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Diario Europeo n.30
Trent’anni fa – il 23 maggio 1986 – in un clinica romana si spegneva Altiero Spinelli, che oggi riposa nell’isola di Ventotene. Quando era ancora in vita, poco più che trentenne, il giovane Altiero, era già stato nell’isola, prigioniero confinato dal regime fascista. E nel corso del 1941, insieme a Ernesto Rossi, vi scrisse: “Per un’Europa libera e unita-Progetto d’un Manifesto”. Il testo apparve, pubblicato clandestinamente, a Roma con il titolo: “Problemi della federazione europea” (insieme ad altri scritti dello stesso Spinelli), con le iniziali delle firme “A.S. ed E.R.”, curato da Eugenio Colorni, il 22 gennaio 1944, per le edizioni del Movimento italiano per la Federazione Europea.
Scrive Colorni, nella sua prefazione: “I presenti scritti sono stati concepiti e redatti nell’isola di Ventotene, negli anni 1941 e 1942. In quell’ambiente d’eccezione, fra le maglie di una rigidissima disciplina (…) la lontananza dalla vita politica concreta permetteva uno sguardo più distaccato (…) ricercando i motivi degli insuccessi passati non tanto in errori tecnici (…) o in una generica immaturità della situazione, quanto in insufficienze dell’impostazione generale (…) con troppo scarsa attenzione al nuovo che veniva modificando la realtà” (cfr. AA.VV., “Ventotene, un Manifesto per il futuro”, manifestolibri, 2014).
E’ interessante portare all’attenzione di lettori e lettrici odierni, le valutazioni che faceva quest’altro giovane italiano di trenta cinque anni – Eugenio Colorni – in piena guerra, sotto occupazione nazi-fascista, ed il linguaggio e i termini stessi, usati mentre si accingeva, mettendo a rischio anche la sua vita, a pubblicare uno scritto, una analisi, un sogno. Senza dimenticare che, pochi mesi dopo, sempre a Roma, la domenica 28 maggio 1944, il giovane Eugenio – mentre si recava ad una riunione clandestina, per organizzare la Brigata Matteotti (con i suoi compagni di lotta, Leo Solari e Mario Matteotti) , venne fermato dalla pattuglia della Banda Koch, nei pressi di piazza Bologna e gravemente ferito. Ricoverato all’ ospedale di S. Giovanni, muore due giorni dopo, martedì 30 maggio (cfr. Antonio Tedesco, “Il partigiano Colorni e il grande sogno europeo”, Editori riuniti university press, 2014). IN questi giorni di maggio, anche a questo giovane va la nostra memoria e la nostra gratitudine.
Tra un confino fascista, dunque, e i colpi assassini di una banda criminale, al servizio di un regime fascista e dell’occupante nazista, inizia il cammino del “Progetto di manifesto” – frutto di una speranza indomita di una giovane, indimenticabile generazione. “ L’Europa non cade dal cielo”, avrebbe poi titolato, un saggio (edito da Il Mulino molti anni dopo -1960), l’uomo adulto – Altiero Spinelli – politico ormai noto e, già, protagonista di molte battaglie.
L’eco delle parole usate dal giovane Colorni, ci mette dinanzi ad un film che conosciamo; rileggiamole: “ricercando i motivi degli insuccessi passati non tanto in errori tecnici”; “ o in una generica immaturità della situazione”; “quanto in insufficienze dell’impostazione generale”; “con troppo scarsa attenzione al nuovo che veniva modificando la realtà”.
Ci appare, improvvisamente, il film della crisi odierna di questa Unità Europea incompiuta e bloccata! Dal dibattito pubblico su “questa” Europa unita ascoltiamo, quotidianamente, un racconto il cui linguaggio è molto simile alle parole usate da Colorni. Ed è un racconto che parla di una “ impasse” della visione strategica della integrazione europea, che data dal 1989-90. Siamo ancora lì: a quegli undici mesi cruciali cha vanno dalla caduta del Muro (novembre 1989) alla riunificazione della Germania (ottobre 1990). Uno “stop and go” che allora non è stato compreso e, quindi, non è stato tradotto in una strategia nuova e diversa della costruzione europea. Pur nella temperie di quelle ore convulse, le consapevolezze non mancavano ( “ l’Unione politica è controparte della Unione economica e monetaria”: Helmut Kohl); sono mancate, invece, le decisioni conseguenti e coraggiose (“Abbiamo creduto di realizzare un progetto politico, anche contro la razionalità economica, sperando che poi questo costringesse all’Unione politica”: Gerhard Schroeder. “L’Euro è un progetto politico; non è che avessimo bisogno della moneta unica agli inizi degli anni Novanta; doveva essere il vettore dell’integrazione politica: questa era l’idea di fondo”: Joschka Fischer).
La straordinarietà della riunificazione tedesca, proprio a riguardo della strategia originaria di integrazione europea si può cogliere ancora meglio da una inattesa affermazione di Altiero Spinelli, che invitava a “condannare apertamente il rovinoso miraggio della riunificazione” (così, in “Tedeschi al bivio”, saggio apparso nel libro: “La Germania e l’unità europea”, a cura di Sergio Pistone, Napoli 1978). Il senso di questa affermazione è questo: l’impostazione e il percorso, e il ritmo ed i tempi della Unità europea, sognata nel buio della guerra fratricida e avviata nel dopoguerra con la messa in comune del carbone e dell’acciaio – strumenti indispensabili anche delle guerre fratricide tra europei- erano dentro una idea di Europa che prevedeva una Germania che sarebbe ‘dovevuta’ restare divisa.
