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Spazi verdi urbani e periurbani, pubblicata la Prassi di Riferimento UNI

parchiLe linee guida per la pianificazione, progettazione, realizzazione e manutenzione nell’ottica dello sviluppo sostenibile

Fornire le linee guida per lo sviluppo sostenibile degli spazi verdi, urbani e peri-urbani, quali i parchi e giardini pubblici e privati, i parchi e giardini storici, le alberate stradali, il verde a corredo delle infrastrutture, i parcheggi alberati, i percorsi ciclo-pedonali, parchi e percorsi fluviali ed aree spondali in ambito urbano, parchi divertimento, verde di pertinenza delle strutture turistico/ricettive, ecc.

Questo l’obiettivo della Prassi di Riferimento UNI/PdR 8:2014 “Linee guida per lo sviluppo sostenibile degli spazi verdi – Pianificazione, progettazione, realizzazione e manutenzione”, frutto della collaborazione tra UNI e le Associazioni Landeres e BAI – Borghi autentici d’Italia.

Supporto all’applicazione della Legge n. 10/2013

Il documento può essere utilizzato anche a supporto dell’applicazione della Legge n.10/2013 “Norme per lo sviluppo degli spazi verdi urbani”, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n.27 dell’1 febbraio 2013 e in vigore dal 16 febbraio 2013.

prassi di riferimento UNI

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Solstizio d’estate al Mitreo

mitreo

SABATO 21 GIUGNO
ore 17,00
presso Il Mitreo-ArteContemporanea. Via M.Mazzacurati 61-63 Roma

 

SOLSTIZIO D’ESTATE
VIBRAZIONI DI SUONO E LUCE

 

Massaggio sonoro con gong, campane tibetane, strumenti ancestrali
e laboratorio esperienziale di Pittura Energetica Metodo MelAjna®

 

Il Gong è uno strumento sacro la cui creazione si perde nella notte dei tempi.
Durante un massaggio sonoro di Gong i 72.000 canali energetici presenti nel nostro corpo vengono attraversati dalle sue vibrazioni, andando così a lavorare contemporaneamente su  corpo-anima-mente rimuovendo vecchie cristallizzazioni energetiche e pulendo la nostra aura.
I suoni dei Gong, delle Campane Tibetane e degli altri strumenti ancestrali vi accompagneranno
in uno spazio senza tempo, in cui esisterà solo profondo rilassamento, provocando un continuo
massaggio alle vostre cellule del quale porterete il beneficio anche nei giorni a seguire. I benefici del massaggio sonoro saranno potenziati dall’esperienza della pittura energetica
Metodo MelAjna® in cui sarete invitati a manifestare su uno specchio d’acqua, precedentemente
preparato, forme ed energie altrimenti invisibili. Un modo gioioso di ricordare e condividere
la nostra essenza creatrice.

 

 

 




CAMBIA IL CINEMA PALAZZO – Immaginare Un Cantiere

cinema palazzo

Il Cinema Palazzo è uno spazio sottratto alla speculazione, reso indisponibile alle logiche pubbliche e private che oggi regolano la trasformazione delle nostre città e guidano la produzione culturale in Italia e in Europa. È un laboratorio permanente che rifiuta ciò che ormai disciplina ogni aspetto della nostra vita: la parcellizzazione del lavoro; la valorizzazione della competizione; la moralizzazione della prestazione; la polverizzazione delle conoscenze e la specializzazione settoriale e tecnicistica dei saperi.

 

Tre anni fa, ci siamo riappropriati non tanto – o non solo – di uno spazio, quanto della facoltà di agire e pensare un luogo a partire dal quale immaginare una pluralità di spazi e una concatenazione tra i loro diversi usi. Abbiamo prodotto e autoprodotto cultura, ridando centralità alla formazione e alla creatività che – attraverso i diversi linguaggi artistici – eccedeva dai circuiti di confezionamento pronti a riempire gli scaffali del consumo.

