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Speciale agenda urbana europea, l’Europa riparte dalle città

ueAperta, inclusiva, partecipata: la nuova Agenda urbana europea che si inizia a delineare in questi mesi è il risultato di un cambio di paradigma che vede la Commissione europea impegnata a recuperare un dialogo stretto con quei contesti urbani che rappresentano la principale speranza di ripresa per l’economia Ue.

La due giorni di Cities – Cities of Tomorrow: Investing in Europe, la conferenza organizzata a Bruxelles dalla DG Politiche regionali e urbane della Commissione europea, ha fatto il punto sullo stato di salute delle città europee e sugli strumenti necessari per rilanciare una politica urbana europea che aggiorni approcci come quelli della Carta di Lipsia e della ville durable che hanno tenuto banco nell’ultimo decennio.

Perché un’agenda urbana europea?
Rafforzare la dimensione urbana europea rappresenta l’unico modo per affrontare efficacemente le sfide che le città si trovano ad affrontare soprattutto col perdurare della crisi economica che manifesta proprio sui contesti urbani i suoi effetti più significativi. A problemi come la scarsità di housing sociale, la mancanza di trasporti pubblici di qualità e la lentezza dei meccanismi di governance sono però proprio le città di tutta Europa a sperimentare dal basso soluzioni che ristabiliscono la cooperazione tra diversi livelli istituzionali e rimettono di nuovo le persone al centro delle politiche.

A tali costatazioni, scontate per gli osservatori più attenti del dibattito visto dal fronte urbano, è seguita una progressiva presa di coscienza del tema da parte delle istituzioni europee, dall’approvazione della risoluzione del Parlamento europeo nel 2011 che invitava la Commissione a migliorare il coinvolgimento dei livelli urbani fino al rafforzamento della cooperazione tra le presidenze di turno del Consiglio (Grecia in testa) sul tema della povertà urbana.

Con l’avvio del nuovo periodo di programmazione, che aumenta la dotazione finanziaria delle città assegnandogli una quota minima del 5% del Fesr, la necessità di un approccio trasversale dei vari dicasteri della Commissione europea ai temi urbani è diventata una necessità invocata da sempre più parti: Stati membri, amministrazioni locali e stakeholders chiedono alla Commissione europea di mettere in comune risorse e strategie per concentrare in maniera interdipendente politiche e azioni, esattamente come dovrebbero fare le città fra loro.

Un’Europa come network di grandi centri urbani più che come insieme di Stati è la visione condivisa da chi già fa rete nei confini europei, come Eurocities, e da chi guarda all’Europa urbana come ad un modello unico per il resto del mondo.

Tra questi ultimi, Jon Clos di UN Habitat e Raymond Barber (If mayors ruled the world) sono i sostenitori più accesi di un’Europa ambasciatrice dell’urbanità, capace di mettere la sua storia e il protagonismo decisionale dei suoi sindaci al centro di un confronto sul futuro dell’urbanizzazione mondiale.
Politiche integrate di qualità per attirare investimenti e, dall’altro versante, sostegno all’uscita dalla povertà delle periferie urbane sono i pilastri di un’azione declinata con strategie e approcci diversi da città di tutta Europa.

La definizione di un’Agenda urbana attraverso un confronto attivo tra quanto realizzato dai diversi contesti urbani servirà proprio a stabilire obiettivi specifici con target misurabili ma sarà anche al contempo un quadro di riferimento in cui inserire politiche e strumenti già esistenti o in divenire.

A colpire l’osservatore esterno è l’apertura di un dibattito che vede la Commissione europea ancora incerta su forme e sistemi di monitoraggio di tale Agenda ma decisa ad insistere sulle esperienze di maggiore successo degli ultimi anni (come il Programma Urbact) e a basare su tali modelli operativi (basati sulla partecipazione degli stakeholders e la condivisione delle scelte in vista di un piano d’azione) anche l’implementazione di strumenti finora non ancora decollati come il Reference Framework for Sustainable Cities.

Le città europee e l’Agenda urbana

Intervista al sindaco di Goteborg Anneli Hulthén

In che modo Goteborg sta affrontando le sfide dell’Agenda urbana europea?
Anneli-Hulten-440x314 goteborgL’intero budget dell’amministrazione di Goteborg è basato sulla sostenibilità sulle tre prospettive e cerchiamo di tradurre tali prospettive in tre obiettivi concreti: problemi sociali, questioni ambientali e sfide economici. Cerchiamo di affrontare tutte queste sfide assieme

