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Fondi Europei 2014-2020, lettera aperta al presidente Zingaretti e al sindaco Marino

foto di Aldo Feroce

foto di Aldo Feroce

Fondi Europei 2014-2020, Progettazione partecipata per lo sviluppo locale nei territori di Roma
Lettera aperta al presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti e al sindaco di Roma Capitale Ignazio Marino
La Rete Fattorie Sociali, il Forum Terzo Settore Lazio e l’Associazione IfoRD hanno organizzato il 25 giugno scorso il Convegno“Fondi Europei 2015-2020. Sperimentare il metodo della Community Led nei territori di Roma” con il Patrocinio dell’Assessorato Ambiente, Rifiuti e Agroalimentare di Roma Capitale. L’iniziativa è scaturita dall’opera di sensibilizzazione svolta dai soggetti proponenti sulla base del documento “Proposte per il Programma di Sviluppo Rurale (PSR) e per i Programmi Operativi Regionali (FESR e FSE) 2014-2020 della Regione Lazio”, inviato il 10 gennaio 2014 al Presidente della Regione Lazio, Nicola Zingaretti.

 

Hanno partecipato all’incontro circa duecento persone impegnate, a diverso titolo, in percorsi partecipativi e partenariati locali che vedono al centro la tutela e la valorizzazione di ecosistemi agricoli, l’agricoltura sociale, la creazione artistica e culturale anche mediante l’utilizzo di tecnologie digitali emergenti, per consolidare la resilienza urbana e perseguire lo sviluppo sostenibile.

Tutti gli intervenuti hanno condiviso l’esigenza di cogliere le opportunità della programmazione dei Fondi Strutturali e d’Investimento Europei (SIE) 2014-2020 e, in particolare, i vantaggi per i territori di Roma derivanti dal metodo della progettazione partecipativa dal basso.

Finora siffatto approccio è stato previsto esclusivamente per i territori rurali. Con il nuovo ciclo di programmazione, la Regione Lazio può decidere di estendere tale metodo anche ai territori urbani dando la possibilità a partenariati pubblico-privati locali di elaborare piani di azioni locali che utilizzino contestualmente i diversi Fondi Europei.

Dal dibattito viene confermata la richiesta alla Regione Lazio di compiere in modo netto tale scelta. Valorizzando la funzione sociale e terapeutico-riabilitativa delle attività agricole che si svolgono nella campagna romana e promuovendo collaborazioni e integrazioni tra soggetti pubblici e privati operanti nei differenti settori, si potranno tenere insieme innovazione, sostenibilità ambientale e inclusione sociale e fare in modo che l’agricoltura urbana dia vita a nuovi modelli di welfare produttivo.

Dal Convegno è uscita consolidata l’idea che il territorio metropolitano di Roma non sia più contrassegnato distintamente da città e campagna, ma da un continuum urbano-rurale, da una rurbanizzazione che è frutto di un tessuto sociale dinamico come molteplicità dialettica di sistemi, reattiva e policentrica.

Le agricolture civili (fattorie sociali, orti urbani, gruppi di acquisto solidali, mercati agricoli di vendita, comunità di cibo, ecc.) con le loro istanze e le loro esperienze diversificate devono candidarsi ad assumere un ruolo di cerniera e di saldatura di un territorio che soltanto una mentalità con gli occhi rivolti al passato riesce ancora a scansionare in mondo urbano e rurale collocandoli in contrapposizione, quando invece sono sempre più evidenti le confluenze e le intersezioni.

Da siffatta constatazione deriva il convincimento – sempre più condiviso anche nella comunità scientifica – che sia ormai impossibile programmare e pianificare la città-territorio con gli strumenti che abbiamo utilizzato finora.

Occorrono, invece, percorsi di progettazione ad alta risoluzione capaci di mobilitare le comunità locali, cioè i soggetti e i gruppi che le compongono, senza più separarli per categorie e ingabbiarli in determinati interessi specifici. Si tratta di cogliere la molteplicità e, nel contempo, l’unitarietà dei bisogni degli individui, ricomponendone i frammenti. Anche i luoghi dell’abitare non sono più spazi chiusi, ma ogni edificio o spazio tende a trasformarsi in luogo polivalente, inglobando diverse funzioni nel legarsi ad altri edifici e ad altri spazi.

Solo in tali percorsi le persone che vivono ai margini della società e prive di rappresentanza non saranno considerate un mondo a parte, ma persone come tutte le altre che hanno bisogni identici a quelli espressi dalle altre. Bisogna mettere a disposizione di tutti le opportunità per prendere coscienza di se stessi come individui e poter procedere alla propria liberazione.

Per ricostituire nelle diverse polarità di Roma le comunità-territorio e per fare in modo che queste possano meglio cogliere le opportunità della globalizzazione, bisognerebbe accompagnarle ad acquisire la capacità di autorappresentarsi e di costruire la propria immagine.

Si tratta di esaltare la diversità e il pluralismo, ricercando le sinergie e le complementarità, ma partendo da una forte capacità delle comunità-territorio di avere una chiara percezione di sé, per fare in modo che gli scambi culturali ed economici con altre comunità-territorio del mondo globale siano reciprocamente arricchenti e improntati ad una relazionalità collaborativa.

Le arti e le tecnologie dell’informazione e della comunicazione possono alimentare la capacità delle reti locali di costruire in modo creativo la propria immagine e di riscoprire in modo permanente il “Genius loci” come processo culturale di autocoscienza e di apertura agli altri.

Andrebbe predisposta una mappa dei percorsi partecipativi “dal basso”, in cui si integrano obiettivi di sviluppo sostenibile, inclusione sociale, tutela e valorizzazione delle risorse agricole e paesaggistiche, rigenerazione urbana, riconversione ecologica, e delle azioni riguardanti la promozione dell’agricoltura sociale e la gestione dei rifiuti per riciclaggio e riuso.

Successivamente, si potrebbe investire in “metodo d’azione”. Si tratta di proiettarsi come strumento di accompagnamento e supporto dei processi di sviluppo locale partecipativo nei diversi territori, fungendo da collante tra soggetti pubblici e privati e tra soggetti di settori diversi, nonché da “agente federatore” dei progetti, per favorire lo scambio di buone pratiche, approfondire tematiche comuni e sperimentare percorsi di ricerca-azione.

