co-working tradizionale. Il nostro obiettivo non è “affittare scrivanie”: noi vogliamo condividere idee. Lasciamo che siano le persone stesse a stabilire quanto “vale” la loro presenza all’interno di ExFadda. In pratica, siamo qualcosa a metà tra uno spazio di co-working, un incubatore di idee e uno spazio sociale”.

“Io penso che in Puglia abbiamo qualcosa in più: è la nostra capacità di relazione, la nostra capacità di stare insieme ad altre persone e costruire contesti comunitari, dalla famiglia al gruppo di amici”,ha concluso.“Questa cosa, che è sicuramente un lascito della nostra tradizione, può essere una straordinaria risorsa contro la crisi. In questo contesto proprio il tema delle relazioni e del capitale sociale presente in Puglia può essere un ottimo motivo per venire qui, facendo leva sulla comunità come strumento indispensabile per affrontare la crisi”.

Laura Pavesi

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“Siamo pentiti di aver fatto eleggere Ignazio Marino”. Il mondo della cultura romano in rivolta dopo il Palladium-gate di Romaeuropa

"una scatola vuota"

Antefatto di cui vi abbiamo già parlato: la Fondazione Romaeuropa – che organizza a Roma uno dei più prestigiosi festival di teatro contemporaneo a livello nazionale – è stata impossibilitata per i tagli a continuare ad utilizzare il Teatro Palladium, di proprietà dell’Università Roma Tre, dove allestiva una stagione teatrale aggiuntiva al festival. Sono arrivate Regione e Comune che, belli belli, hanno messo sul piatto un “progetto di rilancio” che è sembrato a molti solo un blitz per sfilare la struttura alla Fondazione. Con tanto di hashtag dedicato (#Laversionediromaeuropa), pompato giorni prima sui social network, la Fondazione ha deciso di dire la propria sulla faccenda nella sua sede romana.
Una folla notevole, inaspettata forse. Una folla carica di energia e di voglia, ha detto qualcuno, una folla triste e sempre più sfiduciata, ha sottolineato non senza ragione qualcun altro. Al di là dei problemi attorno al Palladium, il tema è politico e generale. Ed è emerso da molti degli interventi della conferenza aperta che la Fondazione Romaeuropa ha organizzato nella sua sede romana: “cosa vuole fare il Comune di Roma sulla cultura? Quali sono i progetti sugli spazi, sulle strutture, sui contenitori culturali e sui loro contenuti?”. Questo il mood. Purtroppo a domande legittime, non esistono risposte concrete. Da mesi. E un mondo come quello della cultura, specie se di alto livello, che si confronta sul palcoscenico internazionale, se rimane senza risposte e nell’incertezza, perde autorevolezza. E se perde autorevolezza nei confronti di partner e competitor mondiali, muore. “Il Comune di Roma si sta rendendo conto che questo atteggiamento uccide talenti, strutture, sacrifici e anni di costruzione di una narrazione e di un prestigio?”. Non si sa.
Restano i fatti che sono abbastanza inconfutabili, anche se ci piacerebbe essere smentiti fin da domani. Il Macro fermo, qualche teatro ripartito dopo mesi di agonia. AltaRoma – se parliamo di moda – annichilita dall’immobilismo dell’amministrazione. Le Biblioteche in ambasce. La Soprintendenza ferma ai box in attesa di Soprintendente.
E allora giù, è inevitabile, con le richieste di dimissioni per l’assessore comunale alla cultura Flavia Barca. Giù anche con chiavi di lettura pesanti secondo le quali non ci sarebbe “un disegno o chissà quale macchinazione dietro a tutto ciò, solo incapacità. Questa storia è la fotocopia di quel che è successo a noi” per dirla con l’ex direttore del Macro Bartolomeo Pietromarchi, applauditissimo. Fino ad arrivare a Monica Scanu, candidata croppiana (a proposito, l’ex assessore era in prima fila) che da candidata consigliera comunale ha raccolto voti a favore di Ignazio Marino durante le elezioni amministrative nell’ambito di un accordo Croppi-Marino ad oggi completamente disatteso: “mi sento pentita di aver sostenuto il Sindaco”, ha dichiarato la Scanu, “non mi rivedo in quello che sta succedendo. Sono davvero afflitta”. L’allegro chirurgo, insomma, si starebbe giocando il consenso di chi lo ha sostenuto strenuamente contro Alemanno, se ne rende conto?

