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“Diario Europeo” non può non confrontarsi con il risultato delle elezioni politiche (domenica 25 ottobre) in Polonia. Il livello di integrazione europea è, come è noto, imperfetto e incompleto; ma ha raggiunto un grado tale che le elezioni politiche di un paese membro sono sempre un messaggio politico per tutta la Unione e anche una nuova opportunità o al contrario una nuova difficoltà.
Il “Diario” non si soffermerà sulle conseguenze interne alla Polonia. Per quanto riguarda il processo di integrazione, è evidente che il risultato è una non buona notizia. Il “Diario” intende prendere lo spunto anche da questo dato politico per continuare la riflessione che abbiamo iniziato e denominato “appartenenza europea”. Abbiamo avviato (8 ottobre 2015) un percorso per “mantenere aperta una (la) riflessione sulle cosiddette tematiche valoriali”. Legando l’attualità con la prospettiva della integrazione europea.
Parto, come spesso mi capita, calandomi nel dibattito quotidiano. Scrive oggi, Sergio Romano, sul Corriere della sera: “La vittoria nelle ultime elezioni di “Diritto e Giustizia”, il partito dei gemelli Kaczynski, piacerà a tutti gli esponenti del nuovo nazional-provincialismo europeo (…) il risultato sembra dimostrare che il nazionalismo, populismo ed euroscetticismo sono ormai i soli caratteri veramente comuni della grande Europa da Dover al Pireo. Eppure vi sono differenze di cui occorre tenere conto”.
Cominciamo da qui, mettendo a fuoco alcuni termini ed espressioni di Romano, che è senza dubbio un analista di livello: “insorgenza di un nuovo nazional-provincialismo”- “Nazionalismo, populismo ed euroscetticismo”- “ sembrano dimostrarsi i caratteri veramente comuni”- “Vi sono differenze di cui tenere conto”.
“Diario Europeo” persegue l’obiettivo di ricercare: se, dove e quali sono i caratteri comuni di appartenenza europea. E come si costruisce questo oggetto: l’appartenenza.
Cominciamo con un dato di fatto: “l’illusione che una manciata di basic english bastasse per cavarsela in Europa ha prodotto effetti disastrosi (…)Stupisce, in realtà, quanto poco europea sia la cultura e l’informazione dei paesi europei (…) Prima ancora che economica, politica e sociale, la questione europea è oggi in primo luogo una questione culturale; il vero problema non è il mantenimento del patto di stabilità e l’alternativa tra una politica di contenimento della spesa pubblica e quella di un incentivo alla crescita, ma il superamento delle barriere che impediscono la reciproca comprensione e dunque la nascita di un progetto comune”. A parte la (forse non voluta) contrapposizione delle due esigenze che insieme possono e devono coesistere, questa analisi del professor Luigi Reitani (un italiano, ordinario di Letteratura tedesca all’Università di Udine, che ha curato la prima edizione italiana integrale delle liriche di Horderlin, rivedendone criticamente il testo tedesco) la assumo come indicazione di una esigenza basilare sulla quale il cicaleccio quotidiano spinge a non riflettere. Una indicazione che mostra come i soggetti e i luoghi della integrazione europea sono le persone di Europa, i centri della cultura e della informazione, le generazioni che compongono la/le società di Europa. Questa impostazione suggerisce ed afferma che la politica e le istituzioni fanno integrazione, se si costruiscono su questo humus, che è una creatura ed un frutto della disponibilità e della volontà di ciascuno.
Cosa fonda e cosa tiene insieme una comunità di persone o un popolo o più popoli o una nazione o una unione di stati? La costruiscono e la mantengono e la vivificano la volontà diffusa di un percorso comune e il progetto di un percorso comune, che non esclude ma include. L’unità nella diversità.
Affinché questo approccio non si schianti subito contro l’accusa di non realismo, osservo che persino la drammatica vicenda delle immigrazioni che raggiungono e attraversano Europa può costituire – come non prima, più efficacemente della questione monetaria – una sfida positiva che questa generazione di europei ha di fronte. E’ ipotizzabile delinearne una possibilità di governarla, infatti, solo se la si approccia in termini di Europa integrata o almeno integrante. Un Soggetto, cioè, che ha di se stesso consapevolezza. La costruzione di una comune consapevolezza e l’emergere di una nuova soggettualità avviene nel crogiuolo di una emergenza ed una urgenza comuni.
Qualcuno ha paragonato la sfida, ai conflitti intraeuropei dai quali siamo usciti con e attraverso il progetto europeo.
E’ da questa convinzione che stanno emergendo (non solo le paure che quando sono coltivate generano mostri) ed insorgendo opere ed operazioni culturali per un’insurrezione spirituale (come titolava recentemente “La Lettura” del 27 settembre 2015).
“Sogno un’insurrezione spirituale – scrive Enrique Vila Matas – un rinascimento europeo che pare impossibile per come stanno ora le cose, con lo sfascio morale che i migranti hanno messo chiaramente in evidenza”.
La Lettura informa su una coraggiosa e poderosa opera di letteratura “ un atlante spirituale, una geografia letteraria, un libro armonioso e poetico” – scrive Claudio Magris nella prefazione: Por las fronteras de Europa. Un viaje por la narrativa de los siglos XX y XXI, Galaxia Gutenberg Editorial. Dai nordici alla letteratura russa, passando per l’irredenta Irlanda, per l’Olanda e i fiamminghi, la tradizione tedesca, la mitteleuropea e il mosaico balcanico, fino al Bosforo e alla letteratura turca attuale, per poi deviare verso Israele (ivi, p. 4). Una immersione di 1.472 pagine: “una cultura che ci unisce e grazie alla quale – forse siamo in tempo – potremmo indurre quell’insurrezione spirituale e quel rinascimento che alcuni di noi sognano”.
“La cultura – scrive Marco Lodoli – è il tentativo di dare forma e ordine al caos (…) Chiunque ama l’arte sa che il disordine del dolore può essere la materia bruta dell’opera: ma perché ci sia un valore e un senso l’artista deve tirare fili invisibili, cucire, legare e slegare, mettere in prospettiva, unire ciò che pare crudelmente diviso”. Ciascuno di noi è quell’artista. L’indimenticabile Jacques Le Goff esortava: “Europei, aprite i vostri libri di storia e non ripetete gli errori del passato”. Ed oltre ai libri, le intelligenze.
(continua)