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Skiantos di un Freak che non sei altro, salutaci le sbarbine in cielo. Bologna dice addio al suo poeta Rock

Antoni Roberto detto Freak leader degli Skiantos (59)

Antoni Roberto detto Freak leader degli Skiantos (59)

Era il figlio di una Bologna che pulsava attorno al Dams, Roberto Antoni. Quella di Gilles Deleuze e Jacques Lacan, dei circoli filosofici e letterari di una post avanguardia, dotta e stralunata. Antoni, prima ancora di diventare “Freak”, si laureò con una tesi sui Beatles seduto su una pila di lp che sapevano di rivoluzione. Quando fondò gli Skiantos Francesco Lorusso, militante di Lotta continua con simpatie per l’Autonomia, doveva ancora morire in via Mascarella, la mattina dell’11 marzo 1977. Si aprì un’altra stagione. Non era più la città cantata da Francesco Guccini e Lucio Dalla, piuttosto aspettava in silenzio quella bomba che distrusse tutto la mattina del 2 agosto 1980, quel giorno che cambiò la storia. Della città e dell’Italia.

È in quei tre anni che crebbero gli Skiantos, cuciti attorno alla figura di Freak, il leader indiscusso. Resta negli annali della musica il concerto al Pala Dozza, anno 1979, quando invece di suonare si misero a cucinare un piatto di spaghetti e alle urla rispondeva lui, Antoni: “Questa è avanguardia, pubblico di merda”. Antoni non è arrivato ai 60 anni di età, ma non l’aveva messo nemmeno in conto. “Se non altro la malattia mi ha fatto smettere con la droga”, diceva. Con la solita leggerezza e la sfrontatezza con la quale affrontò la vita, alla quale rubò il possibile, con tutto quelle che ne sarebbe venuto fuori. Quando non era l’eroina, a consumarselo, ci pensava il vino rosso.

All’essere un talento di insuccesso si era abituato, così come ci aveva abituati a quell’innato sarcasmo che lo portava a dire seriamente, almeno quanto seriamente riuscì a confrontarsi con la sua esistenza, che “se uno si impegna può stare male ovunque”. Aveva capito tutto molto tempo prima, questo sicuramente. Aveva capito che tanto valeva la pena buttarla in vacca. A raccontarlo oggi che non c’è più sembra quasi che la musica sia un elemento marginale. Niente di più falso: gli Skiantos furono prima di tutto raffinati musicisti e la sete di relegarli a una stagione di rock demenziale era solo questione tra critici. In realtà furono il punk italiano, prima di tutto. Aprirono una strada nella Bologna che sarebbe venuta dopo, a partire da Luca Carboni. Sulla “poetica” dei suoi Skiantos, Freak spiegava: “Nelle nostre canzoni abbiamo sempre mescolato due livelli, quello alto, escatologico, di impegno politico, e quello basso, scatologico, gergale… Ma la poesia ci insegna che non ci sono parole proibite, è solo la retorica che le divide in auliche o di basso livello. Ed è proprio la retorica, intesa come atteggiamento di supponenza ed ipocrisia, che rende volgari le cose”.

Di sopravvivenza Roberto Antoni, classe 1954, se ne intendeva. “Si dice che una volta toccato il fondo non puoi che risalire. A me capita di cominciare a scavare”. È sopravvissuto al suo amico Andrea Pazienza e alla crudezza dolce di Pier Vittorio Tondelli, alla droga e alla morte di una compagna. Cicatrici, sogni, delusioni, rospi, ritorni per chi ha inciso una massima eterna: “Non c’è gusto in Italia ad essere intelligenti”. I propositi sono raccontati nei titoli dei suoi libri. Vademecum per giovani artisti, 6 non più di 6. Come fare un tema decente e rimediare un voto sufficiente. Per sopravvivere alla tossicodipendenza: manuale di prevenzione, Badilate di cultura. Per istinto, il ragazzo del Dams, anticipatore del Movimento del ‘77 ha sempre cercato di insegnare qualcosa, a prendersi sul serio mostrando di non farlo. Fino al concerto alla Woodstock politica di Beppe Grillo e dei suoi a Cesena, a fine estate 2010.