 

Ogni trasformazione è materiale, culturale e politica; apertura a una processualità in divenire. La vita del Cinema Palazzo si muove in questa direzione: una tensione incarnata dalla scelta di organizzare l’evento del terzo compleanno attraverso la creazione di un’assemblea di coprogettazione, che ha unito soggettività e competenze differenti, attivando modalità inedite di coproduzione culturale e cogestione di un luogo di produzione.

 

Questa esperienza ha generato semi per dischiudere altri orizzonti e tradurre la pratica trasformativa nell’avvio di un vero e proprio cantiere di lavoro, che desidera plasmare lo spazio concreto del Cinema Palazzo e la gestione del suo uso, per renderlo ancora più abitabile, vivibile e aperto alla proiezione/trasmissione della sua storia scritta sinora.

 

Il cantiere avrà come obiettivo proprio la sala Vittorio Arrigoni, cui si ridarà profondità e centralità realizzando una nuova struttura modulare, capace di comporsi e ricomporsi in configurazioni differenti, per continuare ad essere agorà, spazio performativo e dell’audiovisivo, ma anche per crescere e divenire casa accogliente per tutti i linguaggi artistici contemporanei.

 

Si tratta di un progetto che parla il linguaggio meticcio dell’autocostruzione e di una nuova sperimentazione che attualizza la direttrice politica del Cinema Palazzo: rilocalizzare competenze e passioni diverse che concorrono allo stesso obiettivo. Rimettiamo al centro la complessità del processo di creazione; abbattiamo ancora una volta gli steccati disciplinari che separano teoria e azione, immaginazione e costruzione; diamo vita a un processo dal basso, dove tutt* possono decidere di partecipare e, insieme, affrontare tutti i livelli e le diverse fasi di lavoro.

 

Il cantiere che abbiamo immaginato avrà la formula di un laboratorio a cadenza settimanale, che si incontrerà tutti i martedì sera dal 24 giugno al 22 luglio e traccerà le basi concrete e dettagliate dei lavori che partiranno a settembre.

 

Il primo momentaneo cambiamento strutturale del Cinema avverrà però proprio nei prossimi giorni, quando gli spalti che siamo ormai abituati a vedere verranno portati via e lo spazio tornerà a essere quell’unica grande sala che ci accolse tre anni fa. Questo piccolo ritorno alle origini ha imposto naturalmente una scelta rispetto alla programmazione estiva, che muterà il suo consolidato assetto prediligendo l’ambientazione esterna (Piazza dei Sanniti) rispetto all’interno. Tutte le iniziative in programma concorreranno nel duplice intento di raccogliere i fondi necessari ai lavori e di proporre una concreta alternativa alla socialità alienante cui l’estate romana istituzionale ci costringe.

APPUNTAMENTI LABORATORIO CANTIERE

Martedì 24 giugno, ore 19:30
Incontro I: Da dove cominciamo?
Sebbene il cambiamento del Cinema sia ancora tutto da immaginare, ci sono una serie di elementi strutturali che è necessario preservare: in questo primo incontro individueremo lo spazio d’azione e le esigenze artistiche, tecniche e funzionali che la nuova sala Vittorio Arrigoni dovrà sostenere.

Martedì 1 luglio, ore 19:30
Incontro II: Visioni
Scambio di progetti e idee per individuare una prima bozza di lavoro condiviso che interessi tutti gli aspetti coinvolti: materiali da usare, reperibilità degli stessi, tempistiche, fattività.

Martedì 8 luglio, ore 19:30
Incontro III: Analisi
Approfondimento del progetto, individuazione dei materiali, costi e preventivi.

Martedì 15 luglio, ore 19:30
Incontro IV: La struttura
Divisione delle aree di intervento secondo l’ordine strutturale necessario, individuazione e condivisione delle competenze da attivare, scaletta della tempistica dei lavori.

Martedì 22 luglio, ore 19:30
Incontro V: Molodoj!
Chiusura e scrittura dettagliata del progetto, stesura di un documento che comunichi idea e tempistiche.