Quali sono le sfide che state affrontando in termini di inclusione sociale?
Stiamo fronteggiando grandi sfide sul fronte dell’integrazione sociale in quanto a Goteborg il 20% della popolazione provengono da paesi diversi dalla Svezia. Ciò significa che abbiamo circa 120 diverse lingue e ciò mette fortemente sotto pressione il sistema educativo poiché è difficile fornire una buona istruzione a tutti quando abbiamo così tanti gruppi linguistici e differenze culturali. Addirittura a volte ci sono alunni che arrivano nel nostro paese a 12-13 anni e non sono abituati al sistema educativo svedese. Proviamo a vincere le sfide dell’integrazione al massimo attraverso l’insegnamento della lingua svedese o insegnando nella loro lingua specialmente matematica o inglese. Senza dubbio la sfida educativa è quella più importante per noi

Le città svedesi sono viste spesso a livello europeo come un modello di gestione positiva di servizi sociali: in che modo la crisi economica sta colpendo il livello di servizi sociali? State notando conseguenze particolari rispetto al passato?
L’economia dei comuni svedesi si è mantenuta abbastanza buona anche durante la crisi economica ma ciò non significa che abbiamo la possibilità di fare tutto ciò che vorremmo sul fronte delle questioni sociali. Il tasso di disoccupazione in Svezia e nelle sue città è particolarmente alto in Svezia, soprattutto fra i giovani: oltre il 25 per cento dei giovani non hanno un lavoro e questa è una cifra decisamente elevata. La forte disoccupazione mette una certa pressione sui comuni perché siamo quelli a cui tocca erogare un sostegno economico a coloro che non hanno lavoro. Quindi anche se l’economia ha tenuto bene, soprattutto in confronto a molte altre città europee, gestire il sistema di sicurezza sociale è una sfida continua.

In modo l’innovazione urbana può contribuire a restituire fiducia ai giovani nei confronti dello sviluppo economico futuro?
Penso che si debba dare fiducia ai giovani perché credo che molte persone, soprattutto fra i giovani della mia città, hanno perso speranza nel futuro. Dobbiamo cominciare a ridargli di nuovo questa fiducia. E’ possibile riuscirci ma c’è bisogno che la politica sia migliore di quanto lo sia oggi e di quanto lo sia stata prima. Anche se c’è la crisi, quello che abbiamo imparato è che bisogna guardare avanti

Cosa può fare l’Unione europea per questo?
L’Unione europea dovrebbe rivolgersi in maniera più diretta ai suoi cittadini e ai contesti locali. A volte abbiamo bisogno di rivolgerci ai livelli nazionali, altre volte invece di rivolgerci direttamente proprio al livello europeo. Devono conoscere le sfide e i problemi che stiamo vivendo nelle città e questo non viene sempre comunicato dagli Stati membri alle istituzioni Ue

Intervista al sindaco di Lisbona Antonio Costa

antonio costa9 lisbonaIn che modo Lisbona si è preparata sul fronte delle politiche urbane al nuovo periodo economico europeo appena iniziato?
Abbiamo iniziato ad aprile 2012 organizzando una piattaforma con tutti gli stakeholders urbani, a partire dall’università, dalle associazioni imprenditoriali e di cittadini, con l’obiettivo di definire come articolare i grandi obiettivi di una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva sul fronte locale con gli obiettivi di sviluppo europeo. Abbiamo identificato un nucleo di progetti che abbiamo sviluppato e che intendiamo proseguire nel nuovo periodo di programmazione economica 2014-2020.

La partecipazione dei cittadini è molto importante per quello che state facendo a livello di politiche urbane?
Sì, credo che questo nuovo ciclo esige un rafforzamento del partenariato e il modo più intelligente di articolare gli obiettivi è senza dubbio la mobilitazione di tutti: dell’università per l’innovazione, delle imprese per lo sviluppo di queste innovazioni generando crescita e lavoro e dell’amministrazione locale, il partner che può meglio sviluppare e applicare queste innovazioni nell’edilizia, nell’illuminazione pubblica, nella mobilità urbana, nell’inclusione delle fasce più svantaggiate.

Il vostro piano d’azione punta a migliorare la qualità della vita delle persone in tutti i quartieri della città: su cosa si sta concentrando l’amministrazione locale per realizzare questo obiettivo?
Ci siamo focalizzati su una parte della città perché se vogliamo fare tutto ciò che servirebbe in tutti i quartieri della città non arriveremo mai ad una realizzazione davvero concreta. Abbiamo selezionato, in funzione della nostra strategia di sviluppo della città, le aree principali di intervento. Si tratta soprattutto di zone nel centro storico, perché è la parte più importante per migliorare la competitività della città, ma ci stiamo concentrando anche sulle strategie di base per il coinvolgimento delle comunità nei quartieri della corona esterna della città per i quali è importante la mobilizzazione popolare e una nuova forma di sviluppo locale

Per quello che riguarda l’innovazione urbana e la smart city, che tipo di approccio state prediligendo?
La smart city dipende soprattutto da un concentrato di buone idee sulla città: la tecnologia non cambia da sola la città. E’ piuttosto uno strumento al servizio delle idee che abbiamo per migliorare la città

Queste risposte che state dando alla crisi, sul piano culturale e ambientale, possono essere dei modell utili anche per ‘Europa e per realizzare delle politiche diverse per le città?
Le politiche urbane offrono a tutti delle diverse soluzioni che possiamo conoscere e adattare alle nostre città. Quello che è importante è la diversità delle nostre politiche che diversifica gli strumenti che abbiamo per fare politica.