L’idea di una “federazione di progetti di sviluppo locale” potrebbe facilitare la costruzione di un comune senso del metodo d’azione, per affrontare e interpretare in modo collettivo il tema dell’inclusione sociale per fasce di popolazione più deboli e per aree e quartieri più disagiati, pur nella diversità delle soluzioni concrete.

Per fare in modo che si pervenga ad un “metodo d’azione” efficace, i progetti di ricerca-azione dovrebbero imperniarsi attorno a quesiti conoscitivi e svilupparsi con l’intento di elaborare soluzioni operative su determinati temi che non risultino ancora sufficientemente affrontati sul piano della ricerca socio-economica.

L’”agente federatore” andrebbe costruito sulle competenze e sulla partecipazione affinché possa essere il più possibile includente delle varie, variegate e differenti esperienze territoriali. Esso dovrebbe costruire i suoi istituti: i luoghi dove attivare la ricerca, il confronto, la sperimentazione e la formazione.

L’”agente federatore” dovrebbe far circolare i patrimoni diversi di esperienze e di conoscenze che mutualmente si arricchiscono. Ma esso dovrebbe incontrare anche gli spazi già esistenti (ad es. la pianificazione zonale, asse portante della Legge 328/2000 in materia sociale e sanitaria) come terreno importante su cui innestare l’innovazione.

In attesa della costituzione della Città Metropolitana di Roma Capitale, è necessario considerare i territori di Roma in base alla loro effettiva capacità di aggregarsi, indipendentemente dai confini amministrativi, e salvaguardare le aree di pregio in ambiti intercomunali, come è il caso dell’intera area archeologica dell’Appia Antica e dell’Antica Bovillae.

La Programmazione dei Fondi Strutturali Europei 2014-2020 considera le città una priorità strategica, l’inclusione sociale per segmenti di popolazione più fragili e per aree e quartieri disagiati un ambito prioritario di interventi e, infine, l’adozione del Community-led Local Development (CLLD) una scelta da privilegiare.

Un segnale importante da raccogliere positivamente è l’obbligo di destinare almeno il 20% delle risorse del FSE (Fondo Sociale Europeo) alle azioni per l’inclusione sociale e la lotta alla povertà, almeno il 20% delle risorse del FESR (Fondo Europeo di Sviluppo Regionale) per investimenti che favoriscono la transizione verso un’economia a basse emissioni di carbonio ed almeno il 30% delle risorse del FEASR (Fondo Europeo Agricolo per lo Sviluppo Rurale) alle misure di investimento per finalità connesse all’ambiente e al clima.

La novità più significativa che si riscontra negli atti approvati dall’Unione Europea riguarda la più stretta integrazione dei fondi strutturali, cioè dei fondi regionali (FESR e FSE), con quelli per lo sviluppo rurale (FEASR).

Innanzitutto, la ripartizione degli obiettivi tra i diversi fondi è formulata in modo tale da favorire sinergie e collegamenti. Un esempio concreto è rappresentato dall’obiettivo 3 (Integrazione sociale e lotta alla povertà) del FSE e dall’obiettivo 6 (Inclusione sociale e sviluppo aree rurali) del FEASR, la cui sinergia permetterebbe di intervenire in modo efficace nella promozione dell’agricoltura sociale.
Per quanto riguarda la creazione artistica legata all’utilizzo di nuove tecnologie e la tutela e valorizzazione dei beni ambientali e culturali, taluni obiettivi di fondi diversi potrebbero integrarsi non solo tra di loro ma anche con gli obiettivi del Sottoprogramma Cultura di Europa Creativa 2014-2020, acquisendo la definizione dei “settori culturali” ivi contenuta, i cui bandi sono già aperti.

Un altro aspetto rilevante del Quadro Comunitario di Sostegno è poi la riproposizione dell’approccio Leader, non più limitato al solo sviluppo rurale, ma che viene esteso anche a FSE e FESR mediante l’introduzione del CLLD.

Infine, va segnalato il salto di qualità che il nuovo ciclo di programmazione compie nella politica della ricerca. In linea con l’iniziativa Innovation Union, l’innovazione è concepita come creazione di nuove idee (prodotti, servizi e modelli) capaci di incontrare in maniera più efficace bisogni sociali e, allo stesso tempo, promuovere nuove relazioni sociali o nuove collaborazioni. In sostanza, la produzione dell’innovazione diventa una sorta di pratica sociale, collettiva, in cui l’utilizzatore finale non solo condivide ma propone la forma dell’innovazione. Si potranno costituire European Innovation Partnerships (EIP) e Operational Groups(OG) tematici, proprio con lo scopo di far convergere politiche e risorse sull’obiettivo dell’innovazione.

Alcune scelte prioritarie per Roma Capitale

Le importanti novità contenute nei documenti di programmazione dell’Unione Europea e nell’Accordo di Partenariato sono un’opportunità per Roma Capitale che, nei passati cicli di programmazione, non ha potuto giovarsi di strumenti di intervento idonei per lo sviluppo dei propri territori. Tali novità potranno, tuttavia, tradursi in realizzazioni a patto che gli atti regionali di programmazione siano elaborati con un forte approccio all’integrazione tra i fondi strutturali e mediante una collaborazione/condivisione tra i diversi assessorati sia a livello regionale che a livello comunale.
I temi prioritari che andrebbero affrontati nei documenti che la Regione Lazio sta predisponendo sono i seguenti:

1. Innovazione. Prevedere nel PSR e nei POR il finanziamento di azioni che permettano agli attori locali di partecipare da protagonisti a network innovativi legati al Programma Horizon 2020, per fare in modo che la definizione degli obiettivi specifici dei progetti di ricerca sia orientata dai bisogni reali delle comunità locali e che il trasferimento dei risultati produca effettivamente innovazione e sviluppo nei territori.