Programma Cinema Palazzo Estate

• TUTTI I MERCOLEDÌ SERA – PIAZZA DEI SANNITI
Verso BET IV: tavoli e carte da gioco per trascorrere una serata in compagnia e allenarsi alla quarta edizione del torneo di Briscola e Tresette.

• TUTTI I GIOVEDÌ – PIAZZA DEI SANNITI
Ci scappa da ridere: tre appuntamenti surreali con attori e scrittori che hanno fatto della comicità la loro fedele compagna di vita.

• SERATE DANZANTI – CINEMA PALAZZO – lo spazio del Cinema, privato delle tribune, si trasforma in una grandissima sala da ballo!
– Venerdì 27 giugno – The Club Swing Band
– Sabato 5 luglio – Serata Trash
– Venerdì 18 luglio – Tango Popolare

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Ma che succede al Pigneto?

pigneto 2

Da tre giorni consecutivi, nelle strade del quartiere Pigneto, ci sono assemblee spontanee e blocchi del traffico. Cento persone martedì, 150 mercoledì poi 200 giovedì. Una mobilitazione disorganizzata ma crescente, partita da un semplice volantino e i contatti rimasti dalla mobilitazione dell’autunno scorso, ma senza nessuna struttura politica o sociale a supporto. Una mobilitazione che nasce in realtà dall’esasperazione e la rabbia di un intero quartiere, letteralmente occupato dalla criminalità organizzata, in modo sempre più massiccio.

 

Ma cosa è successo in questo rione considerato fino a solo poco tempo fa quartiere trendy, una nuova Trastevere, regno di artisti e radical chic oltre che luogo di iniziative sociali e politiche della sinistra antagonista e antirazzista romana?
Se qualcuno ancora si chiede cosa sia la gentrification, e perché a qualcuno non piace, venga qua, a soli dieci anni da quando tutto è cominciato. Il Pigneto ne è il modello supremo. Quartiere trasformato alla velocità della luce, tanto da renderlo irriconoscibile in pochi anni. Un simbolo di ciò che produce questa particolare fase del capitalismo in crisi.
Un rione vissuto negli anni Ciquanta dal sottoproletariato, set diAccattone di Pasolini, da sempre luogo di immigrazione – molti degli anziani del quartiere sono lucani e calabresi – e per questo abituato ad intrecciare diverse culture. Negli anni Ottanta base logistica della banda della Magliana, per un periodo installata dentro al Cinema L’Aquila. Luogo a ridosso del centro, mai sfiorato dalla movida della capitale fino ai primi anni del 2000, tanto che tutti si ricordano che ancora nel 2005 nell’isola pedonale c’era un solo locale. E a mezzanotte non trovavi più nulla di aperto.

 

