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Arte da rubare, condivisione o furto AAA candid camera cercasi

L'evoluzione della street art nella società dei consumi

Al Vicolo del Colosseo, a Roma, appeso a delle transenne di recinzione, ho trovato un piccolo quadro. In realtà, non è incorniciato, e non è una tela: è un banner pubblicitario. È un oggetto bizzarro, a forma rettangolare, è un ritaglio e sul retro c’è un’etichetta color arancione con su scritto: “ARTE_DA_RUBARE/ART TO BE STOLEN, grazie per aver preso quest’opera. Ti prego di mandare una foto della sua nuova collocazione e se vuoi un messaggio”. Era un invito che non potevo non cogliere. Da qui, ecco l’intervista, tutta fornita telematicamente, a Marco Cantarelli, in arte Canz-52, classe ’74, artista del quartiere Pigneto, a Roma. L’empatia è stata immediata, la gentilezza con cui si è presentato, spontanea. La sua origine artistica unitamente al movimento di cui fa parte e il suo progetto ARTE_DA_RUBARE appartengono ad un fermento urbano che sta investendo molte città italiane, che pare prendere forma e divenire fluido, un blob che non ha paura di invadere il campo, che aggrega artisti emergenti e sperimenta nuove forme di comunicazione artistiche.

 

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la nuova collocazione dell’opera trovata in Vicolo del Colosseo, Roma

Ho trovato l’opera a Vicolo del Colosseo: in realtà, da dove viene?

Come la maggior parte delle opere che realizziamo molte di esse vengono dall’opera di recupero: quadri che troviamo negli appartamenti o vicino ai cassonetti o tutto ciò che c’è in una casa, quando vengono venduti gli appartamenti. Oppure, banner pubblicitari, come quello che hai trovato tu. Il processo che ci interessa è rendere un materiale povero, frutto della nostra società in cui il consumo  è continuo e vederci qualcosa dentro, che diventa importante nel tempo. La capacità sta nell’attivare un processo di trasformazione in un oggetto, visto dai più, come di rifiuto e farlo diventare un’opera. L’opera, lasciata in strada, cattura in maniera magnetica l’attenzione di un passante, che è meno distratto del solito; perché sai, la maggior parte delle persone se ne sta con la testa sul telefonino, chi trova le opere ha la testa sulle nuvole o è romanticamente legata all’osservazione del territorio, sono quasi persone che sanno badare alle piccole cose. In quel momento si crea una sorta di alchimia tra l’opera e la persona: questo ci interessa. Documentare le emozioni che seguono il processo in cui l’opera viene mostrata al pubblico è, per l’artista, il momento esaustivo: della serie, “ho tirato fuori quello che volevo esprimere”. Nel migliore dei casi, e se siamo fortunati, riusciamo a filmare il momento in cui l’opera viene presa. È bene per un’artista rimanere accanto al pubblico durante una personale, il brusio dei commenti, un modo per mettersi a nudo, rimanere ad origliare. Noi facciamo leva su questo aspetto più che essere legati a mostre al chiuso. Per goderci questa emozione, ripetiamo quest’atto all’esterno, per vivere più volte il momento esatto in cui c’è questa alchimia tra pubblico e opera.

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“Nel migliore dei casi e se siamo fortunati, riusciamo a filmare il momento in cui l’opera viene presa” afferma Canz-52, nome d’arte per Marco Cantarelli, classe ’74, artista del Pigneto, Roma

 

Chi è Canz-52?

Mi identifico con Canz-52, alter ego di Marco Cantarelli, artista. Ho scelto questo nome che viene dal periodo in cui facevo graffiti, che rappresentano una parte importante della mia formazione. Come molte persone, come me, over 40, ho fatto dei passi per spostarmi da questa cultura e in altre forme di espressione. Questa iniziativa ARTE_DA_RUBARE  è un progetto maturo: rimane il legame con la strada ma cambia direzione. Dalla pittura con gli stencil sono poi passato alla scultura, ho subito il fascino degli effetti speciali cinematografici, scoprendo poi i materiali e la modellazione. I graffiti hanno una doppia anima, un fenomeno che ha dato tanto, e che dà tanto, e che però, mantiene in sé l’aspetto del vandalismo. Sono come lo Ying e lo Yang: per un writer, il vandalismo e l’arte sono le due facce della stessa medaglia. Credo che non esista un writer che non abbia vandalizzato qualche muro, ma molto dipende dalla cultura da cui proveniamo, io sono legato al mio territorio d’origine, in un quartiere che veniva ben curato. Ho cercato sempre di lavorare in punta di piedi, abitando a Roma. Non ho mai abbandonato però il mio street name perché sono le mie origini, sono partito da lì. Ora, in strada, ci sono fenomeni molto più diversificati.