Intervista al sindaco di Gent Daniël Termont

gentse-burgemeester-Cosa si aspetta Gent dalla nuova agenda urbana europea?
Penso che se ne parli ancora troppo in generale ma è il momento di dare delle risposte concrete, vale a dire come è possibile realizzarla o quali sono i contatti da sviluppare tra Commissione europea e città. In Belgio il governo federale ha sempre costituito un tramite tra questi due livelli e molte città anche in altri paesi europei hanno testimoniato di aver riscontrato lo stesso problema nei loro contesti nazionali, con punti di vista diversi tra governi centrali e livelli urbani. E’ per questo che abbiamo proposto lo stabilimento di contatti diretti fra la Commissione europea e le grandi città europee, come anche con quelle più piccole che sono interessate, con l’obiettivo di realizzare accordi diretti tra Commissione e città per arrivare a risultati concreti e non limitarsi solo a discussioni teoriche.

Partecipazione civica, innovazione: quali sono gli elementi che vanno inseriti in questa Agenda urbana europea per condividere davvero delle esperienze positive?
Per Gand è molto importante lavorare con gli abitanti della città. Li chiamiamo in inglese smart citizens ed è il tema attorno a cui abbiamo organizzato l’assemblea generale di Eurocities a novembre scorso. C’erano circa 450 sindaci e amministratori locali provenienti da tutta Europa e a loro abbiamo proposto differenti esempi realizzati in città di collaborazione diretta con i residenti urbani, coinvolgendoli in quest’azione. Penso che lo stesso sistema di lavoro possa essere utilizzato anche nel rapporto con la Commissione europea, promuovendo un lavoro diretto con le città e favorendo un incontro costante con i commissari che non devono rimanere fermi a Bruxelles o a leggere i dossier nei propri uffici ma vengano ad incontrare le città e i cittadini per rendersi conto dei tanti progetti che vengono realizzati nei contesti urbani. In quel momento potranno avere degli indicatori concreti e delle cifre con le quali sarà possibile valutare l’azione urbana nell’ambito dell’Agenda europea.

Ciò si lega al discorso della qualità della vita, come i progetti Urbact sull’alimentazione sostenibile e la famosa iniziativa del giovedì vegetariano. Pensa che queste iniziative concrete che incidono sulla vita quotidiana dei cittadini, possano essere inserite in un quadro europeo che promuova la qualità della vita in maniera innovativa?
Certamente, ne sono convinto,. Ci sono molti esempi che possono migliorare la qualità della vita delle persone. Un solo esempio: Abbiamo un’Abbazia medievale ma non avevamo fondi per poterla tenere aperta in chiave turistica. Sono i residenti che abitano attorno all’Abbazia che mi hanno chiesto di prenderla in gestione e adesso hanno messo su un comitato di un centinaio di persone impegnato a tenere viva l’Abbazia, aprendola quotidianamente, organizzando concerti e attività socio-culturali. Sono convinto che possiamo migliorare la vita nella città grazie a tutti questi progetti ed è molto importante stabilire come scopo dell’azione pubblica il miglioramento della vita delle persone.

Non esiste Agenda urbana senza cittadini, insomma
Senza dubbio è impossibile che esista. E’ decisivo avere anche un piano politico per tutta la città. Le do un altro esempio. Come organizzare la partecipazione civica nella città: si può organizzare una riunione con duecento o trecento persone ma sono sempre gli stessi che prendono la parola mentre ci sono tanti altri che hanno buone idee ma non osano dirle. A Gent abbiamo diviso la città in 25 diversi quartieri e abbiamo lavorato in piccole zone, organizzando una serie di attività per favorire l’incontro tra le persone e fargli esprimere la loro opinione sul futuro della città. Anche questo è molto importante per migliorare il contesto urbano e per rafforzare quel sentimento di legame con la città, facendo sì che possano esprimere la propria opinione non solo ogni cinque anni quando ci sono le elezioni comunali.

 Simone d’Antonio  (da www.cittalia.it)

 
 

 

 

 




Farsi capire nella smart city

smart cityIl marketing dei servizi per la cittadinanza. Grazie al web, ai social network e alle tecnologie innovative, Urbano Creativo si propone come consulente di comunicazione, aiutando le imprese e la PA a gestire meglio i loro progetti

L’abbattimento di barriere e distanze legato alla diffusione della comunicazione ubiqua e istantanea del web ha davvero svuotato di senso l’antica professione del geografo? Emanuela Donetti non la pensa affatto così. Geografa, studiosa dell’impatto dell’urbanistica sui paesaggi delle città, la fondatrice di Urbano Creativo (www.urbanocreativo.it), non solo è convinta che ci sia sempre più bisogno di una lettura approfondita del mondo che ci circonda e dei luoghi in cui ci muoviamo, naturali o artificiali che siano. Ma anche sul piano della comunicazione ritiene che ci sono ancora tantissime cose da dire, soprattutto quando si tratta di prendere coscienza, come cittadini, delle decisioni, degli interventi, dei nuovi servizi realizzati soprattutto dalle pubbliche amministrazioni e dalle imprese rivolte alla collettività.