Poi pian piano la gentrification, la ricerca ossessiva del capitale di nuovi facili margini di profitto. E se i luoghi della produzione non rendono più come prima, ci si butta sulla speculazione, in particolare edilizia, poi via con il resto. Via del Pigneto, da sempre sede della grande fabbrica Serono, si trasforma. Proprio la Serono inizia le danze, con un enorme cambio di destinazione d’uso dei propri locali che investono il 50% dell’isola Pedonale. La fabbrica ormai ne occupa solo una piccola porzione, il resto è un Hotel a quattro stelle, e diversi mini appartamenti da 40-50 metri quadrati. Da affittare ovviamente, meglio se a studenti, non certo luoghi dove far vivere stabilmente una famiglia. E’ da qui che parte la riqualificazione, pompata dalla retorica dei governi di Centrosinistra che invitano a “riscoprire” il Pigneto di Pasolini, tanto da veder arrivare da queste parti anche qualche guida turistica con comitiva al seguito. Grazie alle rivendicazioni dei comitati, arrivano anche alcune effettive conquiste per la cittadinanza: la ristrutturazione e nuova apertura del Cinema l’Aquila, e qualche spazio pubblico ottenuto in compensazione dei cambi di destinazione d’uso e dalle nuove costruzioni: una piazza vicino a via Fanfulla da Lodi, uno spazio pubblico sull’Isola pedonale che oggi ospita la Biblioteca, qualche spazio verde.
Sono anche gli anni della liberalizzazione delle licenze ideata dal ministro Bersani, per permettere una nuova crescita economica. Ma quale crescita? Quella della competizione selvaggia, in cui i quartieri non sono pensati per i servizi ai cittadini, ma lasciati a disposizione del maggior margine di profitto. Garantito da locali tutti uguali e distanziati di pochi metri, con dentro lavoratori precari o, più spesso, al nero.
Al Pigneto ne iniziano ad aprire alcuni, insieme anche a librerie, laboratori, associazioni. La cosa per qualche tempo sembra quasi poter funzionare. Sono gli anni tra il 2005 e il 2008 e il Pigneto sembra quasi una piccola isola felice con le case basse di inizio Novecento ristrutturate, persone mediamente più aperte e accoglienti di altre zone della città, iniziative sociali e culturali interessanti. Ma dura pochissimo. Mentre salgono alle stelle i prezzi delle case e i costruttori buttano giù palazzi per costruirne di nuovi, aumentano in modo incredibile il numero dei locali, che senza soluzione di continuità raddoppia ogni anno rispetto all’anno precedente. Chiudono tantissime attività diurne – barbiere, ciclofficina, librerie, negozi di vestiti, di scarpe, di giocattoli, Bottega dell’equo e slidale, agenzia viaggi, officina meccanica… – e in ognuno di loro apre inesorabilmente un nuovo locale… sempre più simile a quello affianco. Resiste solo il mercato dell’Isola pedonale, che rende ancora bello passeggiare la mattina, se ad ogni angolo non ci fossero chili di rifiuti della serata precedente.
Un quartiere da consumare non da vivere, un quartiere dove regna soltanto la legge del profitto, con ogni sera un numero di persone enormemente superiore a quelle che lo abitano, e gli spazi pubblici occupati dai tavolini dei locali. Costruendo in realtà un modello di socialità molto lontano da quello sognato da queste parti fino a qualche anno fa.

 

Capita la dinamica, è almeno dal 2008 che il Comitato di quartiere chiede il blocco delle licenze per i locali, sostegno alle attività diurne, riqualificazione degli spazi pubblici e verdi, gestione differenziata dei rifiuti porta a porta, apertura della metro C, rispetto degli accordi con la Serono che per il cambio di destinazione d’uso dovrebbe ristrutturare l’isola pedonale, e aprire al pubblico due dei giardini interni all’ex fabbrica. Non avviene nulla di tutto ciò, arriva anzi un’altra speculazione, quella del narcotraffico. Prima in forma più marginale, poi sempre più pesante. Fino alla vera e propria colonizzazione del quartiere da parte della criminalità organizzata avvenuta negli ultimi 12 mesi. Ogni giorno 100, nei fine settimana anche 150, spacciatori occupano le quattro strade del quartiere, fermando ossessivamente chiunque passi, e vendendo di tutto. Ma anche consumando di tutto, con episodi ripetuti di persone che liberamente si fanno di eroina per le strade.
La cosa che colpisce, rendendo invivibile il quartiere, è proprio la quantità del fenomeno, e la tranquillità e arroganza nell’appropriarsi delle strade. Gli effetti della crisi e della legge Bossi-Fini, producono del resto un esercito di manodopera immigrata a basso costo e senza speranza, che di fatto vive per strada dormendo spesso a Piazza del Pigneto, spesso finendo per diventare tossicodipendente, ed è sfruttata dalla criminalità organizzata che gli fornisce la merce.. Un sistema che produce il minor costo del lavoro possibile, in uno schema del tutto simile a quello del legale capitalismo liberista contemporaneo: le organizzazioni criminali, un tempo attente ai rapporti con i quartieri di insediamento e alla tutela dei propri scagnozzi, hanno oggi completamente “esternalizzato” il proprio traffico. I 100 spacciatori immigrati che quotidianamente occupano le vie del Pigneto sono solo l’ultimo anello della catena, e del loro destino non interessa a nessuno fin da quando sbarcano nel nostro paese, men che meno interessa ai loro datori di lavoro. Il turn over è velocissimo, in 12 mesi tra loro si possono riconoscere almeno il 90% di facce nuove, senza alcun rapporto con il luogo in cui vivono. E con un’arroganza che sfocia anche in minacce agli abitanti, oltre che in periodici scontri tra bande negli ultimi due anni sfociati anche in due omicidi.
E gli abitanti storici rimpiangono i tempi della banda della magliana…