Fabrizio Grifasi, capo di Romaeuropa assieme a Monique Veaute, ha sottolineato come al Teatro Palladium non ci sia nulla da rilanciare perché si rilanciano, semmai, le cose in crisi. Qui i dati erano tutti in salita, fuorché quello del sostegno pubblico. Non è un problema di contenuti né di lamentele (forse eccessive in questa circostanza, anche con derive completamente fuori asse della serie “spostiamo gli spettacoli all’ex Mattatoio” gentilmente offerto da Roberto Grossi, neorettore dell’Accademia, oppure grida belluine tipo: “occupiamo il Palladium”), è un problema di comunicazione (il mondo della cultura non riesce ad avere una interlocuzione serena con il suo assessore, e questo deve cambiare) ed un problema di risorse. Che non ci sono più, non ci saranno più, saranno sempre meno in mancanza di rivoluzioni gestionali che sarebbero alla portata – sia a livello nazionale che locale – ma che invece non vengono neppure contemplate. “Budget zero per il 2014 al Palladium? Non è vero”, tuona l’assessoreFlavia Barca, spiegando che “i capitoli a budget zero, in questa fase durante la quale il bilancio non è stato ancora neppure discusso, sono tantissimi, ma ciò non significa che poi non si riusciranno a trovare risorse”. Okkay, assessore, ma vi siete impossessati di un teatro due minuti dopo di chi ha dovuto rinunciare a gestirlo, stremato dalle insicurezze finanziarie. “Non è andata così. Romaeuropa ha dichiarato l’impossibilità di organizzare la stagione prossima, i padroni di casa dell’Università Roma Tre – il teatro è il loro – hanno manifestato la volontà di non chiudere la struttura, la Regione si è fatta avanti con un progetto orientato sulla formazione e io ho partecipato a questa presentazione, dicendo che, per qualsiasi iniziativa volta a salvare lo spazio, il Comune c’era come interlocutore”. E Romaeuropa? “Ma nessuno ha detto che Romaeuropa non possa far parte del prossimo progetto sul Palladium. Tra l’altro io ho sempre difeso e considerato valido il loro progetto, lo scorso anno complessivamente gli abbiamo dato 750mila euro a fronte dei 950mila euro dell’anno precedente, un taglio molto inferiore rispetto ad altre realtà”. Decisione troppo precipitosa di Grifasi e dei suoi, dunque, o melina insostenibile da parte del Comune? In entrambi i casi occorre rendersi conto che l’offerta cultura della città ci sta rimettendo. Dai musei, alle biblioteche, alla moda, ai festival. Necessario per l’assessore Flavia Barca cambiare passo e aggredire il problema con un atteggiamento differente rispetto a quello adottato fino ad oggi.

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Il Parco di Centocelle è il vero polmone di Roma La riqualificazione è un investimento per tutti

ParcoCentocelle_fullE’ uno dei polmoni verdi più grandi di Roma. Ma i suoi 120 ettari aspettano ancora di essere riqualificati e diventare il sogno di cittadini e associazioni: il primo “Ecomuseo urbano”. Autorottamatori con distese di carcasse di auto e materiale inquinante sono ancora lì, a soffocare il lato del parco su via Togliatti. Tutto resta nell’immobilismo tra delibere non rispettate e fondi stanziati che, però, non vengono utilizzati. Martedì 11 un tavolo fra Regione, Comune e Municipio prova a far ripartire la bonifica

Un polmone verde, uno dei parchi più grandi di Roma. Villa Ada? Villa Borghese? No, è il Parco di Centocelle. Centoventi ettari da riqualificare, immersi nel Comprensorio Casilino, nel cuore del sud-est della città, tra l’omonima strada, via Casilina, via Togliatti e via Papiria.