«La nostra esperienza nasce dopo una prima opportunità che si era venuta a creare nel 2006 attraverso il concorso Start Cup, bandito dalla Regione Lombardia» – racconta Emanuela Donetti. «Io ho studiato da geografa e avevo iniziato a lavorare come giornalista economica. La mia socia, Micaela Terzi, proveniva dal ramo comunicazione dello IED di Milano ed era diventata cronista. Insieme, ci siamo immaginate la città come possibile piattaforma per le nostre professioni, partendo dalla scoperta che nelle città esisteva un gap tra cittadinanza e amministrazioni pubbliche e che queste ultime spesso faticavano a fare in modo che un progetto, anche il più bello sulla carta, fosse capito e amato dagli abitanti». Come un bambino, un progetto cresce meglio se viene amato e compreso e questa è in un certo senso la missione di Urbano Creativo: gettare un ponte di comprensione tra realizzatori e fruitori, non solo nell’ambito dei progetti di natura urbanistica, dei pubblici servizi in primo luogo e in parte nelle relazioni tra consumatori e mercato. I servizi sono a vocazione pubblica e vengono erogati a clienti, organizzazioni pubbliche o private, che a loro volta si interfacciano con un certo numero di persone. Promotori immobiliari che si pongono il problema della sostenibilità energetica o ambientale delle aree edificate. Comuni alle prese con i piani di mobilità. Aziende di trasporto locali che devono riformulare la loro cartellonistica o la cartografia. Ospedali che promuovono sul territorio nuovi servizi e dotazioni. A tutti questi soggetti Urbano Creativo si affianca per dare inizialmente consulenza strategica, o consigliando i punti da inserire nei business plan; e intervenendo poi con soluzioni ad hoc, non limitandosi necessariamente agli aspetti comunicativi, ma implementando attività e servizi concreti. «Nel quadro di una collaborazione con un’azienda sanitaria locale – per esempio – possiamo organizzare un sistema di punti di raccolta e disseminazione delle informazioni, consentendo ai pazienti di rivolgersi direttamente alle sedi dei comuni, senza essere costretti a recarsi ogni volta in un ospedale, riducendo tempistiche e flussi».

Lo sguardo rivolto al futuro – Il lavoro di Emanuela e Micaela ha per definizione un occhio rivolto al futuro, al cambiamento, alla trasformazione. Cose che paradossalmente vengono a mancare, o sono percepite con sospetto, per colpa di una cattiva comunicazione. «Puoi progettare il parco più bello del mondo, ma se lo costruisci dove non serve, resterà deserto. Il punto è che sempre più spesso il cittadino si oppone a tutto quello che viene dalla politica, il sentimento “nimby”, “not in my back yard” è sempre più forte. Il fatto è che dicendo sempre di no, rischiamo di perdere le possibilità di vivere un cambiamento positivo, ci neghiamo anche le opportunità di avere un futuro migliore». Proprio per questa naturale apertura verso il nuovo, Urbano Creativo è una realtà immersa nelle nuove tecnologie. «L’esigenza del cliente PA è stabilire nuovi punti di contatto e stimolare un dialogo in grado di favorire il varo di un progetto, abbattendo in pratica le barriere tra amministratori e amministrati. E ci siamo presto rese conto che era indispensabile operare con tutti gli strumenti tecnologici possibili» – spiega Emanuela Donetti. «La tecnologia distrae, “gamifica”, gli spazi virtuali della rete diventano una seconda piazza, dove tutti possono alleggerirsi delle loro preoccupazioni». Insomma, una camera di compensazione ideale per discutere, imparare, esprimere e fugare i propri sospetti. La capacità di trovare una soluzione davvero “multimediale” alla gestione dell’antico rapporto tra cittadini e PA ha portato alla scoperta di un mondo di strumenti inaspettati, che secondo la co-fondatrice di Urbano Creativo hanno consentito alla giovane, ma ormai esperta società comasca di concepire diversi nuovi progetti.

