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Periferie… Tutti al centro! Si riparte dai “margini”

Sette città metropolitane si incontrano, a Montecitorio, perché “La realtà si vede meglio dalla periferia”. Una lunga “maratona” per riappropriarsi di periferie, luoghi e identità perdute.

Un convegno sulle periferieIn pieno centro a Roma. Un paradosso? No, soprattutto se il tema principale dell’incontro è la rigenerazione di luoghi che non possono – e non devono – esser considerati marginali e per questo abbandonati a loro stessi.

Le periferie di cui si è parlato nella giornata del 23 novembre non sono quelle considerate tali perché geograficamente lontane dal centro della città. Sono invece quelle comunemente percepite come non-luoghi. Periferie che sanno di identità smarrite e nelle quali “stare al margine” diventa una consapevolezza più che una sensazione.

Ed è proprio dai tentativi di contrasto di questo status quo delle cose che prende forma il convegno “La realtà si vede meglio dalla periferia”. Nell’affascinante cornice della Sala Aldo Moro di Palazzo Montecitorio non si dà importanza a parole belle ma vuote. Il tavolo dei relatori è costruito infatti in modo tale da offrire testimonianze, esperienze e progetti messi in atto nelle periferie di diverse città italiane.

Gli interventi

Da Corviale (col suo “Serpentone”) allo Zen, da Scampia al Nuovo San Paolo, gli interventi di educatori, architetti, assessori ed esperti si susseguono incessanti. Una giornata sembra non bastare per entrare nel vivo di un tema che non può esser più solamente osservato dalla superficie. Ma, di certo, diventa sempre più impossibile non notare quanto le periferie siano accomunate da un’unica, fondamentale caratteristica: l’esser ritrovo di creatività e (sotto)culture.

Le persone, gli abitanti della periferia stessa, non possono dunque diventare un elemento secondario nell’analisi di questi luoghi. Anzi, al contrario, ripartire da chi vive questi spazi, ricomporre un sentimento di integrazione e identità sono il primo passo per riappropriarsi realmente delle periferie. E, non a caso, l’accesso al Convegno avviene dall’ingresso principale di Montecitorio, per un confronto con le istituzioni finalizzato a rimettere le persone al centro. Così come, con nuovo vigore, si sta tentando di fare con molte periferie italiane.

Se l’architetto Giovanni Caudo cita De Andrè e la sua “direzione ostinata e contraria” per riaffermare proprio la necessità di riqualificare le periferie, il convegno entra però nel vivo col racconto di progetti concreti realizzati in particolari periferie del nostro stivale.

“Carceri speciali”, Libertà e Serpentone

Letizia Liberatore e Domenico De Renzo (rispettivamente dei Comitati di quartiere Libertà e Nuovo San Paolo) ci portano alla scoperta di una Bari popolare sulla quale continuare a lavorare. “Il quartiere Libertà è da sempre musica, colore, luogo d’espressione d’arte e cultura. Doveva essere uno spazio aperto ai giovani, uno spazio da vivere. Ma il risultato non è stato quello”, dice Letizia. “Per questo ci impegniamo, per rispondere al degrado portando cultura. Ogni giorno c’è un forte reazione da parte di cittadini determinati a cambiare le cose.”

Dal racconto della Nuova San Paolo, dove i cittadini che hanno investito non vedono dopo 17 anni ancora alcun risultato, si passa poi a quello di Scampia. La storia delle “Vele” viene raccontata dai rappresentanti del Comitato e da chi, le vele, le vive e ricorda quando erano ancora sette: “C’è un’umanità straordinaria. Gente che lotta e non si rassegna. Le Vele noi le chiamiamo carcere speciale perché abbiamo visto cose bruttissime e per 30 anni siamo stati etichettati da un mondo che vede solo la Scampia dei film, di Gomorra. Ma non siamo solo questo”.