2. Inclusione sociale e lotta alla povertà. Riservare una quota non inferiore al 30 per cento delle risorse finanziarie del POR FSE all’obiettivo “Promozione dell’inclusione sociale e lotta alla povertà”. Nell’ambito di detto obiettivo, finalizzare una serie di azioni alla promozione dell’agricoltura sociale e del turismo sociale nei territori rurali.

3. Agricoltura sociale e turismo sociale. Prevedere nel PSR azioni che sostengano non solo gli investimenti materiali (ristrutturazione fabbricati e acquisto attrezzature) ma anche quelli immateriali da parte delle fattorie sociali. In particolare, occorrerebbe sostenere la formazione degli operatori (imprenditori agricoli, educatori, psicologi, psicoterapeuti); la creazione e il sostegno di servizi sociali alla persona e al territorio anche mediante l’impiego temporaneo di figure professionali non agricole; l’inserimento socio-lavorativo di persone svantaggiate anche mediante l’utilizzo di borse lavoro, tirocini, ecc. Prevedere nel PSR azioni che sostengano la creazione di reti locali e filiere di agricoltura sociale (attività promozionali per i servizi sociali e per i prodotti agricoli aziendali, servizi di commercializzazione dei prodotti agricoli aziendali) e di turismo sociale. Prevedere nel POR FSE azioni che concorrano al finanziamento degli investimenti materiali e immateriali, da parte delle fattorie sociali, di altre strutture terapeutiche e riabilitative che utilizzano risorse agricole e di imprese sociali operanti nel turismo rurale. Per le fattorie sociali prevedere procedure di accesso ai finanziamenti del PSR e del POR FSE mediante la presentazione di progetti integrati aziendali o interaziendali.

4. Agenda digitale. Prevedere azioni del PSR e del POR FESR per sviluppare applicazioni e servizi ICT nell’ambito di progetti integrati, in aree rurali e periurbane, che riguardino lo sviluppo di attività culturali e artistiche legate alle tecnologie digitali emergenti, finalizzate anche ad accrescere le capacità dei soggetti locali e delle comunità-territorio di autoraccontarsi. Nell’ambito della progettazione di Smart rural areas, legare l’utilizzo di tecnologie emergenti (come 3 D printing) all’artigianato artistico e ad altre attività culturali e creative.

5. Tutela dell’ambiente e valorizzazione delle risorse culturali e naturali. Nei parchi, nelle aree protette e in altri attrattori culturali e naturali, prevedere azioni del PSR e dei POR (FSE e FESR) che sostengano l’integrazione intersettoriale delle filiere culturali, creative, dello spettacolo e dell’artigianato artistico con le attività produttive tradizionali, mediante il supporto all’aggregazione dei soggetti, la promozione e il consolidamento dell’offerta integrata di risorse culturali e naturali, la costruzione di un prodotto turistico unitario e la formazione per elevare le competenze e la qualificazione del capitale umano per la gestione di servizi e sistemi innovativi. Gli orti e i giardini condivisi, realizzati e gestiti dai cittadini riuniti intorno ad un progetto comune per rendere migliore il loro quartiere, possono essere il fulcro di una comunità, delineando nuovi modi di vivere la città, e incrementare la biodiversità.

6. Istruzione e formazione. Prevedere azioni finalizzate a sostenere percorsi formativi volti ad acquisire competenze nelle attività di animazione territoriale, di aggregazione di soggetti imprenditoriali e di trasferimento delle innovazioni.

7. Poli Urbani. Estendere anche ai Poli Urbani (aree agricole periurbane) le azioni del PSR relative all’Obiettivo “Inclusione sociale e sviluppo dei territori rurali” e in particolare alla promozione dell’agricoltura sociale.

8. Gruppi di Azione Locale Plurifondo. Garantire la partecipazione di Roma Capitale nel Comitato tecnico regionale per l’attuazione dell’intervento Community-Led e prevedere anche nei Poli Urbani la possibilità di costituire GAL ed elaborare PdA che utilizzino contestualmente le azioni del PSR e dei POR (FSE e FESR).

9. Città resiliente. I cambiamenti climatici rappresentano una delle principali sfide per il governo delle città. Bisogna pianificare e attuare le misure necessarie ad aumentare la resilienza delle aree urbane e periurbane, intervenendo sugli edifici, sulle infrastrutture e sugli spazi verdi con iniziative che coinvolgano le comunità locali.

Entro il 22 luglio prossimo dovranno essere presentati alla Commissione Europea i Programmi operativi dei diversi Fondi. Vi è, dunque, il tempo sufficiente per introdurre nei documenti di programmazione che la Regione Lazio sta predisponendo le scelte necessarie che permetterebbero ai territori di Roma di cogliere le opportunità dei finanziamenti europei.

Finora i soggetti proponenti non sono riusciti ad interloquire con la Regione Lazio nonostante avessero inviato, già dal 10 gennaio scorso, le proprie proposte.

Non è superfluo, pertanto, ricordare che i regolamenti comunitari riguardanti la programmazione dei fondi europei obbligano gli Stati membri e le Regioni ad ascoltare le istanze della Società Civile e, nel contempo, invitano espressamente la medesima Società Civile ad esercitare il diritto-dovere di svolgere la funzione di proposta e di sollecitazione nei confronti delle Istituzioni.

Marco Berardo Di Stefano – Presidente Rete Fattorie Sociali
Gianni Palumbo – Portavoce Forum Terzo Settore Lazio
Massimo Leone – Presidente IfoRD




Pittori anonimi del Trullo: alcune foto

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UN TOCCO DI COLORE

UN COLPO DI RAMAZZA

AL TRULLO NON CAMBIAMO QUARTIERE.

CAMBIAMO IL QUARTIERE PER CHI CI VIVE PER CHI CI PASSA x me x te x loro x tutt 2https://www.facebook.com/pages/Pittori-Anonimi-Trullo/1475527179342965?fref=ts

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Ecco perché si è costituito l’Istituto Italiano Open Data

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C’è un grande potenziale da sfruttare, anche per le aziende. Come dimostrano numerosi casi europei e americani. L’Italia ora può unirsi a questa schiera. Vediamo come

Naturale conseguenza di un percorso iniziato nel febbraio 2013 con la prima edizione italiana dell’International Open Data Day, la costituzione dell’Istituto Italiano Open Data, avvenuta a maggio, da parte di associazioni, imprese private e aziende pubbliche, è un passo importante per lo sviluppo di quest’area dalle grandi potenzialità in diversi settori, dalla trasparenza delle pubbliche amministrazioni all’efficienza dei processi pubblici al mercato del digitale.