Idea vincente – Anche se la partecipazione a quella prima Start Cup non si tradusse in una vittoria, il Politecnico di Milano rimase colpito dall’approccio interdisciplinare delle due comunicatrici e offrì loro di proseguire la loro esperienza all’interno dell’incubatore di impresa della stessa università tecnologica. «È stato un periodo bellissimo perché potevamo lavorare insieme ad altre start-up, integrandole nei nostri progetti ed estendendo le nostre competenze». Come naturale conseguenza del principio per cui la città è smart se lo sono i suoi abitanti, nel momento della sua fondazione Urbano Creativo, una decina di collaboratori in tutto, ha optato per una sede più periferica, inserita in un paesaggio molto più rilassante, in un contesto più raccolto. La sede del resto mette solo a disposizione un preciso spazio di riferimento, il lavoro si svolge in piena mobilità, in interconnessione con una clientela molto più estesa. Con il tempo e l’accumularsi delle esperienze, la piccola società ha avviato anche una propria strategia di comunicazione e formazione. Nasce così il portale informativo www.urbanocreativonews.it, un sito continuamente aggiornato, concepito come un vero e proprio osservatorio sulle smart city e i loro servizi, con una ricca sezione video piena di interviste e animazioni sui temi della sostenibilità, dell’ecocompatibilità e dell’economia della condivisione, la cosiddetta “sharing society”. Quest’anno dovrebbe partire un consorzio tra Urbano Creativo e tre altre imprese per l’offerta di servizi di assessment qualitativo dei servizi al cittadino, con l’idea di offrire agli amministratori locali strumenti di valutazione che aiutino a prendere decisioni più mirate. Tre anni fa, Urbano Creativo ha anche contribuito a dar vita a una società spin-off (Mobirev), che si occupa di soluzioni per la pianificazione e la bigliettistica dei viaggi multimodali. Il lavoro non manca per un’imprenditrice della comunicazione che crede molto nelle tecnologie abilitanti della società della partecipazione. Una società che ha ancora bisogno di molti ponti.

 Andrea Lawendel




Uk, in arrivo il primo standard per le smart city

smart-cityIl Dipartimento dell’Innovazione in collaborazione con il British Standard Institute sta elaborando un modello condiviso e applicabile sul territorio britannico per progettare città smart

Parlare di smartness significa, in un’ottica urbana, mettere al primo posto innovazione tecnologica ed interconnessione. Ma per far “dialogare” efficacemente sistemi e servizi è necessario che questi “parlino la stessa lingua”, ovvero che vengano progettati e realizzati secondo un modello uniforme e condiviso. I primi passi in questo senso li sta muovendo il Regno Unito, che ha dichiarato di star lavorando alla realizzazione di uno standard per le smart city che possa essere applicato a livello nazionale.

PAS 180 e PAS 181
L’impegno, portato avanti dal Dipartimento per l’Innovazione (BIS – Business, Innovation & Skills) in collaborazione con il British Standards Institute (BSI), è quello di redigere una sorta di vademecum che possa essere adottato nei vari ambiti progettuali, primo fra tutti quello delle infrastrutture strategiche digitali del paese. La Guida rientrerà nelle pubblicazioni PAS (Publicly Available Specification), programma di specifiche generali che definiscono i requisiti da verificare  nell’analisi degli standard. In questo momento il team è impegnato, anche grazie al supporto di diversi partner governativi ( fra cui: Cambridge University e l’Università di Westminster, il Birmingham City Council, BRE, Fujitsu, Future Cities Catapult, IBM, Leeds City Council, il Royal Borough of Greenwich e il Technology Strategy Board) nello sviluppo del PAS 180, ma molto probabilmente sarà il documento successivo, già in previsione, il PAS 181, quello che segnerà effettivamente la nascita di un modello strategico condivisibile per la progettazione di smart city all’interno del territorio britannico.
Le smart city di tutto il mondo –  ha dichiarato Scott Steedman, direttore divisione Standards di BSI –  hanno bisogno di standard chiari ed efficaci. Il lavoro del dipartimento è tutto rivolto alla determinazione delle linee guida per la nascita delle smart city, dal loro concepimento alle infrastrutture tecnologiche e le norme di settore. Vogliamo essere i primi al mondo a lanciare degli standard per smart city, non solo per dare il via alla trasformazione dei nostri centri urbani, ma per favorire anche le nostre aziende nella competizione globale

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C40 Cities MAKE A DIFFERENCE

mappaEach city in the C40 is unique in its infrastructure and progress in addressing climate change. C40 works to empower cities to connect with each other and share technical expertise on best practices.

Each year, C40 surveys the Mayoral Powers of its member cities in order to understand where the greatest opportunities exist to advance specific climate actions and foster targetted knowledge sharing. The chart below reflects a summary of current Mayoral Powers by area, each of which is served by a C40 Initiative and its topical Networks. Cities whose mayors possessed strong or partial power over two-thirds of surveyed assets and functions in each category are indicated below. Cities who identified a climate action plan to C40 are also indicated in the Measurement and Planning category. Explore Mayoral Powers in C40 Cities below, or view an           infographic to learn why ending climate change begins in cities.

traduttore > http://translate.google.it/#en/it/

situazione di Roma

 

 




Guida sintetica sui finanziamenti comunitari

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guida ai finanziamenti europei 2014-2020




Roma: a piedi alla scoperta della storia di Testaccio

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Il 2 marzo 2014 è domenica. La sveglia “presto” la domenica mattina è valida solo per gite ed escursioni come in questo caso, altrimenti non nego che adoro rimanermene tra le coperte. Oggi mi aspetta una bella passeggiata alla scoperta della storia di Testaccio, storico quartiere popolare di Roma Capitale.