Nelle sue molte vite, da Beppe Starnazza agli Avanzi di Balera, Freak ha creato anche una band con Alessandra Mostacci, pianista classica e compagna anche nella vita, fino all’ultimo. La sua filosofia, perché alla fine di quella si tratta, è nell’ultimo disco degli Skiantos: Dio ci deve delle spiegazioni (possibilmente comprensibili). Ci mancherà, Roberto. Mancherà a tutti quelli che lo hanno sempre apprezzato e cercato di comprendere, per quanto i suoi ragionamenti fossero comprensibili. Mancherà a una Bologna che, per fortuna o purtroppo, non esiste più. Né più grassa, umana, dotta. Neppure più rossa, come la sua vocazione avrebbe voluto. Sbiadita, di un arancio sempre più chiaro.

    Il Fatto Quotidiano, 13 febbraio 2014

http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/02/13/addio-freak-antoni-ero-un-ribelle-mamma/879679/

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un capolavoro di testo e arrangiamento, imperdibile satira della vita. Grazie Roberto

 




I segreti di Osage County

i-segreti-di-Osage-County-trailer-italiano-per-la-dark-comedy-con-Meryl-Streep-e-Julia-Roberts-4 (1)Un film di  John Wells. Con Meryl StreepJulia RobertsEwan McGregorChris CooperAbigail Breslin. USA 2013.

Lo scrittore Beverly Weston (Sam Shepard) , alcolizzato e depresso , scompare da casa e la moglie Violet (Streep), drogata di pillole calmanti – anche, ma non solo, per via di un cancro alla bocca – chiama in soccorso tutta la famiglia ; arrivano la sorella Mattie Fae (Margot Martindale) con il marito Charlie (Cooper) la figlia Barbara (Roberts),insegnante  , con il marito Bill (McGregor) e la figlia quattordicenne Jean (Breslin).Delle altre due figlie , Ivy (Julianne Nicholson) , zitella apparentemente senza velleità , vive con lei e la accudisce astiosamente e Karen (Juliette Lewis) è una sbandata ed è in giro con l’ennesimo improbabile fidanzato. Beverly viene trovato annegato – probabilmente suicida – e, ai suoi funerali arriva anche Karen su una rombante Ferrari guidata da Steve (Dermont Malroney), il suo nuovo uomo, un trafficante di Miami. Il pranzo successivo al funerale fa emergere tutti i veleni della famiglia: Violet  tira fuori tutto la sua aspra volontà di controllo sulla vita delle figlie : la disgusta la vita sbandata di Karen e maltratta Steve, schernisce Ivy per la mancanza di uomini e dichiara brutalmente di essere  a conoscenza della crisi matrimoniale tra Barbara e Bill (quest’ultimo si è messo con una ragazza molto più giovane di lui). Alla compagnia si è unito Little Charles (Benedict Cumberbarch) , il figlio nevrotico di Mattie Fae, che la madre disprezza e che si è segretamente messo con Ivy. La notte la tuttofare indiana Joanna (Misty Upham) aggredisce con una pala Steve che tenta di abusare di Jean  dopo averle fatto fumare uno spinello e Karen , contro ogni evidenza, lo difende e va via con lui. La mattina successiva Ivy e Charles hanno deciso di scappare ma Barbara, in un confronto drammatico con Mattie Fae, viene a sapere che il ragazzo non è loro cugino ma loro fratello e cerca di fermare la sorella. Rimasta sola, Violet si rifugia per disperazione tra le braccia di Joanna , che aveva sempre trattato con disprezzo.

Wells è prevalentemente un produttore televisivo e si vede : il film non ha picchi di intensità visiva ma l’operazione nel suo complesso può dirsi riuscita : un ottimo cast candidato a vari premi Oscar ed un testo di grande successo teatrale (  con forti echi, sembrerebbe, delle “Tre sorelle” di Cechov)   scritto dall’autore  di punta di questi anni, Tracy Letts .Il cinema americano è un po’ così : dopo aver saccheggiato i drammi, in ordine di tempo, di Tennessee Williams, Sam Shepard (qui attore) e David Mamet , ora è il turno di Letts : Friedkin lo ha usato per i sui due ultimi film (“Bug” e “Killer Joe”) ma ne ha rielaborato lo scritto col proprio inconfondibile stile, mentre l’impersonale Wells lo mette in scena con acritica correttezza. Gli attori sono tutti mostruosamente bravi   ma sul testo non è stato sufficientemente   adattato al linguaggio del cinema per cui viene spontanea la domanda : ma che ci fa Cechov in Oklahoma?