 

E la polizia di Alfano? Sempre produttiva quando ci sono da sgomberare case, spazi sociali e manifestazioni troppo determinate, qua dimostra un’efficacia pari a zero. Solo azioni di “propaganda”, con alcune retate e arresti che non cambiano di una virgola la situazione, vista la rotazione continua della manodopera. Una polizia resasi addirittura ridicola con la trovata degli sms con cui i cittadini dovrebbero comunicare la fragranza di reato. Al Pigneto lo spaccio è h24, dalle 15 alle 3 di notte è a pieno regime, non servirebbe nessuna azione spettacolare e nessun arresto dell’ultimo anello della catena. Servirebbero indagini sull’organizzazione che rifornisce, impedendo in modo intelligente la possibilità di essere padroni della strada agli spacciatori di zona. Ma sembra proprio la Prefettura ad aver deciso che lo spaccio della capitale si deve concentrare in poche vie, dove più o meno va lasciato fare. Del resto il mercato esiste e non si può fermare.

 

Già il mercato esiste, e è anche il suo aumento ad impressionare. Aumento tipico delle fasi di crisi economica e politica, e le siringhe per strada e la diffusione dell’eroina riportano a scenari tipici degli anni Ottanta. L’irrazionalità del proibizionismo in un quartiere come il Pigneto viene fuori in modo dirompente e percepito da ogni cittadino. Da un lato la politica impedisce qualsiasi legalizzazione, dall’altro di fatto ne rende legale lo smercio in alcuni luoghi, con la sola particolarità di esser gestito dalla criminalità organizzata che aumenta i propri profitti, detta le condizioni di lavoro, e gestisce la qualità della merce venduta…

 

Marino otto mesi fa era venuto al Pigneto promettendo di sgominare la criminalità dalle strade, e di lavorare ad una rinascita del Pigneto, rispondendo alle richieste che i cittadini gli consegnarono in un documento. Oggi ha paura a venire qui, come i cittadini stanno chiedendo negli ormai quotidiani blocchi stradali, perché la rabbia di chi abita il quartiere è feroce. La mobilitazione è disorganizzata, fatta da persone con nessuna o pochissima esperienza politica. Un quartiere storicamente aperto e di sinistra è diventato una bomba ad orologeria, e la dinamica può essere facilmente strumentalizzata dalle destre più reazionarie e razziste. La crescita e lo sviluppo positivo della mobilitazione è l’unica speranza del quartiere, a cui servono risposte dalle istituzioni, ma anche una capacità di autogestione, di riprendendosi le strade in prima persona con iniziative sociali e culturali, ricostruendo una solidarietà e una socialità che negli ultimi 2-3 anni si è perduta tra abitanti che sono scappati via, e la maggioranza che sconsolata preferisce chiudersi in casa una volta tornata dal lavoro.
Dal Comune ad oggi c’è solo un invito del vicesindaco Nieri ad andare da lui il 25 giugno. Ma ormai la gente ha ricominciato a scendere in strada, e una cosa è sicura: anche quel giorno tra Porta maggiore e Piazzale prenestino le strade della città saranno bloccate.

Giulio Calella (communianet.org)

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LÀ DOVE C’ERA L’AREA MILITARE SORGERANNO GLI ORTI

giardinoUn giardino segreto come quello del romanzo di Burnett, che aspetta solo di essere svelato. Sono i60 ettari dismessi della Piazza D’Armi di Via delle Forze Armate, a Milano. Ad aprirlo alla città sonoLe Giardiniere, il tavolo Salute della Commissione Pari Opportunità del Comune di Milano che si occupa del legame tra salute e gestione dei beni comuni.