Ad accompagnarci in questo giro ci sarà Irene, testaccina doc e sociologa esperta di fenomeni di rigenerazione urbana e gentrification. Andare alla scoperta di un quartiere la cui storia è estremamente contemporanea accompagnati da una persona così esperta come lei è davvero un piacere. Non per niente le abbiamo chiesto di mettere in palio per il gioco della community di Gente in viaggio una sua passeggiata in questi luoghi. Ci sembra il modo migliore per scoprire delle aree urbane così affascinanti.

Unica pecca della passeggiata è la pioggia battente che talvolta impedisce al gruppetto di soffermarsi ad approfondire dei particolari dando sfogo alla curiosità di tutti i presenti.

Quella di testaccio è la storia di un sogno interrotto“. Esordisce così Irene all’inizio del percorso che parte dall’ingresso del museo MACRO Testaccio. Questo ai tempi dell’unità d’Italia doveva diventare il quartiere industriale della capitale. Una campagna, all’interno delle mura aureliane, che poteva accogliere tutto il disagio della trasformazione industriale della città e i suoi operai.

E’ per questo che la narrazione della storia di Testaccio parte proprio dal MACRO, un museo installato all’interno del vecchio mattatoio. Una struttura immensa che generò un’indotto enorme quando venne costruito e attivato negli ultimi decenni del 1800.

Neanche partiamo che dobbiamo fermarci a ricordare una vecchia locanda dove i lavoratori del mattatoio si consumavano a scommesse. Ben più romantica è invece la storia della “cabina dei ragionieri”. Ovvero quella piccola struttura circolare all’interno del campo boario ormai devastata dal degrado. Lì dentro i ragionieri del mattatoio decidevano i prezzi delle merci. Nel pomeriggio e la sera diventava ritrovo dei giovani del quartiere che bevevano vino e si innamoravano.

Molto particolare è la storia del Monte Testaccio. A detta della nostra accompagnatrice è possibile visitare la collina – che è anche un incredibile documento a cielo aperto per la storia del commercio dell’antica Roma – pochissimi giorni l’anno. Il Monte dei Cocci è formata dai pezzi delle anfore di terracotta attraverso le quali venivano trasportati olio e vino provenienti dall’Etiopia e dall’Andalusia. Ogni anno da settembre a novembre team di archeologi spagnoli studiano questi resti.

La passeggiata storica prosegue uscendo dal rione testaccio, passando per gli archi delle mura aureliane in direzione di via del porto fluviale. Peccato non poter visitare il Cimitero Monumentale Acattolico dove sono sepolti alcuni dei più grandi scrittori e artisti europei protestanti che morirono a Roma, ma anche personalità del calibro di Gramsci.

In via del porto fluviale entriamo nell’edificio occupato da numerosi nuclei familiari la cui enorme facciata è interamente dipinta dallo street artist Blu. La struttura anche al suo interno conserva il suo fascino. Infatti è proprio da qui che inizia il percorso di archeologia industriale del quartiere. Ed è qui, nei paraggi, che l’ex sindaco di Roma Ernesto Nathan (1907-1913) ha lasciato alcuni dei più importanti “prodotti” della sua amministrazione: la Centrale elettrica Montemartini (adesso adibita a museo, ma ancora attivabile in caso di emergenze democratiche visto che le sue turbine hanno il compito di illuminare Palazzo Madama e Montecitorio), i Mercati e i Magazzini generali. Nathan viene ricordato soprattutto perché fu il sindaco che indisse il referendum che portò i romani a imporre la municipalizzazione i servizi essenziali e alla diffusione dei mercati rionali che fino ad allora erano abusivi. Viene un po’ di tristezza pensare a come siano ridotti adesso e di come, in alcuni casi, il degrado causato dalle ultime amministrazioni comunali sia così ben evidente anche in una passeggiata piacevole come questa. Mi riferisco, per esempio al ponte della Scienza o al Teatro India. Due strutture realizzate e abbandonate all’ombra del Gazometro diventato famoso per le notti bianche veltroniane.