La sfilata di Gattinoni nella nuvola di Fuksas: tra abiti, volti noti e polemiche

fuksas

Roma Eur – Abiti candidi dai tessuti rigidi e geometrici alternati a colori saturi, morbidezze e trasparenze. Non mancano il pizzo, l’oro e l’organza a completare la sfilata primavera/estate 2014 di Gattinoni, presentata nell’ambito di AltaRoma AltaModa nel cantiere – aperto per un giorno in anteprima – della Nuvola di Fuksas, in costruzione nel quartiere dell’Eur di Roma.Tra volti noti, da Pippo Baudo a Milly Carlucci, dal presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti a Elsa Martinelli, la sfilata si è conclusa tra le polemiche. A prendere parola, dopo l’acclamata uscita dello stilista Guillermo Mariotto, è stato Stefano Dominella, presidente della maison Gattinoni.”Portare al termine questa collezione e farla sfilare in questo luogo è stata una delle cose più faticose che ho fatto nella mia vita in 35 anni di lavoro”, ha spiegato. E poi ha aggiunto: “Vi ringrazio per essere venuti qui numerosi. Ma un ‘disgraziato’ che si spaccia per giornalista ci ha fatto tanti esposti, tanti, per impedirci di presentare la nostra alta moda nella Nuvola di Fuksas. Questa è la nostra ultima esibizione a Roma. Andremo a Torino, Firenze, non so. Roma dovrà stabilizzarsi per avere certe prove”.

articolo collegato – Roma, entrate nella Nuvola di Fuksas: viaggio nel cantiere    Fonte: la Repubblica Roma.it

Il cantiere di Fuksas, video di repertorio

http://www.youtube.com/watch?v=XMwJ2JPWujQ

 




FILM DELLA SETTIMANA: The Counselor, Nebraska, The Wolf of Wall Street, Tutta colpa di Freud. Recensioni, link e VD

The Consuelor - Il procuratore

The Counselor – Il procuratore

Un film di Ridley Scott con Michael FassbenderPenelope CruzCameron DiazJavier BardemBrad Pitt

A Juarez, un avvocato di buon successo( Fassbender) è perdutamente innamorato della bella Laure (Cruz) e va in Olanda dal miglior mercante di preziosi (Bruno Ganz) a comprarle uno splendido diamante per l’anello di fidanzamento; per quanto agiato, non può permettersi una vita così dispendiosa chiede così al suo amico e cliente Reiner (Bardem) , un proprietario di locali alla moda ammanicato con il cartello della droga – anche grazie alla sua donna, la sconvolgente Malkina (Diaz) – di farlo entrare, per una volta , nel giro della droga ; Reiner lo introduce a Westray(Pitt), un middleman indipendente del cartello che , dopo averlo sconsigliato, accetta di fargli finanziare una grossa  spedizione dalla quale l’avvocato ricaverà un fiume di denaro . L’avvocato, intanto, viene convocato in carcere da una sua cliente d’ufficio, Ruth (Rosie Perez), che gli chiede di pagare la cauzione per il figlio (Richard Cabral) che è stato arrestato per eccesso di velocità con la moto; il ragazzo esce ma  il carico di droga scompare e il suo corpo decapitato lo collega al trafugamento della partita ; il cartello pensa così che l’avvocato sia implicato nel furto . Reiner viene ucciso e l’avvocato riesce a scappare ma  Laura  viene rapita e lui tenta di salvarla  parlando con un losco avvocato messicano (Fernando Gayo) ma il Boss (Ruben Blades) gli comunica per telefono che Laura è morta.

“The counselor” non è certo il miglior  film di Ridley Scott : statico, verboso , pieno di personaggi – marionetta, non riesce a decollare. Uno dei suoi demeriti è proprio la sceneggiatura del celebrato (dopo “Non è un pase per vecchi”) Cormac McCarthy  che disegna personaggi apodittici e senza spessore umano (in fondo era così anche il romanzo del film dei Coen ma loro lo hanno adattato alla propria travolgente ed affettuosa ironia). A parte la ridicola tendenza a far fare digressioni filosofiche anche ai più efferati killer, il film nel suo impianto di base ( uomo un po’ stupido  si rovina per amore) perde nel confronto con due grandi precedenti : “La fiamma del peccato” (B. Wilder, 1944) e “Brivido caldo” (L. Kasdan, 1981).

Dopo il deludente “Prometheus”, di nuovo Scott mette insieme un film senza la forza che era il suo più significativo segno autoriale ( sembrerebbe che il suicidio del fratello Tony lo abbia segnato anche creativamente).