“E’ il progetto di riuso sostenibile di un’area militare, che verrà trasformata in una zona agricola e produttiva, nel rispetto della natura che si è impossessata degli spazi in questi anni” ci spiega Maria Castiglioni, del gruppo de Le Giardiniere. Sono decenni che l’area è abbandonata, sono cresciuti alberi e sono nati anche diversi orti abusivi. “Il progetto punta a far nascere orti e alberi da fruttoche possano rifornire, a chilometro zero gli abitanti del quartiere, le scuole, l’Ospedale San Carlo e la caserma adiacente” sottolinea Maria Castiglioni, ricordando i soggetti che in questi anni di gestazione del progetto, dal 2011, sono stati coinvolti. La lista è molto lunga: si va dallaConfederazione Italiana Agricoltura, alla Coldiretti, dagli apicoltori alle “Donne in Campo”, dalle associazioni degli orti aziendali a quelle degli orti diffusi.

In futuro il progetto potrebbe farsi più ambizioso e, oltre a richiedere al Ministero della Difesa la concessione in comodato d’uso gratuito per tre anni dei 60 ettari, potrebbe prevedere anche lariconversione dei magazzini militari abbandonati. Questi spazi diventerebbero luoghi dove installare attività di trasformazione dei prodotti orticoli e di vendita. “Il nostro progetto, in vista dell’Esposizione Universale, risponde all’esigenza di un Expo diffuso sul territorio per nutrire la città” dice Maria Castiglioni. Il progetto ha ottenuto il sostegno diretto del Vice Sindaco Ada Lucia De Cesaris,  del Consiglio di Zona 7 e il patrocinio del Comitato Scientifico per Expo del Comune di Milano.

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Agriasilo e agrinido: vivere in maniera consapevole e sostenibile fin da piccoli

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Ognuno ha nel proprio armadietto non solo colori e quaderni, ma anche zappa, galosche e rastello per coltivare l’orto. Vediamo le proposte educative ecosostenibili degli agriasili.

Bambini che giocano con materiali naturali e costruiscono da sé i propri strumenti, piccoli chef in erba che preparano la merenda al nido con i prodotti appena raccolti nell’orto, laboratori di erbe aromatiche e di utilizzo delle farine. Ognuno ha nel proprio armadietto non solo colori e quaderni, ma anche zappa, galosche e rastello per coltivare l’orto. Queste solo alcune delle proposte didattiche dei servizi educativi infantili destinati ai bimbi da 3 mesi a 6 anni.

LEGGI ANCHE: L’obesità nei bambini si può sconfiggere nei primi dieci anni di vita

AGRISCUOLE – Pedagogia naturalebambina pianta nell'orto Una inversione di tendenza sta interessando le attività ludico-didattiche che riguardano la prima infanzia. I banchi di scuola si spostano all’aperto, nell’orto, in spazi appositi dove i bambini possono seminare, curare, raccogliere e poi mangiare gli alimenti che hanno autoprodotto. Pomodori, zucchine e piselli: tutti assaggiano con gusto e curiosità, orgogliosi di aver fatto crescere le piantine, di aver estirpato le erbe infestanti, di aver messo un lombrico nella terra o visto una coccinella posarsi nell’orto.

In classe poi le maestre insegnano ai piccoli a distinguere le piante, ad utilizzare le spezie nella maniera corretta: annusano il profumo del basilico fresco, preparano la pizza per la merenda e la condiscono con l’origano oppure impastano ciambelloni con farine integrali e zucchero di canna.

AGRINIDO ECOSOSTENIBILE – bambina raccoglie i pomodoriniI bambini da 3 mesi a 3 anni vengono incoraggiati a scoprire il mondo attraverso materiali poveri e non strutturati: giocano con carte e cartoni di tutte le forme e dimensioni, stoffe e cartelloni colorati, angoli morbidi dove rilassarsi e angoli di “vita pratica” dove sperimentare le azioni degli adulti. Tanti giochi di legno e bambole di stoffa. Ipannolini che utilizzano sono biodegradabili e vengono accolti anche quelli lavabili. Passano tanto tempo nell’orto e ad osservare le stagioni che cambiano, le rondini che vanno e vengono e gli animali che razzolano negli spazi riservati.