La passeggiata continua sul lungotevere Gassman nel “retro” del quartiere Marconi fino ad arrivare al famoso“Ponte di Ferro” che congiunge l’area di Testaccio-Ostiense con Marconi appunto. Nascostissima in un angolino è possibile vedere una lapide che ricorda l’omicidio di dieci donne testaccine durante il fascismo. In questa zona ai tempi insistevano numerosi mulini e granai e il pane era razionato per il popolo. A volte gruppi di donne di Testaccio saccheggiavano questi granai per poter soddisfare la propria fame e quella dei propri figli. La lapide ricorda l’omicidio di dieci di loro tradite da un uomo che che lavorava in uno di questi granai e che doveva essere loro complice ma che invece si vendette la soffiata ai tedeschi.

Brutti ricordi della storia di Testaccio e di tutta Roma ma assolutamente affascinanti se osservati dal punto di vista della caparbietà della popolazione del primo vero quartiere operaio della città.

Alessio Genteinviaggio  link all’articolo

 




La storia degli eBook

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Con una infografica proviamo a raccontare la storia dei libri digitali, così per tratteggiare sinteticamente la strada finora percorsa attraverso lo sviluppo tecnologico, le politiche commerciali e l’evoluzione culturale.

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La storia degli eBook




Rifiuti Miniera di domani

pinoRingrazio Massimo Piras presidente ZeroWaste e il direttore della Biblioteca Antonio Trimarco che ci ha consentito di mettere in cantiere questo seminario

Ringrazio altresì i “ragazzi” Giuseppe Girardi, Fabio Musmeci, Giulio Izzo  dell’Enea,  Salvatore Genova dell’ESPER  e gli altri coordinamenti che hanno voluto condividere con noi questo avvio e con cui siamo certi collaboreremo.

Per info consultate  HYPERLINK “http://www.Corviale.com” www.Corviale.com e un grazie a Elisa, Valerio per la loro passione e impegno.

 

Il seminario su “Rifiuti miniera di domani”, grazie al contributo di diverse realtà, ha iniziato a muovere i primi passi e si inserisce nel contesto della riconversione del ciclo dei rifiuti eliminando nuove megadiscariche ed inceneritori come quelli di Malagrotta per procedere al totale Recupero di Materia senza combustione dei rifiuti.

 

Questo nuovo ciclo prevede una serie di impianti di trattamento “a freddo” ed una serie di attività decentrate nel territorio da parte del Comune di Roma, come l’apertura in ogni Municipio di un Centro di Riuso e Riparazione oltre che di scambio gestito da volontariato ed onlus per reimmettere oltre al Centro di raccolta gestito da AMA come proposto da Rifiuti Zero.

 

Il progetto di rigenerazione urbana di Corviale è una occasione straordinaria per avviare un progetto pilota sulla gestione corretta Verso Rifiuti Zero che partendo dal Municipio 11, di cui Corviale è un sito con tutte le caratteristiche necessarie, possa estendersi a tutti i Municipi.

 

Un’occasione che dobbiamo costruire insieme.

 

Conforta  la partecipazione e l’attenzione con cui è stato seguito e il livello di competenze con cui è stato illustrato il tema.

Faccio qui una sintesi degli obiettivi che il seminario si era proposto e accenno al come proseguire:

– far conoscere e  far avere consapevolezza alla nostra Comunità del “Valore della Monnezza” e quanto sia importante, per rendere concreto quel valore, la Riduzione, il Riuso, il Riciclo/Recupero, le famose 3 C.  Una consapevolezza, vero patrimonio per la riuscita del progetto, che va estesa  da parte di noi tutti ai nostri concittadini che vivono nel nostro territorio

– Valore che va collegato alle reali possibilità nel creare lavoro a tempo indeterminato. Perché i rifiuti ci saranno sempre e a ciclo continuo. Un lavoro che ha bisogno di formazione professionale, di acquisire competenze specifiche, di collaborazione e di coordinamento con la filiera produttiva presente sia nel  Quadrante di Corviale che verso l’esterno  con quel ciclo e rete che lo trasforma in Valore.

–  “Rifiuti zero” si coniugano con  ambiente più sano e  la qualità del  vivere nel nostro Quadrante. Non è sufficiente avere un territorio  con  1.400 ettari di parchi

(Valle dei casali e tenuta dei Massimi) per misurarne la caratura ambientale. Questo patrimonio può produrre economia verde  in termini di agricoltura di vicinanza e di energia con positive ricadute per tasse più basse sia per gli abitanti che per le amministrazioni pubbliche (vedi Ater, Comune, Asl). In pratica possiamo mettere nelle tasche degli abitanti denaro e nei loro palati un cibo più sano e gustoso e nei bilanci della Regione e del Comune risorse economiche  che dobbiamo pretendere che vengano reinvestite sul territorio per la manutenzione e per investimenti produttivi.

 

Opportunità che trovano radici  nel progetto di rigenerazione urbana che stiamo promuovendo da oltre 5 anni e che è passaggio obbligato per la nostra Comunità.

Bisognerà gestirlo in modo sì partecipativo ma accompagnato  con le competenze adeguate e nelle forme giuridiche/amministrative più attinenti  per realizzarlo.

