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Napoli e il piano da 18 milioni per Scampia: giù le torri che hanno fatto da set per Gomorra. Il nodo di una casa per un centinaio di famiglie.
A giugno il decreto per le periferie: cinquecento milioni «per farle belle» e, secondo il pensiero di Renzo Piano, trasformarle in un argine «alla barbarie». Lunedì scorso la risposta del Comune di Napoli: un progetto per le Vele di Scampia, quelle immortalate per la prima volta da Salvatore Piscicelli in «Le occasioni di Rosa», e poi rese famose da «Gomorra» e famosissime da «Gomorra-LaSerie». Nel primo film, del 1981, la bella Rosa guarda le Vele da poco abitate e sogna di rifarsi una vita altrove (c’era ancora speranza). Nella serie tv, il boss Savastano le guarda da lontano e trama invece per riprendersele e ripristinare la sua mega-piazza di spaccio (siamo già in piena barbarie).
La «partita» politica
Col decreto del governo e col piano del Comune si aprono ora due partite decisive. Una tutta politica tra Renzi e de Magistris e un’altra tutta di civiltà, con Renzi e de Magistris, si spera, questa volta dalla stessa parte. La partita politica è presto detta: Renzi ha già commissariato l’ex area di Bagnoli e il progetto va a rilento, anche perché de Magistris, messo nell’angolo, non collabora; a Scampia, invece, i tecnici comunali e quelli di Palazzo Chigi hanno lavorato gomito a gomito, e il sindaco vuole dimostrare che è questo il metodo da seguire. Non solo. «Con noi, seduti allo stesso tavolo — spiega l’assessore-architetto Carmine Piscopo — ci sono stati anche i rappresentati dei comitati di base, e questo a riprova del fatto che nulla calerà dall’alto».
La «partita» civile
Più complicata, ma più interessante, la partita «civile». Il Comune vuole abbattere tre delle quattro Vele ancora esistenti, dove vivono 300 famiglie, e vuole salvarne una — la B, quella che nelle intenzioni doveva essere celeste — per riqualificarla e farne o un museo o un centro di aggregazione sociale: sarà un concorso internazionale a dire cosa e come. La gran parte dei residenti, duecento famiglie, hanno già una casa assegnata altrove. Gli altri dovranno invece aspettare l’evolversi del progetto. Per tutto questo, il Comune chiede il massimo che secondo il decreto può chiedere: 18 milioni per sé e 40 per l’area metropolitana. Di suo, poi, ci aggiunge altri 9 milioni. Ne mancano 53, ma intanto è chiaro che de Magistris ha deciso di giocarsi tutto su Scampia. Un’ulteriore sfida a Renzi.
Il simbolo del degrado
Ispirate alle architetture di Le Corbusier e di Kenzo Tange, le Vele sono poi diventate il simbolo del degrado italiano. Cioè l’esatto opposto di quella modernità progressista per cui furono pensate: come il quartiere Zen a Palermo di Vittorio Gregotti e il Corviale a Roma di Mario Fiorentino. Spinto dalla stessa «ideologia», Franz Di Salvo, tra il 1970 e il 1972 coordinò, per conto della Cassmezz, il gruppo di 6 architetti e 11 ingegneri che le disegnò. Ma ecco il punto. Quel gruppo progettò le Vele, ma non ne curò la realizzazione, perché nel frattempo arrivò il terremoto del 1980 e non ci fu più tempo per i corridoi leggeri e trasparenti o le gradinate più larghe che avrebbero dovuto dare luce alle case. «Dovevamo accompagnare quel progetto con un piano di sviluppo e non trasferire là solo i ceti più poveri e emarginati; e invece volemmo il maledetto e subito», disse poi l’assessore comunale del tempo, il comunista Andrea Geremicca. Risultato: in quelle sette Vele di 14 piani, alte fino a 45 metri, e ora quasi tutte con gli ascensori fuori uso da anni, ci finirono oltre mille famiglie. Divennero un inferno. E toccò a Bassolino, nel 1997, il compito di iniziare l’abbattimento. Quando in diretta Tv gli artificieri azionarono il comando a distanza, però, qualcosa non funzionò. Per l’imbarazzo, Bassolino impallidì, e si sentì uno scugnizzo urlargli: «Sindaco, avite fatto fetecchia». Avete fatto cilecca. Ci volle qualche settimana per completare l’opera, ma rimasero comunque in piedi le attuali quattro vele. Ora Renzi ha 90 giorni di tempo per accettare o respingere il piano. Se lo accoglierà, occorreranno altri 30 giorni per stipulare le convenzioni. In primavera potrebbero così iniziare i lavori. Sarebbe una svolta, per Napoli, la fuoriuscita da un dopo terremoto durato 35 anni. E la camorra? Si ritirerà in buon ordine? Si vedrà.