Nebraska

Un film di Alexander Payne. Con Bruce DernWill ForteJune SquibbBob OdenkirkStacy Keach

Il vecchio Woody (Dern) viene più volte fermato dalla polizia locale del paese del Montana nel quale abita mentre si avvia a piedi a Lincoln nel Nebraska. Lui ha ricevuto una delle tante lettere pubblicitarie , un po’ truffaldine, che comunicano la una grossa vincita (in questo caso, 1.000.000 di dollari) per poi vendere qualcosa (qui sono abbonamenti a riviste). Invano il figlio David (Forte) e la moglie ,Kate (Squibb), cercano di farlo ragionare. Alla fine David decide prendersi qualche giorno di vacanza e di accompagnare il padre a Lincoln. Nel viaggio Woody, che è semi-alcolizzato, fa una brutta caduta e si ferisce alla testa . I due finiscono nella città natale del vecchio a casa del fratello di lui Ray (Rance Howard) che vive con la moglie Martha (Marie Louise Wilson) ed i figli Bart (Tim Driscoll) e Cole (David Ratray), due scioperati subumani. Woody non regge alla tentazione di vantarsi con il vecchio amico e rivale Ed (Keach) della vincita , scatenandone la avidità . Il giornale locale si prepara a farne un eroe e David va a spiegare alla anziana direttrice della testata Peg (Angela McEwan) la situazione ; sarà proprio l’incontro con la donna che rivelerà a David le sfaccettature di dolore e generosità del padre, che a lui ed al fratello Ross (Odenkirk) era apparso come un egoista. Woody potrà, alla fine, farsi vedere dai vecchi compaesani con un furgoncino nuovo – che il figlio gli ha comprato , fingendo che sia un premio di consolazione della lotteria e David avrà ritrovato il padre.

Payne ha molto al centro della sua narrazione il viaggio  come ritrovamento di sé (“A proposito di Schmidt”, “Sideways”) e in questo film , anche grazie allo splendido bianco e nero di Phedon Papamichael, il rapporto tra la solitudine – ma anche la rabbiosa vitalità – dei personaggi e la decadente mestizia dei piccoli agglomerati urbani è resa con grande efficacia. Per non dire del cast : sono tutti perfetti   ; Dern (attore mito del cinema indipendente degli anni ’70) ha vinto a Cannes ma anche la meno nota June Squibb dà alla sarcastica  grevità di Kate un’ umanità toccante ed indimenticabile; parteggiamo per lei agli Oscar.

The Wolf of Wall Street 

Un film di Martin Scorsese. Con Leonardo DiCaprioJonah HillMargot RobbieMatthew McConaugheyKyle Chandler.  USA 2013

Jordan Belfort (DiCaprio) ,ragazzo di  pieno di ambizioni, nel 1987 a New York  trova lavoro in una grossa società di brockeraggio finanziario . in attesa di ottenere la licenza di brocker si accontenta di fare il galoppino ma il maggior azionista della società, Mark Hanna(McConaughey), – che ha intuito in lui un vero talento – lo invita a pranzo e gli spiega i rudimenti spietati e adrenalinici di quel lavoro. Proprio il giorno nel quale ha ottenuto la licenza è però il famoso Lunedì Nero e i suoi sogni sembrano infrangersi ma la moglie Teresa (Cristin Miloti) lo invita a non arrendersi. Entra,così, in una finanziaria sfigatissima che vende titoli improbabili ad ingenui piccoli risparmiatori. Jordan , in breve tempo, fa impennare gli affari della società ,guadagnando un bel pò di soldi di commissioni. Dopo un poco, arruola il suo nuovo amico Donnie (Hill) – un piccolo assicuratore che gli si mette a fianco, abbagliato dalla  sua ostentata  ricchezza  – e un manipolo di amici spacciatori occasionali e apre una sua società, alla quale dà il roboante nome di Stratton Oakmont . Seguendo i consigli di Hanna, i nostri eroi vendono di tutto a tutti , strafacendosi di cocaina ed altre droghe per reggere il ritmo e di sesso orgiastico (ma anche solitario) per rilassarsi.