Attenzione particolare va dedicata nell’inserimento al lavoro delle fasce svantaggiate

(cooperative sociali con disabili, ragazze madri, disoccupati di lungo corso,….) che in queste attività possono ricavarne autonomia  e benefici economici e psico-fisici.

Una scelta che incide positivamente sui costi dello stato sociale delle amministrazioni

Ricordiamo,  ancora una volta, che vanno sbloccati i fondi esistenti  per la riqualificazione  e che con logica conseguenza può riportare sicurezza e legalità, precondizioni  per lo sviluppo di queste economie  in quanto il Palazzo Ater- il Serpentone  è la struttura che con i suoi spazi e luoghi avvia quel circuito virtuoso che  ci potrà consentire di andare a meta.

 

Pino Galeota

 




Esce un libro su Torre David, spazio occupato diventato monumento urbano

torre-david-caracas-7-2-150x150In uscita il libro Torre David: Informal vertical communities, nato dal lavoro del collettivo Urban-think tank e del fotografo Iean Baan. Il testo di socio-architettura tratta del progetto del grattacielo occupato nel centro di Caracas che vinse nel 2012 il Leone d’oro alla Biennale di Venezia. Voluta da David Brillemboug, la torre doveva essere un centro finanziario. Dopo la crisi e con la morte del magnate, l’edificio rimase incompiuto e nel 2007 è stato occupato da 750 famiglie. Si stimano 2.500 persone oggi all’interno dell’edificio, in un progetto di co-housing autogestito. Quello in cui si è trasformato è diventato monumento esemplare di architettura urbana, uno specchio della società, un modello di spazio comune e un esempio di abitare in collettività.

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Oasi, labirinti e canyon: a Milano cadono i veli sui padiglioni dell’Expo

Il padiglione della Thailandia

Il padiglione della Thailandia

Via ai lavori, ecco i progetti degli archistar. Tutti i Paesi puntano a realizzare edifici innovativi e sorprendenti. Si passa dai cappelli dei contadini thailandesi al deserto fiorito degli Emirati Arabi. Per la Cina investimenti record, lo spazio più grande alla Germania

È il mondo visto dalla cittadella di Expo. Un primo tour virtuale del sito così come apparirà il 1° maggio del 2015, quando si apriranno i cancelli. E che, adesso, alla vigilia dell’ingresso delle ruspe degli Stati che costruiranno i propri padiglioni, si può percorrere sulla carta dei progetti.

È un’altra gara, quella che è iniziata. I Paesi sono i protagonisti dell’Esposizione universale e saranno le architetture dei loro edifici a tratteggiare l’orizzonte: tutti sono in corsa per realizzare il padiglione più innovativo e sorprendente. Eppure, dice il commissario unico Giuseppe Sala, “la cosa che più stupisce è come le Nazioni abbiano colto in pieno la sfida che avevamo lanciato: non costruzioni monumentali, ma progetti in grado di sviluppare il tema dell’alimentazione”. Disegni tecnologici, con grandi spazi aperti, molti richiami alla natura e materiali sostenibili da smontare al termine dell’evento.

Ad aprire le danze è stata l’Italia, che ha già iniziato a costruire il proprio palazzo ispirato a un albero. La Germania, nei prossimi giorni, farà partire i lavori dei Paesi stranieri. Quello tedesco sarà il padiglione più grande (quasi 5mila metri quadrati e 48 milioni di budget): uno spazio hi-tech con una terrazza verde. Quella che disegnerà Expo, però, è anche una nuova geopolitica. Diplomazia del cibo e potenze economiche che si intrecciano e si fondono. Con due continenti che avranno un peso particolare, Africa e Asia, con i loro giganti. Come la Cina che, con 60 milioni di euro, sarà lo Stato che investirà di più: oltre al padiglione ufficiale, ne sorgeranno altri due di aziende (uno porterà la firma di Daniel Libeskind). Una “sorpresa” è il Nepal. Non è una superpotenza, ma grazie ai privati ha prenotato 2.710 metri quadrati, con un tempio ricoperto da decorazioni in legno ispirate al cibo che trenta famiglie artigiane hanno già iniziato a scolpire.

Chi vuole stupire sono gli Emirati Arabi: il loro padiglione è stato creato da Foster, che ha reinventato un’oasi. Tre piani tra palme e acqua che si raggiungeranno percorrendo un canyon dalle pareti ondulate come le dune del deserto mosse dal vento. Alla fine, la struttura sarà rimontata a Abu Dhabi. Quello che accadrà all’edificio dell’Azerbaijan, tre grandi sfere che seguono i dettami della bioarchitettura. E il paesaggio tipico del deserto è anche quello che riprodurrà l’Oman. Per il “sì” ufficiale degli Usa si attende la visita in Italia di Barack Obama. Ma il progetto c’è già: un grande “granaio” dove gli Stati Uniti mostreranno il loro cibo 2.0.

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