Lavoro, passioni…

Le emozioni di fronte a racconti di quanto è stato fatto e quanto ancora ci sia da lavorare si fondono con interviste, dati tecnici e interventi-video, come quello del Capo della Polizia Franco Gabrielli, sulla (in)sicurezza di molte delle periferie chiamate in causa. Pino Galeota, CorvialeDomani (facente parte di Coordinamento 23 Novembre – organizzatore dell’evento insieme al Forum Terzo Settore Lazio e altre reti e associazioni attive sul territorio), spiega come in quartieri simili la battaglia si combatte sul campo del valore sociale. In questo senso la risposta di Gabrielli risuona ancora più forte: “in 13 mesi ha visitato 60 periferie. Quando abbiamo detto che a Corviale non viene nessuno, lui ha prontamente risposto Ci vengo io. E l’ha fatto sul serio”, conclude Galeota.

…E foto dalle periferie

L’intervento del Dott. Sandro Cruciani – Responsabile Direzione Centrale ISTAT – diventa invece fondamentale per combinare le esperienze maturate “sul campo” con dati, numeri e statistiche. Istantanee capaci di restituire importanti fotografie di Comunità e territori da coinvolgere nel processo di rigenerazione.

La mattinata si conclude con gli interventi di Giovanni Ginocchini, Urban Center Bologna, Erika Mattarella, che porta l’esperienza di Torino, Elena Donaggio la realtà di Milano e Mariangela Di Gangi, Laboratorio Zen Insieme, di Palermo.

Tante voci, competenze diverse eppure punti di vista estremamente interessanti. Utili a fornire una visione generale della questione e raccontare piani di azione realizzabili da chi conosce bene il tema di cui parla. Tutti elementi che denotano la particolare cura nella selezione dei relatori e delle realtà presentate.

In viaggio per l’Italia

A Bologna l’Urban Center crea spazi di “immaginazione civica” e innova con “patti di collaborazione” che favoriscano la partecipazione dei cittadini attraverso un “bilancio partecipativo”: per la prima volta sono i cittadini a votare i progetti presentati (quasi 30, segno della voglia di fare per donare nuova identità alla propria periferia). Voto aperto a ragazzi dai 16 anni, agli studenti non residenti e agli stranieri. Insomma, a tutte quelle persone che vivono la città ma non hanno in altri casi il diritto di dire la loro.

A Torino è la realtà delle case di quartiere a rivoluzionare il concetto di periferia passiva: aperte a tutte e sede esclusiva di nessuno, questi luoghi diventano importanti contenitori di progettualità, come a Milano è il progetto UIA a dare vita a una mappatura e scoperta di buone pratiche provenienti “dal basso”.

In pochi minuti Mariangela Di Gangi riesce invece a colpire l’intera sala con un incisivo racconto delle attività di Laboratorio Zen Insieme sul territorio palermitano. Poche e chiarissime parole che lasciano ben impresso un concetto: “l’obiettivo degli educatori, qui, è combattere non la mafia, ma la mentalità mafiosa”.

Sociale, istituzioni e nuove narrazioni

“Non siamo tutti Buzzi, non siamo tutti Carminati”, inizia con questo monito di Salvatore Costantino (Presidente impresa sociale Folias – Legacoop) il pomeriggio, che prosegue poi all’insegna di tavole rotonde istituzionali. “Come rigenerare la periferia?”, chiede Francesca Danese, Portavoce Forum Terzo Settore Lazio. “Con la conoscenza e, insieme, la valorizzazione di un mondo come il Terzo Settore. Non si tratta di portare il Colosseo in periferia, piuttosto il contrario. Va sottolineato che rispetto ad altre città europee da noi non ci sono banlieue, però dobbiamo prendere atto della preoccupante situazione attuale: la povertà è fortemente aumentata anche nei paesi che hanno voluto creare l’Europa. E allora, se ci siamo fatti sfuggire un’Europa sociale, forse dobbiamo ripartire proprio dalle periferie per ritrovare alcuni valori persi”.

Mentre gli interventi continuano, almeno due consapevolezze si fanno strada, decise: la prima che un dialogo e la creazione di una rete tra realtà territoriali di Città metropolitane diverse è possibile. La seconda è che la ricostruzione passa anche, e soprattutto, dalle amministrazioni. E sta proprio alle istituzioni creare nuove narrazioni.

Materiale ce n’è, voglia di fare e capacità di riuscire non mancano, quindi… Non resta che ripartire. Dalle periferie, ovviamente.

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