La Stratton passa dalla vendita di azioni legate a società farlocche all’empireo delle costose Blue Chips . Ovviamente, la maggior parte dei guadagni è assolutamente illegale e poco può fare Max (Rob Reiner) , il padre di Jordan , contabile, assunto per mettere  ordine nel caos amministrativo della società. Jordan incontra la top model Naomi (Robbie) , se ne innamora , lascia Teresa e la sposa. Intanto l’F.B.I. gli mette alle costole l’agente Patrick Denham (Chandler) e Jordan apre un conto in Svizzera nella banca diretta da Jean-Jaque Saurel (Jean Dujardin) ,intestandolo alla zia inglese di Naomi, Emma (Joanna Lumley) . I soldi vengono spediti attraverso il suo corriere (e pusher) di fiducia , Brad (Jon Bernthal) ma Donnie ,  strafatto, lo fa beccare con l’ultimo carico. Zia Emma muore , Saurel si fa beccare in America e Jordan rischia una condanna a  vent’anni. Per salvarsi denuncia i suoi complici e dopo una lieve condanna in un carcere di tutto riposo, il nostro eroe si ricicla come guru  delle  tecniche di vendita.

Scorsese e DiCaprio hanno avuto per  anni i diritti dell’autobiografia di Belfort ma il puritanesimo americano ha loro consentito di girarlo solo un anno fa . Ne hanno affidato la scrittura all’autore de “I Soprano” e di “Broadwalk Empire”, Terence Winter ( non a caso due grandi gangster story) e ne hanno tratto  questo grande affresco sulla corruttela finanziaria degli anni ottanta, epico e miserabile ad un tempo , con un cast eccelso , a partire da DiCaprio stesso ( ma quando recita con Jonah Hill o con Matthew McConaughey entrambi gli rubano grandiosamente la scena). Epico, dicevo, perché il Belfort del fim richiama la  grandezza  , la brutalità, gli eccessi  degli eroi omerici ,  prigionieri del volere di dèi capricciosi così come i protagonisti del film sono guidati alla catastrofe da droghe sempre più padrone del loro volere.

Tutta Colpa di Freud

Un film di Paolo Genovese. Con Marco GialliniAnna FogliettaVittoria PucciniVinicio MarchioniLaura Adriani. Italia 2014

Genovese è ormai un autore consolidatissimo della commedia italiana sofisticata (“Immaturi” 1 e 2, “Una famiglia perfetta”) e questo film ne è un’ulteriore conferma : ben scritto ,ben diretto , ben interpretato, con location sempre appropriate e le battute giuste a sciogliere ogni sequenza è una prova in più che il  nostro cinema sa trovare la  strada per ritrovare un pubblico che, talora , sembra perduto. Non è un caso   che attori noti – che non disdegnano di apparire in un’operazione di prevedibile successo – diano volto a piccoli camei: oltre a Maurizio Mattioli nel ruolo del portiere, ci sono Dario Bandiera, Lucia Ocone, Francesco Apolloni e Michela Andreozzi. Al soggetto ha partecipato anche Pieraccioni (con il quale Genovese aveva scritto il recente “Un fantastico viavai”).Francesco (Giallini) è uno psicanalista ed ha cresciuto da solo (la moglie era partita anni prima per l’Africa quale medico volontario) tre figlie, due intorno ai 30 anni – Sara (Foglietta) e Marta (Puccini)  -e la terza, Emma (Adriani) diciottenne. Le ragazze passano , tutte e tre, un difficile momento sentimentale: Sara, che viveva in America, è omosessuale ma dopo l’ennesima delusione d’amore torna a casa e decide di provare con l’eterosessualità ; Marta è libraria snob e si innamora di uomini improbabili : l’ultimo è uno scrittore (Antonio Manzini) del quale aveva frainteso le attenzioni; Emma , infine, presenta al padre il suo fidanzato Alessandro (Alessandro Gassman),cinquantenne e sposato. Francesco , dopo aver cercato di dissuadere Sara dai suoi propositi, l’aiuta come può a capire gli uomini, cerca di consolare la povera Marta e, soprattutto, impone ad Alessandro una terapia, apparentemente per facilitargli la separazione in realtà per cercare di farlo tornare dalla moglie Claudia (Claudia Gerini) – non sa che lei è proprio la donna che incontra al bar e della quale si è innamorato. Marta si innamora di Fabio (Marchioni), un cleptomane sordomuto che ruba libretti d’opera nella sua libreria e comincia con lui una relazione complicata dalla allarmata sensibilità dell’uomo. Sara , dopo vari appuntamenti deludenti  – un geometra tirchio (Giammarco Tognazzi), un poeta tronfio (Paolo Calabresi) e un bravo ragazzo (Edoardo Leo) che lei, ubriaca, fa scappare raccontando , con varie confusioni sessuali, le sue delusioni amorose – incontra Marco (Daniele Liotti) e , per la prima volta, ci fa l’amore . Quando tutto sembra perduto- Fabio rompe con Marta, temendo che lei lo tratti con pietà, Sara ha una  forte pulsione per la cugina (Giulia Bevilacqua) di Marco , resiste  ma  il mattino successivo viene a sapere che i due cugini sono andati a letto insieme ed Emma scopre il doppio gioco del padre – la saggezza e l’amore paterno di Francesco rimettono a posto ogni cosa.