Alcune brevi riflessioni su questi fronti possono aiutare a comprendere quando sia urgente ridare spinta ad una strategia che era stata avviata nel 2012 con il decreto Crescita 2.0, ma che non ha proceduto con la necessaria forza e rapidità.

Trasparenza ed efficienza

Open Data è spesso utilizzato come sinonimo di dati accessibili in una logica di piena trasparenza, in qualche modo limitandone la portata. Anche  nei punti enunciati dal governo per la riforma della PA, che pur mette in evidenza l’importanza dell’apertura dei dati, una sezione è dedicata a “Gli Open Data come strumento di trasparenza. Semplificazione e digitalizzazione dei servizi” e non “Gli Open Data come strumento di trasparenza, semplificazione e digitalizzazione dei servizi”.  Eppure è proprio così, come diverse risposte dei dipendenti pubblici hanno rilevato: realizzare la produzione di dati in formato aperto è sostenibile economicamente nel tempo soltanto se si passa attraverso una profonda revisione dei processi e quindi anche delle soluzioni per la loro digitalizzazione. In questo senso, l’intervento sugli open data non può che correlarsi con azioni atte a migliorare interoperabilità ed efficienza della digitalizzazione dei processi organizzativi, sfruttando al contempo i feedback dagli utilizzatori dei dati per migliorarne la qualità (e, di conseguenza, rivedendo e migliorando la qualità dei processi). Per la pubblica amministrazione, l’efficienza va coniugata a monte con gli interventi sulla trasparenza, non ricercata a valle. E trasparenza, oggi, vuol dire soprattutto Open Data.

Come deriva dalle riflessioni di Gianluigi Cogo, infatti, la pubblicazione di documenti in formato PDF (o, peggio, immagine) determina una situazione in cui diventa praticamente impossibile per i cittadini andare “oltre” il documento, passando ad un’analisi dei dati contenuti, incrociati con altri dati o provenienti da altre amministrazioni. Ed è lo stesso principio di “trasparenza” che rischia di venir meno. Allo stesso modo diventa impedimento la disponibilità parziale dei dati (come ad esempio l’informazione sui beneficiari delle spese pubbliche, quasi mai presente).

Purtroppo, nonostante il principio dell’Open Data by default sia stato introdotto per legge (sempre nel decreto Crescita 2.0 del 2012), il livello di attuazione è ancora estremamente basso e molto lasciato alla buona volontà della singola amministrazione. Nei termini esposti dall’AgID, il rapporto sullo stato di valorizzazione del patrimonio pubblico rispetto alla pubblicazione dei dati in formato aperto “evidenzia come in termini di qualità e di riutilizzo/valore economico la situazione italiana sia molto frammentata con poche realtà virtuose e tante ancora molto lontane dal raggiungimento di tali obiettivi”.

L’opportunità per le imprese

Siamo certamente nell’epoca dei dati, in cui è fondamentale la capacità di gestirli e di analizzarli per prendere decisioni (da quelle quotidiane e operative a quelle strategiche). Gli open data possono rappresentare, in questo contesto, una formidabile materia prima per lo sviluppo.

Non è un caso che McKinsey abbia stimato in 3 trilioni di dollari l’anno il business che può essere sviluppato sugli open data, di cui ben 900 miliardi di dollari nella sola Europa, dove si può stimare un tasso di crescita annuo del 7%.  In particolare i dati geospaziali possono svolgere un ruolo fondamentale (la stima per il Regno Unito è di 13 milioni di sterline l’anno per il 2016), ma anche i dati meteo aperti possono supportare lo sviluppo di un business applicativo significativo, di almeno 1,5 miliardi di dollari negli USA. Se si considera anche l’indotto derivato dalla disponibilità di dati meteo più accurati, la stima basata sull’analisi di siti comeWeather.com è di circa 15 miliardi di dollari tra prodotti e servizi.

L’effervescenza del mercato già inizia a essere consistente, dove si è operata una spinta strategica significativa. Ma nonostante lo sviluppo sia rilevante (dal 2009 al 2013 le iniziative sugli open data a livello internazionale sono passate da 2 a oltre 300) c’è ancora molta strada da fare. Alcuni esempi:

  • sono poco più di 40 i Paesi che si sono dotati di portali Open Data;
  • dei 77 paesi analizzati dall’Open Data Barometer, solo il 55% ha qualche  iniziativa di Open Government Data;
  • solo il 7% dei dataset presenti nel sito statunitense data.gov è sia “leggibile da macchina” sia sotto licenza aperta.

In Europa i Paesi più attivi sono Regno Unito, Svezia e Norvegia, mentre oltre oceano sono gli Stati Uniti ad avere intrapreso con decisione la strada dello sviluppo del business con gli open data. E per far questo, la strategia scelta passa attraverso alcune iniziative chiave, come l’analisi di impatto realizzata nell’ambito didata.gov, con l’approfondimento del modello di business e delle soluzioni innovative applicate ai diversi campi dell’istruzione, dei trasporti, dell’energia, della finanza, dei prodotti di consumo, dei servizi in generale (con esempi come Porch.com nel campo delle costruzioni o iTriage nel settore della salute); o dell’iniziativaGovLab da parte dell’università di New York, che ha censito 500 aziende che utilizzano i dati aperti governativi in modo innovativo, per analizzarle e poter dare suggerimenti sui modelli più efficaci su questo tipo di business. In questo contesto è anche la recente costituzione dell’Istituto Open Data statunitense, ispirato sempre al riferimento internazionale principale, l’Open Data Institute (ODI) fondato da Tim Berners-Lee.

Ed è chiaro così che i benefici degli open data vanno oltre una maggiore trasparenza e una partecipazione civica rivitalizzata. “L’impatto degli open data è enorme” ha di recente affermato Erie Meyer, esponente dell’Office of Science and Technology Policy del governo statunitense, “e, quanto più continuiamo a rendere i dati più facili da usare e condividere, quanto più le imprese possono battere sui dati in modi innovativi e farne beneficiare gli americani.”