UN PASSO VERSO LA CINTURA DEI PARCHI – Una porzione di agro romano recuperata solo in minima parte, connessa al Parco da Villa De Sanctis e villa Gordiani, che si estende fino alla Stazione Prenestina e al Parco di Tor Cervara. Una risorsa naturale che, se valorizzata e bonificata, potrebbe chiudere il cerchio della prima ‘Cintura dei Parchi’ della Capitale, costituita dalla Caffarella, la Riserva della Valle dei Casali, Villa Doria Pamphili, Parco del Pineto, Riserva di Monte Mario, Villa Ada e la Riserva della Valle dell’Aniene. Ad oggi però quella che potrebbe diventare una grande opera naturale è una grande ‘incompiuta’.

UN PARCO DA SALVARE – Nonostante le proteste di associazioni, cittadini e comitati, che da anni si battono per la riqualificazione, solo 33 ettari di parco sono stati restituiti alla città, altri 15 ettari dovrebbero ancora essere sistemati e attrezzati dal ‘Servizio giardini’. Degrado, incuria e inquinamento la fanno da padroni e nonostante sull’area, tra i Municipi V, VI e VII, ci sia un vincolo archeologico-paesaggistico per le antiche ville romane presenti, gli autorottamatori che per un chilometro occupano viale Togliatti, sono ancora lì. Montagne di carcasse, di metalli e scarti potenzialmente inquinanti che, secondo una delibera, la 451 del dicembre del 2009, dovevano essere spostati fuori dal grande raccordo. Sfasci incompatibili anche con il Piano particolareggiato adottato dalla Regione nel 2006. Mentre la delibera n. 220 del Consiglio comunale il 5 novembre 2007 stanziava sei milioni di euro per “la progettazione e realizzazione degli interventi di natura ambientale previsti nei comprensori direzionali di Pietralata, Tiburtino e Centocelle – Quadraro, in attuazione degli strumenti esecutivi approvati per il Parco di Centocelle” e  per “ la valorizzazione delle Ville romane”. Fondi ridotti poi a 4 milioni e 100 mila euro nel 2009, con una delibera successiva. A nulla sono valse le proteste e le manifestazioni per portare il problema all’attenzione di amministrazioni e dell’opinione pubblica.

“FUORI GLI SFASCI DAL PARCO” – E dire che la giunta Alemanno aveva anche individuato cinque siti dove gli ‘smorzi’ avrebbero dovuto traslocare. Il “Centro integrato via Prenestina-viale P. Togliatti”, di proprietà di Impreme s.pa./Mezzaroma, avrebbe avuto nuova sede vicino alla Centrale del Latte oppure tra via Palombarese e il confine con il Comune di Guidonia. “A tal riguardo il Consorzio autodemolitori e rottamatori di Roma Est e Roma Est 2 – si legge nella delibera  – il 20 luglio 2009 in assemblea pubblica hanno accettato il nuovo sito”. Dov’è finita “l’urgenza e la delicatezza della situazione”, che descriveva la delibera? E dove è finita la giunta annunciata ad inizio anno dal sindaco marino per affrontare “la ferita di viale Togliatti”?

UN PASSO VERSO L’ECOMUSEO? – Uno stallo, che potrebbe iniziare a sbloccarsi il prossimo 11 febbraio quando Regione Comune e Municipio V siederanno ad un tavolo per sboccare l’iter impantanato. Un passo importante per dare vita al progetto partecipato di “Ecomuseo urbano”, per valorizzare la storia e la cultura di una parte della città, recuperare i beni archeologici come quelli che gli scavi della metro C hanno portato alla luce e anche a dare vita a nuove attività imprenditoriali legate al turismo.

DI ELEONORA FORMISANI

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Terzo Rapporto Annuale del Consorzio Tiberina

tiberinaPER UN FUTURO SOSTENIBILE

DELLA TIBERINA

Coesione territoriale e sviluppo endogeno

fra tradizione e innovazione

Indice

Capitolo 1 – Note introduttive

Capitolo 2 – Gli elementi quantitatvi e la metaprogettazione

Capitolo 3 – La progettazione del Distretto Biologico: una svolta ecologica nella gestione del territorio

Capitolo 4 – La progettazione del Distretto Culturale: un’identità da far conoscere

Capitolo 5 – La progettazione del Distretto Tecnologico: verso una Silicon Valley della new-soft-green economy

Capitolo 6 – Il Consorzio Tiberina “come rete” e “nelle reti”

