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Undici colpi di pistola, un morto e un ferito, riportano il complesso residenziale di Corviale, periferia sud-ovest della Capitale, alla ribalta della cronaca nera. I proiettili hanno raggiunto al torace e ucciso Cristiano Molè, 33 anni, precedenti per spaccio, e ferito a una gamba la persona che era con lui. L’omicidio è avvenuto alle 19,30 di ieri sera, mentre la vittima e l’amico stavano tornando a casa con la macchina, a largo Odoardo Tabacchi, all’altezza di via Ettore Ferrari.
I killer, che hanno sparato dall’interno di una panda bianca, ancora non rintracciata dalle forze dell’ordine, lo stavano aspettando. Cristiano Molè già da due giorni aveva confidato agli amici di aver notato una macchina che lo seguiva. Da poco libero dopo aver scontato una condanna per droga, il 14 ottobre del 2014 era stato gambizzato da due persone a volto coperto, che a bordo di uno scooter lo avevano colpito mentre era sull’uscio di un bar in via di Bravetta.
Sul posto scene di disperazione. Quella degli amici della vittima, che urlavano e piangevano mentre all’interno dell’ambulanza giunta per prima sul posto i sanitari tentavano di rianimare Molè senza successo. E quella degli abitanti della zona, ripiombati nella maledizione che avvolge “il serpentone”, come i romani chiamano il palazzo alto nove piani e lungo 986 metri, diventato nell’immaginario collettivo simbolo del degrado della periferia di Roma.
Un luogo dove per sopravvivere è meglio “farsi i fatti propri”, come molti residenti hanno riferito ai cronisti accorsi subito dopo il delitto. I carabinieri, a cui sono affidate le indagini, coordinate dal pm Mario Palazzi, stanno analizzandoi le videocamere di sorveglianza della zona per capire se sia stata ripresa la scena degli spari e la fuga dell’automobile. Molè lascia una figlia di otto anni e un bimbo di un anno. Abitava con la sua compagna in una casa del Comune a pochi metri dal luogo dell’agguato.
Secondo alcuni abitanti del luogo l’abitazione era occupata abusivamente, una pratica piuttosto comune nella zona, dove l’illegalità diffusa rende insicura la vita dei residenti, che ieri sera, in molti, manifestavano il proposito di andare via. Gli inquirenti, che sul posto hanno repertato nove bossoli, seguono la strada del regolamento di conti tra bande per il controllo del traffico di droga.
Alcune voci a caldo tra la folla ieri sera ipotizzavano, senza alcuna conferma per il momento, che la vittima stesse collaborando con le forze dell’ordine e questa fosse una vendetta dei clan. Altri sostenevano che Molè, dal carattere impetuoso, non avesse accettato di scendere a patti con chi sta ridisegnando la mappa dello spaccio a Roma dopo gli ultimi episodi di cronaca nera. Una residente ci racconta che da qualche giorno nella zona, all’altezza del nuovo campo sportivo, i carabinieri effettuavano dei posti di blocco che non si vedevano da molto tempo.
Corviale ha paura ed è sola. Questo il sentimento delle persone accorse numerose ieri sera sul luogo della sparatoria. Anche chi non ha a che fare con la criminalità conosceva bene Cristiano Molè, cresciuto nella zona, molti non riuscivano a trattenere le lacrime, tra le urla strazianti della compagna e della madre.
Il degrado delle periferie romane non sembra trovare sensibilità nel governo. Da un anno è in corso una querelle tra il Comune di Roma e Raffaele Fitto, il ministro che gestisce i soldi del Pnrr, per il definanziamento dei Pui (Piani urbani integrati), che toglie 170 milioni di euro ai progetti per la riqualificazione delle periferie, tra cui oltre a Corviale anche Tor Bella Monaca e il complesso di Santa Maria della Pietà.
Gianluca Cicinelli
vedi:Agguato con omicidio a Corviale – Diogene (diogeneonline.info)