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Uno dei messaggi che l’artista ha ricevuto: “Rubare non è stato mai così facile. Bella iniziativa. Se servono altre” tele” fammelo sapere!”

Saresti capace di non fare quello che fai?

Forse no. Perché la formula che ho trovato sdogana e libera molte necessità che ho, in qualità di artista e persona e mi permette di produrre, senza fermarmi, senza dover pensare allo spazio. Penso ai grandi artisti che si possono permettere quattro chiodi in una stanza di 150 mq e, provocatoriamente, trovato un titolo dicono che è un’opera d’arte. Sono opere che mi lasciano perplesso, ma mi fanno riflettere sulla gestione dello spazio e della comunicazione e la grande sensibilità degli artisti affermati. Io non devo aspettare permessi, attese dalle gallerie: è una cosa molto più istintiva. Questa modalità produttiva dà la possibilità ad un atteggiamento che fa parte del mio carattere, quasi compulsivo, nella produzione di opere: non c’è alcun freno.

ARTE_DA_RUBARE è un’evoluzione di una mia idea, che si è incontrata con quella di un altro artista tedesco, incontrato per sbaglio a Roma, dove ho trovato un suo quadro nel quartiere Monti. Da me e Zeitwille è nato un gruppo, ora esteso a nove artisti; abbiamo deciso di mantenere il gruppo a nove elementi al fine di conoscerci, mantenere un rapporto intimo, e un forte legame umano. Dal gruppo è stata lanciata una fase 2.0 dove chiunque può aderire alla formula, replicando e condividendo con noi il risultato. L’unica cosa che chiediamo è la paternità dell’idea, ma vogliamo che sia un progetto che si muova sulle sue gambe.

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Roma, Lungotevere: opera di Canz-52, Big mother consumerism

Sapresti raccontarmi di come vedi il panorama artistico italiano in questi ultimi anni?

Interessante. Sono più attento a fenomeni analoghi al mio percorso, tutto ciò che avviene per strada. Faccio riferimento a questo panorama. Non mi piacciono molto le critiche negative, io sono ottimista, vedo un bel fermento, sono contento di ciò che sta accadendo, lo sviluppo dell’arte e l’aumento lo vedo di buon occhio. A me piace molto la scultura classica, ad esempio, perché la vedo come il riproporsi di un passato importante in una società decadente. Riproporre quelle immagini ha un valore a livello artistico e storico. Di conseguenza, mi interessano gli scultori. Uno dei miei preferiti è Aron Demetz, italiano, o provocatori come Cattelan, d’impatto.

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Le opere si possono trovare ovunque: stazioni, ferrovie, strade, muri

 

E a riguardo della street art? Sei d’accordo con la nuova Roma muralizzata? Penso ai cicli di street art al Mandrione, al Quadraro, al Trullo..

Rispetto al passato in cui era presente molto grigiume e molte periferie abbrutite questi mega disegni sui muri, nella maggior parte dei casi, mi piacciono. Un disegno che diventa una gigantografia, per farlo diventare arte è molto difficile, non è sempre possibile far calare un’anima nel disegno. A volte rimangono dei grandi, giganteschi disegni e basta. Molti sono bravi a disegnare e sono capaci di riprodurre un volto come in una fotografia: ma non basta questa attitudine per definire un’opera d’arte. Ma qui non stiamo a discutere di cosa sia un’opera d’arte. Forse ci vorrebbe un po’ di autocritica da parte degli artisti. È un fenomeno positivo, però. Sicuramente la mancanza di rispetto dei graffiti è l’illegalità. Preferisco San Basilio a Roma, diversa, perché tutta colorata e sicuramente mi piacciono questo tipo di interventi. Le nostre periferie non hanno bisogno solo di questo: gli interventi devono essere anche di sostanza. Bisogna coinvolgere il territorio su cui si va ad impattare, indagare se piace ciò che si sta facendo. In alcuni casi, penso al Quadraro, in cui ci sono degli scorci molto vissuti, che hanno una storia da raccontare, una propria personalità che non hanno niente a che fare con la street art. Un altro punto importante del fenomeno è l’audience: il pubblico che fa un tifo sfrenato per lo street art, perché è immediata, sono disegni facili da comprendere, da visualizzare ed è facile apprezzarli piuttosto che il writing che sono scritte. C’è un accanimento a difendere le opere di street art  che crea un elemento che falsa il giudizio. Un pubblico non molto preparato a capire che cosa accade in strada.

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Canz-52 e la scultura provocatoria: sculture di bottiglie in finestra

Per visitare il sito e i progetti di Canz-52 visita: https://www.behance.net/gallery/29728239/ART-TO-BE-STOLEN-ARTE-DA-RUBARE

O la pagina Facebook: https://www.facebook.com/artedarubare/

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