La crisi attuale è dunque una manifestazione di una assenza lunga, troppo lunga della mancata presa d’atto e di coscienza di un cambio profondissimo di fase, scaturita da quell’evento.
Non siamo quindi di fronte a “problemi tecnici”, di “funzionamento” di una macchina ancora in rodaggio, ma al contrario alla fase ultima di un Congegno (politico, istituzionale, di infrastrutture economico-finanziarie e di un complesso di politiche comuni datate e incomplete, o appena abbozzate ed impari di fronte alle mutate condizioni strategiche del contesto globale) pensato ed avviato per una Storia europea diversa. Dopo il crollo dell’impero sovietico e la riunificazione della Germania è iniziata una’ Storia altra’.
Oggi, “crisi come quelle del debito sovrano greco e dell’arrivo massiccio di rifugiati e migranti economici hanno messo in dubbio l’efficacia dei meccanismi che dovrebbero garantire risposte comuni a problemi comuni” (Roberto Toscano, diplomatico ed ex ambasciatore in India e in Iran, cfr. la Repubblica, 20 maggio 2016, p. 49). ‘Meccanismi’ che non sono in grado di dare queste risposte attese dalle società contemporanee: urgenti e necessarie. Ragionando sulle analisi e valutazioni del presidente emerito, Giorgio Napolitano, nel libro: “Europa, politica e passione” (Feltrinelli, aprile 2016), appena presentato ai lettori e alle lettrici di oggi, il diplomatico osserva: “è un momento difficile per l’Europa. Così difficile che, mentre si diffonde l’euroscetticismo – la convinzione che l’integrazione europea non funzioni e nemmeno serva – prende corpo una ondata di euro-fobia, con attacchi all’Europa da parte di un nazionalismo redivivo, che La denuncia come problema piuttosto che come soluzione”. Giorgio Napolitano, peraltro – il cui europeismo storico è noto a tutti – definisce senza mezzi termini la situazione come “crisi, su diversi piani, del progetto e del processo di integrazione europea”.
Il completamento, necessario ed urgente, della Unione economica e monetaria (vedasi la recente “Unione bancaria”, ma senza la contestuale mutua garanzia europea dei depositi e in assenza di un meccanismo europeo che porti gradualmente alla costituzione di un unico Debito sovrano, un Fondo monetario europeo, un ministro del Tesoro europeo, ecc.) è soltanto una parte delle soluzioni attese, e che tardano.
I governi deli Stati membri manifestano – alcuni, non tutti; di tanto in tanto e non con continuità- consapevolezze di un “Grande Compromesso” tra i maggiori Paesi europei; ad esempio su: Immigrazioni, Economia, Russia (cioè: un pezzo di politica estera e un pezzo rilevante di politica energetica). Germania, Italia, Francia, e…chi ci sta. E’ sufficiente questo approccio? E’ certamente utile, ma non è adeguato alla sfida.
Resta, infatti, sullo sfondo la sfida vera: quella della rilevantissima questione strategica dell’insieme della “Integrazione” europea (Tipologia, Tempistica, Istituzioni). Ancora e sempre sullo sfondo: tutti sanno che esiste e nessuno ha la forza e il coraggio di prenderla di petto.
L’occasione del profondo rimescolamento cui è sottoposta l’ attuale costruzione europea, offerta dal referendum inglese dei prossimi giorni (a prescindere dal suo esito), può e deve costituire anche l’occasione per uno ‘stop and go’ della globale filosofia di Unità.
Ora è il tempo di ridefinire il “come , il perché e chi sta insieme”; e la tempistica – diversamente articolata- della integrazione. La sfida che ci lancia il mondo attraverso le “ Migrazioni”, può costituire il “luogo politico strategico” per “Ri-Definire” il carattere della “Casa comune”, nella quale ci sono ‘Piani” diversi e molte “Stanze”; con un solo “Tetto”, comuni-forti-solide “Fondamenta” e comuni, solidi “Pilastri” portanti.
“Il progetto d’un Manifesto” di Ventotene – a cui torniamo in queste ore per commemorare il trentesimo anniversario della morte di Spinelli, costituisce certamente, ancora oggi, una fonte di ispirazione forte e propulsiva.
In esso non si tratta di cercare la soluzione ai ritardi di una Unità che risulta bloccata da un gravissimo deficit di riforme urgenti e di nuove politiche comuni indispensabili. Sarebbe troppo semplice e, forse anche semplicistico. Dal suo “Progetto” è ancora possibile trarre la spinta morale per far ripartire il processo. Il modo migliore per celebrare i trent’anni dalla scomparsa del riformatore Altiero Spinelli, ed onorare la sua memoria, non sta nel citare le sue parole come formulette, già confezionate. Se – come lui ci ricorda – “l’Europa non cade dal cielo”, tocca alla nostra generazione e a quella che sta entrando in questi mesi ed anni nelle dinamiche politiche e strategiche di un mondo vasto e interconnesso, trovare nuove soluzioni a nuovi ed inediti problemi. La lezione di Altiero Spinelli – soprattutto quella dei suoi ultimi anni da protagonista delle e nelle Istituzioni – incomplete e acerbe – di quella Europa che cominciava a farsi Unita – sta proprio nella sua lezione di riformatore, tenace e volitivo; in quel suo rilanciare da stratega instancabile ‘ le ragioni’ – valide ieri come oggi – di una “Europa libera ed unita”. Più libera, perché unita.