 

 

 




Agra-Press: Scaramuzzi (Georgofili) chiede di non fermare la ricerca scientifica sugli OGM

Ritengo doveroso e opportuno dare notizia delle chiare dichiarazioni relative agli OGM del Prof. Scramuzzi, diffuse il 21 gennaio u.s. dall’Agenzia Agra-Press.Luigi Rossi, Presidente FidafSCARAMUZZI (GEORGOFILI) CHIEDE DI NON FERMARE LA RICERCA SCIENTIFICA SUGLI OGM549 – 21:01:14/12:45 – firenze, (Agra-Press) – il presidente dell’accademia dei Georgofili Franco Scaramuzzi, a conclusione della cerimonia per la celebrazione dei cento anni dell’istituto superiore agrario e forestale di firenze, ha svolto “una relazione in cui ha auspicato che la piaga dolente dei veti imposti alla ricerca scientifica italiana per lo studio degli OGM e per il loro uso venga al piu’ presto cauterizzata, per arrestare i gravi danni materiali e morali che sta continuando a provocare”, rende noto un comunicato dei Georgofili. “Sara’ poi doveroso individuare i responsabili di tanto panico ingiustificato e degli interventi normativi conseguenti, accertare i danni provocati ed ottenere i debiti risarcimenti”, ha detto Scaramuzzi osservando che “l’inesorabile giudizio della storia coinvolgerebbe anche chi oggi si rendesse responsabile di un prolungamento della situazione attuale e dei conseguenti ulteriori danni che continuerebbero a prodursi”. Il presidente dei georgofili – segnala il comunicato – torna sull’argomento in un articolo  intitolato OGM, una ferita incomprensibile”, pubblicato su QN (Quotidiano Nazionale) di oggi. “la correttezza metodologica, il valore delle nuove conoscenze e l’eventuale pericolosità delle innovazioni – scrive Scaramuzzi – possono essere giudicate da scienziati competenti, che a questo scopo seguono principi e regole rigorose”. “qualsiasi diverso interesse non deve indurre a manipolare questi giudizi in sedi prive delle indispensabili conoscenze, per farli poi arrivare distorti all’opinione pubblica e nelle piazze”, sostiene il presidente dell’accademia che aggiunge: “siamo quindi chiamati a difendere la libertà, l’autonomia e l’universalità della ricerca scientifica e chiediamo che la deleteria vicenda italiana degli OGM si chiuda”. (cl.co)fonte: www.fidaf.it



La società scientifica contesta il movimento anti OGM

rubr_pascale (1)Vari siti web stanno rilanciando la notizia che da una indagine dell’Unione Europea 8 cittadini su 10 dicono che il bio deve essere OGM-free: guardate i titoli disponibili in rete.

http://www.newsfood.com/q/162cd32d/ue-80-vuole-alimenti-ogm-free/

http://www.ansa.it/terraegusto/notizie/rubriche/europa/2013/09/19/Ue-piu-8-cittadini-10-Bio-deve-essere-Ogm-free-_9325393.html

Da questi titoli sembra che hanno intervistato tutti gli Europei e che 8 su 10 difendono il Bio e dicono no agli OGM.

Questo è il modo in cui i media costruiscono le false verità. Qui sotto trovate il link all’indagine Europea

http://ec.europa.eu/agriculture/consultations/organic/2013_en.htm

e si scopre cosi’ che rispondevano solo quelli interessati (ossia non un campione rappresentativo, ad esempio quelli che vendono biologico si sono iscritti subito per dare la loro opinione?) ed inoltre solo quelli interessati al biologico.

Ma mi domando se l’80% degli interessati al biologico dice che dovrebbe essere OGM-free, allora vuol dire che addirittura il 20% di quelli del biologico accettano che ci siano OGM nel biologico, ossia non è il 100% come da disciplinare.

Inoltre visto che sono circa il 5% dei consumatori europei che mangiano biologico, secondo la loro logica per cui il 20% di “oppositori” vanno soppressi, anche loro stessi andrebbero soppressi (secondo la loro logica autoritaria) dal momento che il 95% degli Europei non mangia biologico.

