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Carosello napoletano si sporca la faccia: è grande cinema
dei Manetti Bros. Con Giampaolo Morelli, Serena Rossi, Claudia Gerini, Carlo Buccirosso, Raiz Italia 2017
Non si può dire che il musical abbia in Italia una grande tradizione, se si escludono i “musicarelli”( e, prima ancora, i vecchi film interpretati da cantanti di successo, Claudio Villa e Luciano Tajoli tra gli altri, che erano flebili storie funzionali all’ascolto dei loro successi) e la sceneggiata (che sono però tutti film con canzoni) e, sul coté autoriale, Tano da morire di Roberta Torre e Belluscone- Una storia siciliana di Franco Maresco (in entrambi, peraltro, i brani neo-melodici hanno una funzione di contrappunto sociale). Ha avuto, certamente, punte importanti: il capolavoro Carosello napoletano di Ettore Giannini, il bel La Tosca di Luigi Magni, il colpevolmente dimenticato Per amore… per magia di Duccio Tessari e, in qualche modo, il recentissimo bel cartoon La Gatta Cenerentola ma ci volevano Antonio e Marco Manetti per dare alla nostra cinematografia un vero, grande musical. Loro, cinefili appassionati, ultimi eccezionali epigoni del nostro cinema di genere (Zora la vampira, L’arrivo di Wang, Paura), avevano già raccontato, con successo, Napoli e la sua musica (neomelodica in quel caso) in Song ‘e Napule; con Ammore e malavita compiono un passo più importante: mettono insieme un cast di cantanti e musicisti di generi diversissimi – dal re dei “cantanti di giacca” Pino Mauro, al vecchio Antonio Buonomo, ai giovani (ciascuno innovativo a suo modo) Andrea D’Alessio, Tia Architto, Franco Ricciardi, Ivan Granatino, Ronnie Marmo e Claudia Federica Petrella, al percussionista Ciccio Merolla fino al sorprendente Raiz, leader degli Almanegretta e musicista a tutto tondo e, qui, bravissimo attore – e, grazie alle coreografie di Luca Tommassini e alle musiche di Pivio e Aldo De Scalzi, dànno vita ad un film che rimarrà nella storia del nostro cinema. Io ho avuto difficoltà nel non alzarmi ad applaudire alla fine dell’esibizione di Pino Mauro, che canta Chiagne femmena seduto su di un trono di cornetti rossi in Piazza Plebiscito. Ovviamente, onnivori ed attenti, i bros. Non si sono fatti mancare il Rispo di Un posto al sole e Antonella Morea, la mamma della serie web Casa Surace, che come gli altri tasselli (tra cui l’ottima ressa di Buccirosso e Morelli) contribuiscono a definire un grande mosaico. Presentato a Venezia, con vari premi, era stato denominato Na Na Land (per dire: il La La Land napoletano) ma, in realtà Ammore e malavita è molto più musical del trattenuto film di Damien Chazelle). Gli incassi sono un bel segnale di controtendenza, in un periodo complicato per il cinema in Italia.
In una Napoli – nella quale la malavita è talmente centrale che l’operatore turistico Aniello (Andrea D’alessio) organizza una visita alle Vele e una delle turiste, appena scippata (Tia Architto), si mette a cantare e a ballare, felice dell’esperienza – ha luogo il funerale del boss Don Vincenzo Strozzalone (Buccirosso), “’o re d’o pesce”, ma mentre la vedova Donna Maria (Gerini), la madre Filomena (Graziella Marina), la sorella Bettina (Lucianna De Falco) e il nipote Franco Luigi (Antonio Fiorillo) lo piangono, il cadavere nella bara canta la sua sorpresa nel vedersi circondato da sconosciuti. In realtà nella bara c’è un sosia di Vincenzo, Francesco De Rosa, che il boss aveva fatto ammazzare dal suo braccio destro Gennaro (Franco Ricciardi). Qualche giorno prima Pistillo (Ivan Granatino), nipote del boss del clan rivale Nunzio (Gennaro Esposito), era andato con un gruppo di pistoleri nella pescheria per uccidere Vincenzo, ferendolo al sedere, mentre l’intervento di due killer in moto, le Tigri, Rosario (Raiz) e Ciro (Giampiero Morelli), lo aveva messo in fuga, convinto di averlo ucciso. Donna Maria, stanca come il marito degli stress di quella vita e appassionata di cinema, si ispira ad Agente 007 – Si vive solo due volte e concepisce il piano di uccidere lo scarparo Francesco e organizzare il finto funerale per potere fuggire e godersi la ricchezza accumulata, investita in alcuni preziosissimi diamanti. Con la complicità del dottor Spadafora (Marco Mario De Notaris), la notte Vincenzo si fa estrarre il proiettile in ospedale, dopo aver lasciato la guida della banda a Gennaro e la pescheria alle Tigri; l’infermiera Fatima però lo vede e lui ordina ai due killer di ammazzarla. Ciro la intercetta ma lei, a sorpresa, gli si butta tra le braccia: quando erano ragazzi (Lorena Russo e Andrea Saporito) si erano giurati eterno amore ma poi lui, arruolatosi nella malavita per vendicare l’uccisione del padre, era scomparso. Anche in Ciro si riaccende l’amore e, dopo aver sparato alle ruote della moto di Rosario per non farsi inseguire, porta in salvo Fatima, rifugiandola dallo zio Mimmo (Antonio Bonomo), un ex-contrabbandiere ora venditore di botti. Lei sta nascosta in casa di Mimmo e lui di notte affronta, via via, tutti i sicari mandati da Don Vincenzo e ne uccide parecchi, finché Rosario – interrogando la donna (Rosalia Porcaro) che ha cresciuto Fatima e, soprattutto, il cartolaio (Patrizio Rispo) del quartiere, che è arrabbiato con Mimmo per dei botti che da giorni doveva consegnare – capisce tutto. Arrivato in casa dell’ex-contrabbandiere, non trova nessuno ma una foto e delle lettere gli forniscono l’indirizzo di Mariellina (Claudia Federica Perella), la figlia di Mimmo che studia a New York; al cugino di Don Vincenzo, Frank (Ronnie Marmo) che gestisce lì una pizzeria, viene dato l’incarico di andare a casa della ragazza e di minacciare per telefono il padre che se non consegnerà Ciro e Fatima, vivi o morti, lui ucciderà Mariellina. Fatima – che, stanca di stare chiusa in casa si era nascosta nel motoscafo – sente tutto e corre da Ciro, che è al porto per sistemare i conti con altri killer. Lei cerca di fermarlo ammanettandolo ma è costretta a fuggire con lui e ad assistere ad una sparatoria nel corso della quale lui uccide Gennaro e tutti i suoi uomini. Ora però sarà lei a prendere in mano la situazione: ruba i diamanti, fa arrestare Don Vincenzo e Donna Maria e, grazie ai trucchi teatrali di Hope (Juliet Essey Joseph), fa credere Ciro ucciso da Mimmo. Ora loro e lo zio possono partire, ricchi e liberi, ma ovunque vadano … Nun è Napule.