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La domanda che viene da Genova interroga l’intero sistema politico a tutti i livelli, dagli enti territoriali all’Europa, dai comitati di cittadini alle massime cariche istituzionali, dai Tar alla Corte Costituzionale, dall’Anac alla Consob, dalla Confindustria ai sindacati, dai mezzi di comunicazione di massa all’intera opinione pubblica. E interroga anche le periferie, dai suoi comitati ai sindaci di tutt’Italia. Per una serie di motivi, il più ovvio è che il territorio dove è avvenuto il disastro è una delle tante periferie in cui insistono sovrastrutture viarie, come d’altronde il territorio del precedente disastro di Bologna. Un altro fondamentale motivo è che Genova interroga il futuro del sistema Paese in un controverso momento politico istituzionale con un governo di coalizione tra diversi con sensibilità e blocchi sociali e territoriali differenti.
Quello che ora occorre è una nuova versione del patto dei produttori, non più di stampo centralizzato, ma reticolare, che parta dai sindaci e coinvolga, in maniera assolutamente bipartisan, forze di maggioranza e di opposizione, comitati di cittadini e istituzioni, strutture sindacali e datoriali, in uno sforzo, normativo ed amministrativo, di superamento di quell’ipertrofia burocratica ben delineata ieri sul Foglio da Carlo Stagnaro.
Avevamo già, precedentemente e un po’ provocatoriamente, denunciato che questo combinato disposto di burocrazia, superfetazione normativa e malagiustizia stava facendo “morire di legalità” il Paese.
Ora questa realtà è sotto gli occhi di tutti. E a parte pochi mestatori della realtà il tema non è contrapporre manutenzione e prevenzione con infrastrutture necessarie al Paese. Contrapposizione che non esiste neanche a livello finanziario dal momento che tali infrastrutture sono, in maggior parte, a finanziamento europeo. Il punto è se mai aumentare l’efficienza e la produttività dei finanziamenti europei togliendoli alla frammentazione localistica (vedere il Corriere del 16 agosto: “Quei miliardi europei per le infrastrutture che l’Italia da anni fa fatica a spendere”).
Occorre un grande patto che “rammendi”, come proposto da Renzo Piano, il territorio italiano a cominciare dai suoi tratti più sofferenti, quelle periferie a cui, per ben iniziare, vanno restituiti i finanziamenti scippati.
È su questa questione, a partire dalla giornata dell’orgoglio della periferia del 1 settembre annunciata dai sindaci delle Marche e proposta da Renzo Piano, che si può cominciare a definire questo patto tra produttori di buona volontà. Noi del Coordinamento delle periferie, da Corviale a Scampia allo Zen, ci siamo rilanciando il nostro slogan “la realtà si vede meglio dalla periferia” in primis ai tre sindaci di Roma, Napoli e Roma affinché prendano il testimone di questa battaglia di civiltà.