Tra poco sentirete come i soliti italioti useranno questi titoli per rilanciare l’idea che l’80% degli Europei vuole essere OGM-free ed i giornalisti che leggono i titoli e non le fonti originali si convinceranno di un trucco facile da smascherare.

fonte:  www.salmone.org/indagine-europea-bio-e-ogm/

 




evento




Comunicato stampa > Insieme possiamo farcela

insiemeDopo oltre 30 anni il palazzo Ater, il serpentone o il kilometro per i romani, vede avviare i primi lavori di riqualificazione. E’ solo un primo passo a cui devono seguire altri lavori di cui già esistono i progetti: in primis il quarto piano. Sono 42 i milioni di euro già finanziati che non possono finire nel dimenticatoio dei cassetti della Regione Lazio e del Comune di Roma perdendo valore. Fornirebbero un altro ulteriore alibi a coloro che intendono mantenere lo stato di abbandono e degrado in cui versa il Palazzo Ater. Le istituzioni diano altri segni perchè noi non ci rassegniamo all’esistente, continuiamo a fare la nostra parte sollecitando chi di dovere, compresa la Procura della Repubblica e le forze dell’Ordine. Per garantire la legalità e la sicurezza requisiti fondamentali del vivere civile.

Coordinamento Corviale Domani

vedi anche comunicato stampa A.T.E.R. Roma

http://www.aterroma.it/sections/news/primo_piano.php?p=617




Il capitale umano

capitale umanoUn film di Paolo Virzì. Con Valeria Bruni TedeschiFabrizio BentivoglioValeria GolinoFabrizio GifuniLuigi Lo Cascio.

Un cameriere, in un pase della Brianza, torna a casa in bicicletta, dopo una lunga serata di lavoro durante una cerimonia scolastica, quando viene urtato da una macchina e cade in una scarpata e, di lì a poco morirà. Su questo dramma  si innestano le storie dei protagonisti del film , i  Bernaschi e gli Ossola : Giovanni Bernaschi (Gifuni) è un finanziere ricchissimo e duro ed è sposato con la nevrotica ed insicura  Carla (Bruni Tedeschi) , la coppia ha un figlio, Massimiliano (Guglielmo Pinelli), arrogante e fragile ad un tempo, cresciuto dal padre nel mito di una costante competitività ; Massimiliano ha una storia con Serena (Matilde Gioli) , la figlia di Dino Ossola (Bentivoglio) , agente immobiliare con velleità di grande operatore finanziario; quest’ultimo approfitta della relazioncina della figlia con il giovane Bernaschi per diventare amico di Giovanni e convincerlo a farlo entrare in una grossa speculazione ; per farlo si fa anticipare 700.000 euro dalla banca diretta dal suo amico Giampi (Gigio Alberti); la nuova compagna di Dino, Roberta (Golino), una psicologa seria e sensibile, nel frattempo, scopre di essere incinta.

L’incidente iniziale era stato provocato dal suv di Massimiliano che , poco dopo, era tornato a casa ubriaco  mentre la madre faceva l’amore con Donato (Lo Cascio) , docente di Storia del Teatro. Attraverso una serie di flah-back visti attraverso gli occhi di Carla e di Serena veniamo a sapere che gli affari di Giovanni stanno andando pericolosamente male, che l’agenzia di Dino sta fallendo, che Carla ha convinto il marito a comprarle il teatro del paese che stava chiudendo (e in quell’occasione rivede Donato), che Serena e Massimiliano sono solo amici (fingono di stare ancora insieme per non deludere le famiglie) , che Serena ha una relazione con Luca (Giovanni Anzaldo), un ragazzo problematico in cura coatta da Roberta in seguito ad una condanna per spaccio e che loro due sono andati a prendere Massimiliano ubriaco da amici la sera dell’incidente . L’ispettore di polizia (Bebo Storti) sospetta di Serena e Massimiliano ma dovrà ricredersi.