AGRISCUOLA DEL SAPER FARE – I bambini da 3 a 6 anni sperimentano la semina, la cura e la raccolta dei prodotti ortofrutticoli, sanno tutto sugli animali che popolano l’agriscuola, danno loro da mangiare e beneficiano del loro contatto diretto seguiti da personale esperto. Preparanoconserve con la frutta fresca e sono in grado di elencare i benefici dei fiori e delle piante. In classe seguono una programmazione didattica basata sul saper fare e saper essere e non solo sul sapere nozionistico.

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L’erba cattiva!

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Entrando al MAAM si ha la sensazione di trovarsi in uno studio di Cinecittà dove stanno girando un film di stampo neorealista. Lo spazio è vissuto e abbandonato nello stesso tempo, vecchie mura attendono di cadere, anche il tempo è sospeso. Quel che resta della ex fabbrica Fiorucci e degli animali che l’hanno attraversata con la loro anonima morte, si mischia con la vita dei 230 occupanti che sono diventati, in virtù dell’istinto di sopravvivenza, padroni del nulla.
Frotte di bambini curiosi, condannati alla libertà, animano gli enormi spazi surreali.
Scegli un posto per il tuo nido, Elena Nonnis.
Ho scelto una parete curva che precede un corridoio buio alla fine del quale c’è un cancello chiuso. L’ultimo dei posti in un posto degli ultimi. Quest’angolo può andare per il mio nido.
E adesso scendiamo a patti con lo spazio. Non c’è niente di bello, pareti sporche e marchiate a Tag dai colori accesi, l’arroganza violenta degli occupanti. E’ quasi buio e che ci faccio qui? Riprendo tutte le mie gemme da lutto e le porto via, al sicuro.
Oppure no.
Solo una prova.
Solo una prova. Poche bacchette di alluminio ricoperte di filo annodato trovano posto tra i macchinari della curva desolata. Adesso qualcuna verticale. Lo spazio chiama. Il lavoro è partito. Ora non si deve pensare, mettersi in ascolto, stare sul segno. Mi arrampico con la scala tra le pareti di filo per cercare lo spazio, per formare lo spazio. Un rifugio pronto a crollare. Sospesa tra i segni, in silenzio, quasi la felicità.
Si avvicinano i ragazzini e chiedono che sto facendo. Una capanna. Faccio una capanna per i desideri. Quando sarà finita potranno venire vicino ed esprimere un desiderio, se lo vorranno davvero col tempo si avvererà. Ho preso dei fili sottili e ho fatto un braccialetto per ogni bambino. Il braccialetto è il segno di appartenenza della tribù della capanna, la devono proteggere, sono i loro custodi. I bambini girano un po’ intorno e poi vanno via soddisfatti. Io torno alla mia capanna. Ci torno ogni giorno, appena posso. E ogni giorno il lavoro continua a crescere, si annida nello spazio fino ad assumere una forma di integrazione naturale, nasce da questo spazio che inizialmente non voleva accoglierlo, e sembra quasi che sia li da sempre, creatura ostinata, erba cattiva.

 

Elena Nonnis

 

 




Novecento a Milano

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5 foto di Tommaso Capezzone




L’agricoltura sempre più «urbana» Così il lavoro dei giovani è green

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I bandi di Regione Lazio e Comune di Roma per l’assegnazione di 430 ettari di terre pubbliche incolte agli under 40. Coldiretti: potrebbero nascere 6.500 imprese nel Lazio

