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Ripartire dalle persone, riavvicinare cittadini e istituzioni, uscire dall’emergenza e cominciare a pianificare: così si può fare la rigenerazione urbana.
Le periferie di Roma hanno preso la parola con il convegno “Periferie: adesso parliamo noi”: è stata l’occasione di parlare della rigenerazione urbana. Tra tanti temi, tutti sono d’accordo su un punto di partenza: le persone.
Quando si parla di periferie si tende sempre a concentrarsi sulle loro condizioni fisiche. Il degrado, che condiziona le vite dei cittadini, è la prima cosa che balza agli occhi. Per questo oggi, quando si dice la parola “periferie”, si pensa subito a interventi di natura edilizia, urbanistica, architettonica.
Ma c’è anche chi nelle periferie ci vive. Le persone, con le loro vite, il loro lavoro, le loro storie. Uno dei temi ricorrenti dell’incontro “Periferie: adesso parliamo noi”, organizzato dal Coordinamento periferie (che mette insieme comitati di Corviale, Statuario, Tor Bella Monaca, Torpignattara, Torrespaccata) il 26 maggio scorso con l’obiettivo di comunicare sette richieste a chi governerà in futuro la capitale, è stato proprio questo. Sì, perché per parlare di periferie, bisogna conoscere le persone che ci vivono. E capirle.
Periferia, un concetto ambiguo
Una ricerca dell’Università Roma Tre, presentata dal professor Pasquale De Muro, ad esempio, ci mostra dei dati preoccupanti rispetto ai livelli di istruzione di chi vive in periferia, livelli che sono comparabili a quelli dei Paesi a medio reddito. Il tasso di abbandono scolastico è altissimo, e ci sono persone che lavorano poco, male, con guadagnano scarso e hanno un livello di istruzione bassissimo, spesso al di sotto della scuola secondaria. E quindi poche possibilità di trovare un lavoro migliore.
«Tranne alcune piccole cose, per risolvere questo problema non c’è nessuna iniziativa», commenta De Muro. «Non possiamo andare da nessuna parte, se non risolviamo questi aspetti».
Oggi però non è semplice parlare di “periferie”, e il rischio è anche quello di essere fuorvianti. A Roma esistono infatti tante periferie diverse, ha ricordato Carlo Cellamare, urbanista dell’Università La Sapienza. Ci sono diverse periferie – anche l’Olgiata, ad esempio, lo è -, ci sono anche periferie benestanti. Il maggiore sviluppo di Roma oggi è fuori del Grande raccordo anulare, dove abita il 23% della popolazione. «Sta cambiando il modo di intendere le città», riflette il professore della Sapienza. «Anche la dicotomia centro-periferia non può essere intesa nello stesso modo. Quello che accomuna oggi tutte le periferie è la distanza delle istituzioni e della politica».
Le periferie di Roma sono piene di risorse
Ma le periferie oggi sono anche i luoghi dove nascono i fiori dal cemento. «Sono i luoghi dove c’è il fermento, dove ci sono le iniziative, la mobilitazione, le produzioni culturali. Sono un po’ un laboratorio sociale», ha spiegato Cellamare. «A Tor Bellamonaca abbiamo una grande produzione di musica, il rap». Anche questo fa pensare al punto da cui siamo partiti: per lavorare sulle periferie occorre lavorare sulle persone. «Non ha senso intervenire solo fisicamente, se non si lavora su un altro terreno», riflette il professore della Sapienza.
«Piazza Castano è una delle poche piazze pubbliche a Tor Bella Monaca. Spesso ciò che è pubblico diventa territorio di nessuno. Ma poi i cittadini hanno iniziato a rimetterla a nuovo». È una delle tante forme di riappropriazione della città e di mobilitazione che accomunano le diverse periferie di Roma. Un altro esempio è il Cubo Libro, sempre a Tor Bella Monaca, un edificio occupato dove un gruppo di cittadini ha messo su una biblioteca pubblica, con le donazioni degli abitanti del quartiere. «Questo tipo di realtà sono in rete in tutta Roma e organizzano anche il prestito interbibliotecario», ha raccontato. E poi ci sono le aree verdi, che sono state prese in carico da alcune associazioni, mentre altre si fanno carico del problema della casa.
Di tutto questo dovrà tenere conto chi governerà Roma. «Le amministrazioni dovrebbero fare un’alleanza con la città, con i cittadini», auspica Cellamare, «avvicinare l’istituzione ai cittadini. E risolvere il problema del lavoro. Il contrasto a problemi come lo spaccio lo facciamo portando il lavoro, energia forte per rilanciare le periferie».
Dall’emergenza alla pianificazione
Di queste persone, che ogni giorno lavorano insieme, e in silenzio, per migliorare la vita delle periferie di Roma in cui vivono, ce n’erano molte all’incontro del 26 maggio. Una di queste è Caterina. Fa parte di un’associazione di genitori delle scuole di Piazza Cardinali, L’albero di Gelsi, fatta da genitori dei bambini delle scuole riunite accanto a Piazza Cardinali. All’incontro rappresentava il comitato di quartiere di Torpignattara. Il suo intervento, molto sentito, ha messo l’accento sul grave problema che contraddistingue le politiche che riguardano le periferie. Sono politiche di emergenza, e mai di pianificazione. La non pianificazione è urbanistica: Torpignattara è uno spazio teoricamente tutelato, a livello paesaggistico e archeologico, ma, non essendoci pianificazione, è vittima dei costruttori. Non c’è una pianificazione della mediazione culturale, nonostante ci siano moltissime comunità diverse. Non c’è pianificazione dei servizi di sopravvivenza, come trasporti e nettezza urbana. «Questo provoca una tensione latente, che sfocia nella tensione culturale, la non corretta pianificazione di questi servizi è un colpo al cuore della società interculturale” è l’opinione del comitato di quartiere. E poi non c’è pianificazione del servizi culturali: non ci sono cinema, biblioteche, nemmeno una piazza al centro del quartiere. Infine, non c’è pianificazione dei servizi di sviluppo economico, con la quantità delle serrande chiuse che evidenzia la perdita di identità del un intero comparto produttivo.
Per rigenerare le periferie di Roma, e con esse tutta la città, occorre passare dall’emergenza alla pianificazione. Occorre pensare alle persone. E, una volta per tutte, ascoltarle. Il Coordinamento delle periferie ha diffuso un documento con sei richieste ai candidati sindaco. Le periferie aspettano le risposte.