E quindi, l’Istituto Italiano Open Data

Su questo solco è anche l’iniziativa dell’Istituto Italiano Open Data, ispirata anch’essa all’ODI, ma nata interamente in un ambito di associazioni e imprese e quindi con una maggiore propensione all’obiettivo dello sviluppo del business. L’Istituto, infatti, si configura come rete di associazioni, organizzazioni, enti, gruppi e persone singole, e vuole avere la duplice funzione di catalizzatore di energie e capacità e di raccordo tra i diversi protagonisti  sugli open data, per favorire l’incontro tra domanda e offerta, lo scambio e lacondivisione di pratiche, strumenti, tecnologie, la valorizzazione degli open data come opportunità di crescita economica.

Verso le organizzazioni governative, in primo luogo AgID e FormezPA, l’Istituto si propone come risorsa di supporto e confronto nella formazione delle politiche sugli open data e nella loro attuazione, oltre che per favorire l’incontro con le associazioni, le imprese, i cittadini.

Tante le attività che l’Istituto sta pianificando, dalla definizione delle modalità di collaborazione con organizzazioni pubbliche e centri di ricerca e universitari, ad iniziative di formazione e sensibilizzazionesul territorio, all’istituzione di un Osservatorio finalizzato a monitorare  lo stato e la qualità di attuazione degli Open Data nella realtà italiana  e fornire anche feedback e proposte agli organi istituzionali di riferimento (Comuni, Regioni, Governo ), sulla base delle esperienze già presenti di valutazione.

Seguendo la logica che deve informare tutte le iniziative di sviluppo e di crescita, soprattutto nelle politiche dell’innovazione: fare rete, mettendo a sistema le eccellenze che già ci sono, valorizzando le competenze già presenti, sfruttando l’enorme potenziale del riuso e della condivisione, è l’unica strategia possibile.

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Nello Iacono (agendadigitale.eu)

 




Il suono dei tulipani

Ci sono diversi modi con i quali raccontare il cambiamento sociale. Comune-info ha scelto una periferia, un gruppo di bizzarri giardinieri e una indisciplinata streetband. Il racconto di cosa hanno combinato è in questo reportage.

Corviale, Roma. È domenica 7 ottobre e sono da poco passate le tre del pomeriggio. Un’auto rallenta in via Poggio del Verde, la strada che circonda il Serpentone di palazzi più noto di Roma. Dal finestrino una voce timidamente chiede dov’è il giardino dei tulipani. Il passaparola on line e i volantini attaccati ai pali della luce nel quartiere hanno dunque funzionato. Del resto oggi non è un giorno qualsiasi, ma l’International Tulip Guerrilla Gardening Day.

I tulipani sono semplici da piantare e non vogliono troppe cure, hanno fatto sapere i Giardinieri sovversivi, il gruppo di guerrilla gardening promotore della giornata di festa. Per questo potranno crescere spontaneamente e fiorire la prossima primavera. L’appuntamento è sotto il ponte pedonale a metà del Serpentone, «con bulbi di tulipani e palette». C’è anche la Titubanda. Si sente e si vede.

Il cielo è grigio come i palazzoni di questa periferia. Ma un lampo di musica e fiori sta per colorare improvvisamente il quartiere. Cominciano quelli della Titubanda: hanno quasi quindici anni alle spalle di presenza vagante e autogestita nelle strade di Roma, fuori da ogni logica di profitto. In fondo oggi si sentono a loro agio e alla loro passione festaiola è difficile resistere. Lo dimostra la passeggiata nel serpentone fino alle scalinate di un anfiteatro che qui hanno visto utilizzare solo un’estate, per qualche giorno, alcuni anni fa. La maggior parte dei citofoni dei palazzi sono rotti oppure senza nome. La vita dei los de abajo è la storia dei senza nome. Per far sapere della festa, non potendo citofonare, meglio un po’ di musica. Qualcuno si affaccia dal balcone attirato dalle note di questa stravagante fanfara, una mamma con la figlia in braccio comincia a muoversi lentamente dietro la finestra al ritmo della musica, alcuni bambini strillano e salutano dietro i panni stesi.

La signora Maria dice di aver letto il volantino. Una cosa del genere, lei che vive a Corviale da diciannove anni con due figli, non l’aveva mai vista. «I ragazzi sono sempre in casa, qui non c’è mai nulla da fare». Aldo invece ha un’eta indefinibile e passa molto tempo in strada. Dice di aver suonato con i Pink Floyd e con i Genesis, ma che ora si esibisce solo in un centro commerciale. Adora la musica. È cresciuto a Corviale e vive da solo con la madre anziana, il cui unico pensiero oggi è chi si prenderà cura di Aldo e della sua disabilità tra qualche anno. Ma oggi per fortuna c’è una strana festa a cui pensare e Aldo è proprio contento di seguire giardinieri e musicanti.

Marco invece ha undici anni, un pallone tra i piedi e una maglietta giallorossa troppo stretta per il suo pancione. Oggi è piuttosto contento per tre buone ragioni: si è potuto svegliare tardi, non ha mai visto una banda suonare a Corviale, la sua Roma ha vinto due a zero. Quando la passeggiata della Titubanda si conclude arrivano le zappe, i rastrelli e le palette. I vasi con i tulipani e altri fiori da seminare sono state regalati da alcuni vivai e dai cittadini di NoPup, con i quali Giardinieri sovversivi hanno promosso il giorno prima un’iniziativa in viale Leonardo Da Vinci (contro il Piano urbano parcheggi approvato dal Comune). Un’economia del dono che fa molto bene alla città e poco al suo Pil. Intanto, diversi infilano i guanti, si comincia. Tra loro c’è anche Elvira che ha dodici anni e non ha mai avuto tra le mani una zappa. L’afferra, sorride e un po’ impacciata guarda la nonna mentre inizia a scavare.