Virzì ha preso un romanzo di Stephen Amidon ambientato in Connecticut e ne ha trasferito le vicende in Brianza , smorzandone le note thriller ed accentuando il tono di critica di costume. Il risultato è un film corretto, di buona regia e con un cast impeccabilmente professionale ma , come sempre quando il regista accentua i toni sociali (vedi “Tutta la vita davanti”), assai poco coinvolgente . I vari personaggi sono , alla fine, poco più che pupazzetti , ciascuno con un carattere ad una dimensione stampato addosso : il bieco speculatore, il cinico ed illuso arrivista, la borghese annoiata, il bulletto , la brava operatrice sociale e via semplificando . Niente a che vedere , rimanendo nella produzione più recente, con il bozzettistico (Virzì lo è sempre) ma tenero e coinvolgente “La prima cosa bella”. Detto questo, niente giustifica il tono censorio – e ,quindi, di per sé inaccettabile – con il quale il giornale Libero (in ben tre pagine compresa la prima !) accusa il film di leso brianzolismo: un’opera  va giudicata per come racconta e mai per i ciò che racconta (ovviamente questo vale sempre e senza eccezioni ).

https://www.youtube.com/watch?feature=player_detailpage&v=Oh7o5Su2fk0




Un boss in salotto

Un-Boss-In-SalottoUn film di Luca Miniero. Con Paola CortellesiRocco PapaleoLuca ArgenteroAngela FinocchiaroAlessandro Besentini.

Cristina Coso (Cortellesi) vive in un lindo ed ecologico chalet in Trentino con il marito Michele (Argentero) ed i figli Fortuna (Lavinia de’ Cocci) e Vittorio (Saul Nanni); lei è la tipica moglie del nord: efficiente e ambiziosa è sempre pronta a sollecitare il mite marito a farsi avanti nel lavoro ed i figli ad eccellere negli studi e nel cogliere le occasioni di promozione sociale che l’ambiente scolastico – o, nel caso di Fortuna, una scuola di danza – possono offrire. Tutto  bene quindi; non esattamente perché Cristina non è proprio una trentina doc : viene dalla Campania e si chiama Carmela  e ha cancellato il proprio passato;  un brutto giorno, però, viene convocata   in commissariato  e lì due poliziotti (Marco Marzocca e Massimo De Lorenzo) le comunicano che il fratello Carmine (Papaleo) , accusato di essere un boss della camorra, ha indicato la casa della sorella quale domicilio , in attesa del processo che lo vede imputato .Cristina/Carmela è costretta ad introdurre nella sbigottita famiglie il fratello in perfetta mìse cafona , con tanto di catene d’oro e stuzzicadenti. Michele, in particolare, vede vicina la propria fine quando il suo datore di lavoro, Carlo Manetti (“Ale” Besentini) si presenta a cena con la spocchiosa moglie Doriana (Finocchiaro) e i due vengono messi in fuga da Carmine che si finge maggiordomo rumeno ma vuole far loro pagare i soprusi con cui il loro figlio martirizza Vittorio. Quando , però, la  verità viene fuori tutto cambia : Manetti , sperando in un intervento di denaro riciclato della camorra, fa fare un carrierone a Michele e la porta della loro casa si spalanca per i Coso , lo strozzino che prestava soldi a Michele (è così che lui zittiva le pretese di Cristina) dichiara soddisfatto ogni suo credito e persino la scorbutica vicina (Giselda Volodi,  bravissima) si concede sfacciatamente a Carmine . Al processo , però, tutti i testimoni ( i Ditelo Voi in vari travestimenti) scagionano Carmine ,piccolo delinquente che voleva solo essere un po’considerato.

Il napoletano Miniero, dopo varie incursioni nel grottesco – da solo o in coppia con Paolo Genovese – ha incontrato il successo con “Benvenuti al sud” e lo ha confermato con “Benvenuti al nord” , entrambi prodotti da Cattleya ; ora la produzione e il regista ripropongono  la stessa formula : il sud cialtrone e un po’ miserabile ma di cuore sincero che incontra ed affascina il nord malato di un efficientismo di maniera. Se a questo si aggiunge la riproposizione del duo di successo di “Nessuno mi può giudicare”: Cortellesi-Papaleo , l’utilizzo , anche parecchio forzato, dei due caratteristi lanciati dai due “Benvenuto..”: Salvatore Misticone e Nunzia Schiano , addirittura avendo scelto Ale per il ruolo dell’imprenditore,  il dare a Franz un minuscolo cameo per dichiarare la coppia nei titoli, ci troviamo di fronte ad una operazione produttiva assai astuta e funzionale. I primi risultati al botteghino danno ragione ai prodotturi, perciò onore al merito: in fondo  – e per una commedia è un vero complimento – è come passare due orette in compagnia di vecchi compagni di goliardia, un po’ prevedibili ma simpatici .