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Periferie. Tor Sapienza a prova di accoglienza

Percorriamo il centro storico della borgata con Adriana Goni Mazzitelli, antropologa di origini uruguaiane, con un dottorato in Urbanistica all’Università Roma Tre, per la quale ha realizzato il volume ‘Vincere il confine’, ricerca frutto del lavoro di quasi cinque anni sul territorio. Quindici progetti che in forma capillare indicano i modi per recuperare spazi nel tentativo di capire le forme di convivenza e di dialogo possibili. Spesso le periferie vengono paragonate alle favelas: “Il problema è che qui non ci si occupa minimamente della cosiddette favelas – spiega – mentre da noi prendiamo atto che ci sono delle povertà strutturali e allora cerchiamo di attuare dei programmi per queste. Qui in fondo si ripetono tutte le condizioni tipiche delle favelas, dall’informalità nel lavoro alle diverse forme di precarietà. E’ una lotta tra poveri. Il 2014, con la rivolta per la gestione del centro immigrati, ha segnato uno spartiacque. Siamo di fronte ad una vera e propria banlieue”. Costeggiamo l’area militare del Sisde accanto a capannoni abbandonati e sporcizia: “Le catene della grande distribuzione si sono mangiate tutto il piccolo commercio – racconta Adriana – e anche la vita sociale di quartiere. C’era un carnevale tipico, lo spazio era molto più curato, ora sta diventando uno spazio più anonimo. Ci sono non luoghi diventati quasi esclusivamente di transito. Palazzi di nuova costruzione frutto di speculazione edilizia e che non si sono riusciti a vendere. Si rischia che questo diventi un cuore vuoto”.

Colate di cemento senza riqualificazione delle aree dismesse

“Si continua a creare volumi e non si riutilizzano gli spazi dismessi, spesso fabbriche o edifici scolastici. Siamo sotto infrazione europea per questo ma nessuno fa niente, si continua così”, lamenta Alfredino Di Fante, fondatore e segretario dell’Agenzia di quartiere Tor Sapienza, che rappresenta 23 associazioni sul territorio di cui molte onlus. Carlo Cellammare, docente di Urbanistica all’Università La Sapienza, che ci accompagna ad ogni tappa del nostro viaggio nelle periferie di Roma, insiste: “Potenzialmente ci potrebbero essere tante opportunità, sono territori dove si potrebbero insediare nuove attività senza dover andare ancora più lontano, fuori dalla città. Roma ha il grande problema di aree non riqualificate e che qui e altrove creano una sensazione di disagio e degrado”.

Un quartiere che deve ritrovare una integrazione tra sue parti sociali deve sempre ripartire dalle attività culturali. E’ un aspetto a cui tiene particolarmente la ricercatrice: “Gli anziani ci dicono che se non si ritrovano non possono risolvere i problemi di Tor Sapienza. Nel tempo i centri comunali si sono svuotati di risorse e non riescono per di più a lavorare in rete. Per esempio la biblioteca-teatro Quarticciolo è un centro bellissimo ma ormai insufficiente. Ormai ci basiamo solo sul volontariato”. E fa l’esempio virtuoso di Medellin, in Colombia, e di Torino, dove l’urbanistica sociale ha fatto passi avanti molto buoni.

Il volontariato cattolico e l’opera di prossimità

Nella parrocchia Santa Maria Immacolata e San Vincenzo de Paoli risuona con tenacia la testimonianza di Melania Nicoli, bresciana, qui da 35 anni, ex magistrato e presidente dell’associazione di volontariato “Vocators” (Volontariato cattolico Tor Sapienza) che tanto si spende per creare prossimità. Ci spiega come abbiano cominciato come propaggine della parrocchia a livello di carità immediata e in che modo dal 2000 sia cambiato completamente il tipo di approccio che veniva richiesto anche dall’insorgere di esigenze nuove. “C’è la zona tradizionale di Tor Sapienza e c’è la zona dei palazzoni”, descrive. “Io sono dell’avviso che noi non possiamo campare vicino a qualcuno che sta male ignorando il suo dolore. Abbiamo dovuto prendere atto che di là c’erano situazioni di maggior disagio ma anche di ricchezza umana, ci sono persone che vogliono stare con noi, che vogliono lavorare… non possiamo fare finta che non ci sono, e allora dobbiamo collaborare. Negli anni abbiamo realizzato una casa famiglia alla Rustica che accoglie mamme con i propri bambini, anche immigrati. In questa esperienza abbiamo avuto una risposta di straordinaria generosità da parte delle famiglie del centro della borgata. Abbiamo aperto uno sportello per problematiche legate alla coppia e alla genitorialità. In tre anni abbiamo 120-130 posizioni risolte. A inizio febbraio partirà, in collaborazione con l’associazione il Ponte, il funzionamento di uno sportello per famiglie con figli gravemente disabili”.

Razzismo?

Come la mettiamo con le accuse di razzismo che vi affibbiano?: “La gente dai cinquanta anni in su in questo momento è un po’ arrabbiata per la novità di compagine legata alla presenza di immigrati”, spiega ancora Melania. “Non c’è nessuna forma di discriminazione da parte nostra, anche se abbiamo registrato che gli episodi di vandalismo e ruberie sono aumentati molto proprio in coincidenza con la presenza più massiccia di immigrati, forse come ovunque. Ma io dico che per esempio la mia associazione ha trovato lavoro in questi anni a 640 badanti, tutte straniere. E’ che le regole devono essere comuni. Dobbiamo renderci conto che una vera integrazione si realizza nel tempo e, forse, dobbiamo realizzare che sono più maturi nell’accoglienza proprio coloro che vivono nella zona Tor Sapienza 2, nei palazzoni di via Morandi. Forse perché ‘obbligati’ a vivere gomito a gomito. Noi li vediamo invece ancora come qualcosa di molto diverso e allora dobbiamo camminare un po’. Bisogna continuare ad educare la gente. Noi ci impegniamo in questo. Magari hanno compassione di quelli che chiedono l’elemosina ma poi condannano. Dovremmo avere spazi di aggregazione per i giovani. Ripartire da lì. La sera non c’è nulla, neanche un bar aperto”.

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