Giardinieri sovversivi è composto da uno zoccolo duro di circa venti persone. Lo scorso anno, in occasione della giornata nazionale di guerrilla gardening promossa insieme a Badili badola di Torino, Roma ha visto altre persone munirsi di rastrelli, come alcuni gruppi di studenti di architettura e altri già impegnati con gli orti urbani. Emulazione e contagio sono i modi con i quali in tutto il mondo si moltiplicano esperienze di questo tipo. L’obiettivo non è solo recuperare spazi di verde ma, prima di tutto, ricomporre legami sociali, pensare e sperimentare una città diversa.

A Roma i primi appuntamenti sono nati due anni fa, l’ultima domenica del mese. Era la Critical gardening. Il desiderio di formarsi un po’ con i saperi della botanica ha convinto i giardinieri a programmare meno azioni ma più curate, creative e in periferia: a Tor Bella Monaca, ad esempio, con i ragazzi del Cubo libro, e a Tor Pignattara, sotto l’acquedotto Alessandrino. Oppure al Pigneto, dove quelli del Forte Fanfulla hanno portato avanti nel tempo quanto cominciato da Giardinieri sovversivi, prendendosi cura di alcune aiuole, mentre i promotori di Fermento di terra hanno avviato un orto urbano. Come dire, la crepa aperta con rastrelli e bulbi ha generato in poco tempo un circuito virtuoso di relazioni sociali e di cura del territorio.

«A Corviale abbiamo scelto di seminare in un pezzo di prato accanto al parchetto giochi – dice Vanessa – Per i bambini e i loro nonni sarà più facile difendere e curare questo piccolo giardino. E lasceremo qualche cartello per raccontare chi e perché ha piantato questi fiori». Sulle panchine del parchetto, cioè due altalene e uno scivolo, sono seduti alcuni anziani. Anna ascolta la Titubanda e commenta: «Mai vista una cosa del genere. Neanche la parrocchia fa più qualcosa. Perfino la processione ora ha smesso di passare sotto i palazzi». Una ragazza intanto legge Apocalypse Baby di Virginie Despentes, noir on the road tutto al femminile ambientato tra le adolescenti e lo squallore di alcuni sobborghi della periferia parigina.

«Chi non ha una zappa a disposizione può sempre ballare oppure bere un bicchiere di vino rosso», dice una ragazza della Titubanda durante una sosta. «Una volta zappando abbiamo trovato un cellulare», racconta Mario, maglietta nera con il pugno verde disegnato sopra la scritta Giardinieri sovversivi. Isabella invece scatta qualche foto. Alcuni cani sdraiati, tra cui Petra, giardiniera sovversiva a quattro zampe, sembrano apprezzare la musica e la compagnia.

Sulla piccola staccionata di protezione del giardino, un paio di scritte colorate avvertono: «Tulipani», «I fiori non si rubano». A carponi, rovistando nella terra, i giardinieri, diversi per età e sensibilità culturali, si lasciano alle spalle il ritmo convulso della quotidianità moderna, il grigio delle periferie. Hanno trovato il tempo per conversare tra loro. Scrive Richard Reynolds, considerato uno dei promotori del movimento internazionale della guerrilla gardening: «Scavare l’uno accanto all’altro, mettere una pianta in un vaso, discutere la posizione dei fiori, condividere la scarsità delle cazzuole, sono compiti ordinari di giardinaggio che diventano occasioni di conversazione. E ragioni per ricomporre legami con le persone e con i luoghi in cui viviamo…». Giardini e relazioni diverse crescono lentamente insieme, lontano dalle logiche di mercato, perfino in periferia. Germogli di una città diversa.

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Assemblea capitolina, approvata la delibera per la realizzazione di 26 progetti: C’E’ IL PALAZZETTO DI CORVIALE

palazzettoAl via il primo grande stanziamento per Roma, che permetterà la realizzazione di opere preziose per la città. L’Assemblea capitolina ha approvato – con 26 voti favorevoli, 2 contrari e 4 astenuti – la delibera che dà il via alla realizzazione di 26 progetti.
Grazie alla rimodulazione dei fondi della legge Roma Capitale 396/90, ottenuto con un lavoro attento e condiviso dell’Amministrazione capitolina, si sono recuperati 38 milioni di euro.

 
Ai finanziamenti recuperati della legge 396/90, si è poi aggiunto un fondo di circa 1,5 milioni della Soprintendenza di Stato sui Beni culturali, inizialmente destinato ad altri interventi.
Dal 1992 il governo eroga finanziamenti per Roma Capitale tramite la legge 396/90, l’ultimo stanziamento risale alla finanziaria 2007. Le risorse sono servite a finanziare 148 interventi, tra cui grandi opere come l’Auditorium Parco della Musica, la progettazione della linea Metro C e del prolungamento della linea B, il miglioramento della linea tramviaria 8, il restauro di parte del Mattatoio di Testaccio.
Dopo numerose rimodulazioni dei fondi residui avvenute nella scorsa consiliatura comunale, che ha definanziato programmi di spesa per 88,7 milioni di euro, la commissione Roma Capitale ha effettuato una ricognizione delle opere immediatamente cantierabili. Sono stati individuati 74 progetti per un valore complessivo di 325 milioni di euro. La selezione definitiva, basata sui criteri delle opere realizzabili e delle economie di gara d’appalto, ha proceduto ad una scrematura finale in favore di 26 progetti riguardanti il decoro urbano, la viabilità, i beni archeologici.