L’Expo 2015 riporta in primo piano l’agricoltura e la sostenibilità territoriale. Una vera rivoluzione verde, un’ondata di ritorno alla terra sostenuta dalla crisi dell’economia che lascia a casa un giovane su due. Ma anche un’occasione per parlare in modo nuovo di agricoltura e mostrare quanto è lontana l’idea comune del contadino col cappello in testa: oggi si punta sui servizi, sulla prossimità del verde alle città e alle metropoli, alla conservazione della biodiversità. Il tutto sostenuto dalla scienza e dallo studio, fondamentale pilastro dell’agricoltura 2.0. Per anni, decenni, il lavoro nei campi è rimasto lontano dalle scelte dei ragazzi. Oggi invece le iscrizioni alle facoltà di agraria segnano il boom, e l’Istituto agrario di Roma ha triplicato il numero di iscritti negli ultimi dieci anni.

La Regione affida 330 ettari

Ed ha avuto ottimi risultati anche il bando «Terre ai giovani» per l’assegnazione di 330 ettari di terre pubbliche del Lazio. «Abbiamo ricevuto 118 domande, 118 piani aziendali – spiega Antonio Rosati, commissario straordinario Arsial- Una bella soddisfazione, anche perche’ era da 40 anni che nel Lazio, ma anche in Italia, non si mettevano a bando delle terre pubbliche per incrementare un settore, quello dell’agroalimentare, che oggi rappresenta un fattore molto importante di sviluppo».

Il bando del Comune di Roma

Una tendenza confermata anche dalla decisione del Comune di Roma di lanciare il primo bando per l’assegnazione di 100 ettari di agro romano (tutte terre pubbliche incolte) ad agricoltori under 40. Un bando che ha risposto concretamente alle richieste alla petizione lanciata su Change.org dalla cooperativa Coraggio e dalle associazioni Terra!Onlus e daSud (che aderiscono al Coordinamento Romano Accesso alla Terra) che in sole due settimane ha superato le 10.000 firme. «È un primo passo concreto per contrastare le speculazioni edilizie e ogni tipo di uso illecito del patrimonio pubblico, compresa la svendita, e che riconosce il valore dei beni comuni, soprattutto di quelli non riproducibili come la terra» affermano la cooperativa Coraggio, e le associazioni Terra!Onlus e daSud.

«L’accesso alla terra e il diritto al lavoro»

Sono quattro le prime aree (tutte comprensive di un casale e di un manufatto rurale da recuperare) che saranno assegnate ai giovani: Borghetto San Carlo, tenuta Cervelletta, tenuta Redicicoli e Tor de Cenci, per un totale di 100 ettari di terreno. «Borghetto San Carlo è il luogo simbolo che avevamo individuato per reclamare l’accesso alla terra, la tutela ambientale e il diritto al lavoro – spiegano i promotori della petizione – Il bando crea le condizioni per una gestione virtuosa che tenga conto degli squilibri sociali da ridurre, su cui un’amministrazione pubblica è chiamata a dare risposte». E l’amministrazione Marino ha promesso anche altri 500 ettari di terreni dopo l’estate.

 6.500 nuove imprese nel Lazio

L’assegnazione ai giovani delle terre pubbliche incolte è stata favorita dal governo Monti che in un decreto ha previsto la privatizzazione dei 338mila ettari di terreni agricoli di proprietà dello Stato, con la prelazione a favore degli under 40. Una legge che svecchierà l’agricoltura italiana (la più vecchia d’Europa insieme al Portogallo) e che, secondo Coldiretti, potrebbe portare alla nascita di 43 mila nuove imprese in tutta Italia e ben 130 mila nuovi posti di lavoro. Ben 6.500 aziende potrebbero crescere nel Lazio, la regione che ha le maggiori possibilità di “radicare” la sua crescita con la green economy. E non si tratta solo di coltivazioni, magari bio: le novelle aziende agricole sono “multifunzionali” e uniscono la vendita diretta alle fattorie didattiche, l’agriturismo all’asilo. Servizi alla città sempre più richiesti dalla città. L’unico problema, finora, è stato l’accesso alla terra.


CARLOTTA DE LEO (roma.corriere.it)

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Nuove opportunità nel recupero di metalli da raee

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