Capitoli 7 – Note conclusive

Appendice – Aggiornamenti sulle informazioni riportate nel Primo e secondo Rapporto

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Indice e Cap.1

Cap.2

Cap. 3 e 4

Cap. 5

Cap.6 e 7

Appendice




Una scuola ecologica e sovversiva

guerrillaSabato 15 febbraio 2014 alle ore 15 presso il laboratorio occupato autogestito Acrobax (via della Vasca Navale 6) i Giardinieri Sovversivi inaugurano  il terzo anno della Scuola dei Giardinieri Sovversivi Romani. Gli aspiranti giardinieri sovversivi faranno palestra sul campo ovvero presso ilAcrobax, centro sociale con i suoi dieci anni di storia che ha sede nell’ex-cinodromo di Roma, uno stabile enorme nel quartiere Marconi, un tempo del tutto abbandonato e recuperato in questi ultimi anni come laboratorio del precariato metropolitano e come importe opera di riqualificazione per l’intero quartiere e la città. Uno spazio politico e culturale, impegnato in lotte sia sociali che politiche, con un occhio di riguardo per il precariato, il diritto alla casa, il carcere, le lotte contro la repressione e il neofascismo.

Grazie all’entusiasmo di lavorare a un comune progetto, è stata aperta in questi spazi la scuola di Giardinieri Sovversivi, in modo da far conoscere a quanta più gente possibile un luogo storico romano purtroppo ai più sconosciuto con l’intenzione di valorizzare i numerosi spazi verdi che vi sono presenti in un progetto condiviso con la città.

Nei corsi si affronteranno nozioni di base di fitobiologia applicata, arboricoltura urbana e giardinaggio d’assalto con lo scopo di aumentare nei cittadini una coscienza del verde privato o pubblico che sia, lasciando a ognuno il libero arbitrio di far poi di questo piccolo bagaglio ciò che meglio crede. Le lezioni saranno accompagnate da laboratori pratici, video proiezioni, gite di approfondimento, dibattiti, ospiti e tante altre sorprese. Una scuola proprio per tutti, ecologica, ecolosostenibile e sovversiva.

L’iscrizione alla scuola sarà a sottoscrizione (15 euro per chi ha la fortuna di avere un lavoro e 10 euro per tutti gli altri) e servirà a finanziare sia il materiale del corso sia le azioni romane di guerrilla gardening che preparano in primavera il secondo raduno nazionale nella capitale con l’arrivo di zappe e fiori da tutta l’Italia (è gradita una prenotazione via email :scuolagiardinierisovversivi@gmail.com).

di Vanessa Scarpa

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L’uomo camaleonte: persone mimetizzate nell’ambiente

0I sorprendenti esperimenti artistici di tre fotografi che fondono i soggetti umani con la realtà

Sparire. Nascondere. Mimetizzare. Tre fotografi artisti giocano con i colori, camuffando le persone nell’ambiente. Una ricerca che ha molti sensi profondi, o forse nessuno. Ma che di sicuro, anche al solo livello estetico, imbroglia l’occhio e attrae l’attenzione.

Bence Bakonyi è un fotografo ungherese. Nel suo lavoro Transform ha fotografato persone vestendole con i vestiti del colore dello sfondo. Il critico Misetics Mátyás ha scritto di lui: «Le sue foto rappresentano i simboli della libertà, dell’ariosità; sono in un certo qual senso una transustantazione. Pur con la loro estetica giovane e contemporanea, ci restituiscono interpretazioni profonde e multiple, grazie alla fusione di corpo e mente e alla fusione dell’elemento umano nel paesaggio». Ecco alcuni esempi (oltre a quello sopra) dei suoi camaleonti umani:

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Anche Desiree Palmen, artista olandese che vive tra Rotterdam e la Berlino, gioca con la sparizione mimetica delle persone ritratte. Per ogni scatto deve realizzare costumi speciali con precisione assoluta. Le sue serie si intitolano Public Space Camouflage e Surveillance Camera Camouflage:

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Il terzo artista che abbiamo scelto è il cinese Liu Bolin. Originario di Shandong, nato nel 1973, vive a Pechino e le sue foto sono famose nel mondo:

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