 

Il sindaco Ignazio Marino ha così commentato la decisione: “E’ un risultato importantissimo per il futuro della città.  Voglio ringraziare il Consiglio e in particolare la commissione Roma Capitale, guidata da Gianni Paris, che con un lavoro straordinario è riuscita a recuperare uno stanziamento di circa 38 milioni di euro, prima bloccati, che serviranno a realizzare opere preziose per la tutela dei beni archeologici, il decoro, le periferie, la mobilità.
Interventi fondamentali che, grazie al recupero di fondi che rischiavano di andare perduti, potranno essere immediatamente cantierabili. Tra questi la riqualificazione di piazza Augusto Imperatore, gli scavi al Mausoleo di Augusto, il restauro delle Mura Aureliane, la valorizzazione delle ville romane del Parco di Centocelle e il cofinanziamento della Prenestina Bis. In questo modo, daremo nuovo ossigeno alle piccole e medie imprese di Roma.
Il risultato raggiunto oggi testimonia l’impegno di questa amministrazione per assicurare a Roma una azione di cambiamento e rigenerazione urbana all’altezza delle altre Capitali europee.”
La stessa soddisfazione per “il recupero e la rimodulazione di fondi immediatamente spendibili, non sottoposti a patto di stabilità, un tesoretto che altrimenti sarebbe andato perduto” è stata espressa anche da Mirko Coratti, presidente dell’Assemblea capitolina.
Rispetto alle opere che verranno realizzate, l’assessore capitolino ai Lavori Pubblici, Paolo Masini, ha detto “Queste opere danno dignità ad un pezzo di città che nel passato è stato dimenticato. È un bel segnale perché gli interventi riguardano anche le periferie».

26 progetti per Roma

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Il quotidiano di oggi

REPUBBLICACome ogni mattina, da quando è uscito il primo numero, comincio la mia giornata con la lettura della Repubblica. Perché vi racconto questo e che c’azzecca questo mio tic con Corviale? C’azzecca perchè se non si saltano le pagine che sembrano vuoti riempitivi del “giornale panino” si scoprono un sacco di notizie interessanti per il progetto di Corviale.

Stamattina ne ho trovate 2 :

la prima :

la riforma della scuola delineata dal governo Renzi prevede l’apertura degli edifici fino alle 10 di sera con attività culturali, sportive, sociali, associazionistiche :

IMMAGINATE COSA SI POTREBBE ORGANIZZARE NELLE SCUOLE DI CORVIALE  CON TUTTE LE ATTIVITA’ CULTURALI, SPORTIVE, SOCIALI CHE GIA’ CI SONO UNA VOLTA APERTI ALLE ASSOCIAZIONI GLI SPAZI SCOLASTICI ?

la seconda :

“home restaurant” : < appassionati di cucina che propongono … le loro specialità cucinando nella propria abitazione … l’ultima tendenza del “social eating” >

IMMAGINATE UN UTILIZZO ALTERNATIVO DEI GRANDI SPAZI, ORMAI SOVRABBONDANTI PER DIMINUZIONE DEI NUCLEI FAMILIARI DEGLI ABITANTI DEL PALAZZONE, PER OFFRIRE UNA LOCATION PARTICOLARE A CENE SOCIALI CON VISTA SUL VERDE DEL QUADRANTE ( PER NON PARLARE DI QUELLO CHE SI POTREBBE ORGANIZZARE D’ESTATE SUL TETTO PIU’ GRANDE DEL MONDO ? )

Tommaso Capezzone

scuole aperte

home restaurant

 




Salva la data > 3 luglio > Architettura e servizi socio-assistenziali

locandinaIl Dipartimento di Architettura e Progetto della Sapienza Università di Roma organizza a Corviale il  convegno internazionale  Architettura e servizi socio-assistenziali contemporanei nella sala del consiglio  Municipale,  il giorno 3 luglio 2014 alle ore 15.00.  

Il convegno costituisce l’evento conclusivo di un  progetto di ricerca coordinato dal nostro Dipartimento in collaborazione con la Regione Lazio-Dipartimento Politiche Sociali e Sport, finalizzato a  innovare le strutture che ospitano i servizi socio-assistenziali della regione. 

Si tratta di spazi dove vengono quotidianamente assistiti minori, adulti con disabilità, anziani, persone con problematiche psico-sociali o affette da patologie invalidanti, donne in difficoltà, immigrati, etc. 

Il convegno vuole rappresentare una occasione di confronto scientifico e istituzionale  sul ruolo urbano dei servizi socio-assistenziali quali  “condensatori sociali”, motori di processi di riqualificazione urbana in particolare nelle aree periferiche.  Al convegno parteciperà l’architetto  colombiano Giancarlo Mazzanti impegnato in numerose realizzazioni orientate alla massima integrazione tra architettura e contesto sociale e urbano;  l’Assessore regionale alle politiche Sociali dott.ssa Rita Visini , il Presidente del Municipio ing. Maurizo Veloccia 

Al convegno sono stati invitati oltre ai rappresentanti delle principali istituzioni coinvolte  (Ministero e Regione),  amministratori, responsabili e operatori del terzo settore e delle strutture socio-assistenziali del Lazio.

Nel convegno è  prevista la premiazione dei migliori progetti di un workshop internazionale di progettazione da noi organizzato che coinvolge diverse strutture del Municipio XI (casa Vittoria e il forte Portuense). I migliori progetti saranno presentati anche alla 22° Conferenza Europea dei Servizi Sociali (ESN ROMA 7-9 Luglio 2014). 

info :

cristina.imbroglini@uniroma1.it  06 32101233

repubblica




La crisi e le idee, vortici di sabbia sulla cultura

vendesi

Se pensiamo che «politica culturale» sia una frase un po’ stanca, non possiamo lamentarci se i consumi crollano, le librerie chiudono, i teatri arrancano

Una tempesta di sabbia ha investito la cultura romana. Siamo in una nube di confusione e nello spaesamento non ci preoccupiamo delle cause e facciamo finta di non vedere il deserto che avanza. La vicenda dell’assessorato alla Cultura «vacante» ne è forse l’espressione più chiara. Dal 25 maggio Flavia Barca ha rimesso il proprio incarico e Ignazio Marino fa sapere che sì, sarà sostituita, ma dopo la votazione sul bilancio. Cioè dopo la fine di luglio, in pratica ad agosto, in sostanza a settembre.

 

 

Signor sindaco, vorremmo rassicurarla, l’assessorato alla Cultura non è il Senato romano, non ha duemila e passa anni di storia, è cosa recente. Ne abbiamo fatto a meno per secoli, possiamo continuare a ignorarlo. Certo, fa un po’ effetto proprio a Roma, che non è stata la prima città italiana ad adottarlo, ma sicuramente ha avuto in Renato Nicolini – tra il 1976 e il 1985 – l’uomo che ha riempito di senso questa definizione. Pensi, il primo «assessore alle istituzioni culturali» in Italia fu nominato nel 1959 e fu il primo incarico in giunta a Bologna di un trentaquattrenne Renato Zangheri. Ma è negli anni Settanta che, nelle amministrazioni comunali italiane, questa definizione accompagna la riconquista di città cupe, sconvolte dalla stagione del terrorismo. E una rinascita straordinaria delle proposte culturali e di spettacolo. Non c’erano tanti soldi, sa, neanche allora. Le idee invece non mancavano.

Ma se continuiamo a considerare inutile una funzione così delicata di programmazione e coordinamento, se pensiamo che «politica culturale» sia una frase un po’ stanca, non possiamo lamentarci se i consumi crollano, le librerie chiudono, i teatri arrancano e quel «mostrificio» giustamente denunciato su queste pagine da Vittorio Emiliani, lascia così a desiderare. Non sono i numeri o i biglietti venduti a dare sostanza a una proposta culturale, con buona pace di chi pensa che la soluzione sia il marketing: sono i semi che spesso germogliano ben oltre la fine di un mandato amministrativo (Nicolini ha passato una vita da ex assessore a difendersi dalle stupidaggini sull’«effimero»). È il senso di appartenenza civile di una comunità, capace di riconoscersi nelle meraviglie dei Musei Capitolini senza bisogno di affannarsi a disperderle ai quattro angoli del mondo. «Cultura» è soprattutto un’idea di città, la vera e più importante politica urbana. Se questa idea manca, il resto crolla da solo senza bisogno di grandi aiuti. D’altronde l’Italia ha dovuto aspettare il 1974 per avere un Ministero per i Beni Culturali e Ambientali (l’articolo 9 della Costituzione tracciava questo percorso molti anni prima) e mezzora dopo la sua nascita qualcuno proponeva già di abolirlo.

Quindi, signor sindaco, non si crucci e non si lamenti, le cose possono solo peggiorare. Ma lei potrebbe accorpare la delega della Cultura a qualcun’altro tra i suoi assessori. Nel 1967 in Campidoglio c’era un assessorato «alla Nettezza urbana, sport, giovani e spettacolo». Suona come una premonizione in mezzo ai vortici di questa tempesta di sabbia. Dove nessuno si occupa di un’aridità che impiegheremo molti anni a combattere e la visibilità è ridotta a pochi passi, quelli dell’ultima emergenza di giornata.

Paolo Fallai

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Incontro con un artista fuori dal coro

tuffatoreLeggo il welcome all’ingresso di un arco nel vuoto, uno dei tanti metafisici salti nell’azzurro che abbondano in costiera amalfitana, e mi addentro in un sentiero un pò sconnesso tra ulivi ed agavi fino a una torre saracina e il mio sentire entrando nell’ombra della torre, dopo tanta luce, è come il tuffo del tuffatore che m’accoglie.

Il rimando immediato alla grecità si rafforza con un ratto d’Europa, mito fondativo del nostro continente, che si specchia difronte al tuffatore quasi a un dialogo/confronto tra il maschile e il femminile che ritrovo in tante crete di Paolo Sandulli.donna pesce

Al mio sguardo curioso e attento Paolo s’avvicina cominciando a parlarmi delle origini greche che tanto lo muovono a plasmare queste figure “e bisogna stringere forte sino a spremere l’ultima goccia d’aria nascosta tra le pieghe della creta altrimenti, dopo tanta fatica, quand’apri il forno quella bolla nascosta riemergendo dagli inferi della materia esplode e distrugge non solo se stessa ma tutte le altre figure compresenti nella fucina” “e allora ogni volta ch’apro il forno io sono in tremenda ansia” : in quest’ansia, in questo timore, in quest’incertezza fino alla fine vedo celarsi un senso del lavoro dell’artista : un lavoro inutile, con cui non si mangia, ma un lavoro che nel suo interrogare e interrogarsi senza certezze si carica delle domande che ognuno, almeno una volta nella vita, dovrebbe farsi : chi siamo? da dove veniamo? che vogliamo? perchè siamo qui? qual’è il nostro ruolo nel mondo?

Paolo Sandulli, col suo lavoro con le sue opere, si pone queste domande per tutti noi e interroga i miti primigeni della nostra terra emersa e immersa nel mare, chiede lumi ai greci del loro senso del bello, cerca di rinverdire il gusto rinascimentale del fare, mette in dialettica il Freud dei sogni e il Freud dei dipinti … per tutto questo che evoca e racconta è un artista fuori dal coro delle mode e delle correnti. Non manda messaggi o proclami ma ci stuzzica con le sue donne, omaggio a Laurana, eccole (dalle foto del suo sito www.paolosandulli.com) :

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Tommaso Capezzone




Riqualificare lo spazio urbano. Agricoltura sui tetti di Corviale

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“Coltivare la città. Agricoltura urbana e periurbana nelle aree metropolitane. Il caso di Roma”

Il 30 giugno 2014 si svolgerà a Roma, presso l’ISTITUTO NAZIONALE DI ECONOMIA AGRARIA (INEA), Via Nomentana n. 41, un Seminario organizzato nell’ambito del progetto “Promozione della Cultura Contadina”, in collaborazione con l’Osservatorio INEA sulle politiche agricole dell’UE, dal titolo:

 “COLTIVARE LA CITTA’. AGRICOLTURA URBANA E PERIURBANA NELLE AREE METROPOLITANE. IL CASO DI ROMA” 

Il rapporto tra agricoltura e città suscita  un rinnovato interesse tra gli studiosi e gli operatori del settore agricolo, ma anche tra quei segmenti della società che si sono attivati per trovare soluzioni innovative ad esigenze sempre più complesse di giovani, famiglie, anziani, immigrati interessati a forme nuove di produzione degli alimenti. L’INEA organizza un seminario per approfondire il tema dell’agricoltura urbana e peri-urbana, focalizzando l’attenzione sia sulle aziende agricole professionali che producono in contesti urbani sia sulle tante esperienze di community, di riqualificazione urbana, di didattica e di  coesione sociale nate nei contesti metropolitani negli ultimi anni.

Coltivare la Citta

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