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Vacanze ai Caraibi

Il film di Natale

di Neri Parenti. Con Christian De SicaMassimo GhiniAngela FinocchiaroLuca ArgenteroIlaria Spada Italia 2015

Giorgio Grossi Tubi (De Sica) ha sposato la ricchissima Gianna (Finocchiaro) ma ha perso tutto, è pieno di debiti e non sa come dirlo alla moglie; la sua unica speranza e di vendere la loro splendida villa ai Caraibi, dove vive la loro insopportabile figlia Anna (Maria Luisa De Crescenzo), maniacalmente ittiologa. Qui scoprono che la ragazza si è fidanzata con il maturo Ottavio Vianale (Ghini), anche lui spiantato ma che, indesiderato ospite nella lussuosa villona di un amico, si finge ricchissimo. Gianna chiede al marito di dissuaderlo ma lui, cadendo nell’equivoco, lo incoraggia con entusiasmo. Mentre discutono dei particolari del fastoso matrimonio (ciascuno contando sulle ricchezze dell’altro), due malavitosi che li hanno sentiti li rapiscono e Gianna deve vendere la villa per pagare il riscatt; tutto sembra perduto ma Anna ha venduto il brevetto di una sua invenzione basata sull’energia dei pesci-palla e il matrimonio e un altro rapimento –stavolta finto – salveranno la situazione. A Santo Domingo è diretta anche la nave da crociera nella quale viaggiano l’intellettuale Fausto (Argentero) e la coatta Claudia (Spada) coi rispettivi compagni; i due sono vicini di cabina e, dalla parete, litigano in continuazione ma quando si incontrano in ascensore hanno un violento impulso e fanno lì stesso l’amore. Scappano dai partner e avviano una relazione tutta sesso, pur non sopportandosi a vicenda, sino che lui, esasperato, non si fa dare da una maga vodoo una bambolina che gli inibisca l’eccitazione ma, quando una scimmietta gliela ruba, la foga è tale che finiscono in un dirupo. Un anno dopo sono guariti dalle fratture e, grazie alla psicoanalisi, dalla reciproca dipendenza sessuale ma un incontro casuale… Nella Repubblica Domenicana è arrivato anche l’ipertecnologico Adriano Fiore, che vive solo attraverso smartphone e pc. Conosce, grazie ad un app una ragazza, ci passeggia – conversando però solo via tweet – e la sera la convince a fare sesso virtuale (il solo che entrambi conoscono) ma ha una defaillance perché gli si scarica la batteria. Il giorno successivo, mentre sperimenta una applicazione che fa fare windsurf nautico, finisce su di un isola deserta e, quando con gli ultimi sprazzi del cellulare riesce a contattare una nave, perde la comunicazione per seguire gli aggiornamenti di facebook e linkedin.

La commedia natalizia italiana (varie trame comiche che si intrecciano durante le vacanze natalizie) è cominciata con l’ottimo Vacanze di Natale dei Vanzina del 1983 ma ha dei notevoli precedenti : Vacanze d’inverno di Camillo Mastrocinque del 1959, i filmetti estivi diretti da Marino Girolami (Le tardone, La donna degli altri è sempre più bella) e i film ad episodi – spesso firmati da registi importanti come Risi, Monicelli, Petri, Ferreri – degli anni ’60 (I complessi, I nostri mariti, Vedo nudo) e, non ultime, le commedia scollacciate di Luciano Martino. Come è noto, l’artefice principale del decennale successo del format è Aurelio De Laurentiis, che però, da qualche tempo, ne ha modificato la formula , in parte perché gli incassi non consentivano più gli sfarzi di cast e di location che lo caretterizzavano, in parte per lasciare le redini al figlio Luigi che, con Greg e Lillo diretti dal giovane De Biase, ha operato un ringiovanimento della formula e, infine, perché la passione per la squadra del Napoli, della quale è onnipresente Presidente, lo assorbe quasi completamente. Natale col boss è l’ultimo stadio di questo rinnovamento: il Natale è solo un pallido pretesto e i vari protagonisti sono tutti inseriti in un solo plot; gli stessi precedenti del film vanno cercati altrove: nei film con cantanti che, intrepretando più o meno se stessi, fanno parte del racconto (Little Tony in Un gangster venuto da Brooklyn, Fred Buscaglione in Noi duri, lo stesso Di Capri con Maurizio, Peppino e le indossatrici). Anche il cast di contorno, frutto della “napoletanità” di De Laurentiis, è qui più riflessivo: ai comici di Made in sud, sono sostituti caratteristi di maggior spessore non solo comico (Pennarella, Imparato, Di Leva); unica concessione ai vecchi stilemi il cameo della Clerici, come già in passato Laurenti o Giletti. Parenti, regista della maggior parte dei film natalizi di Aurelio, ha invece fatto il percorso inverso: ha chiamato De Sica e Ghini e, mettendo loro a fianco attori brillanti di tutto rispetto, ha ricostruito i fasti del genere, aiutato anche dall’apporto alla sceneggiatura di Brizzi e Martani (qui anche co-produttori), che prima delle Notti degli esami e dei Maschi conto femmine, si sono fatti le ossa proprio con i film di Natale. Gli incassi li vedono sostanzialmente appaiati (entrambi, peraltro, soffrono la invincibile concorrenza della corazzata Star wars) ma, bando alla altezzosa pruderie dei nostri intellettuali di complemento, andarli a vedere è come mangiare una delle leccornie industriali natalizie: non sono il massimo dell’educazione alimentare ma fanno festa. Peggio per voi se siete vegani e schizzinosi.

Da consumatore , un po’ compulsivo, di cinema credo di potermi riconoscere in altri consumi: quelli di massa nei periodi festivi. E’ certamente giusto riconoscere e segnalare la qualità e la genuinità di ciò di cui fruiamo ma, se Dio vuole, c’è anche una salutare libertà nel tuffarsi nel panettone industriale ma con tanti canditi, nei tortellini pubblicizzati in televisione che sembrano fatti in casa e nel nocciolato venduto al doppio perché chiamato torrone. Vale anche per le commedie di Natale (non userò mai il termine sgradevolmente snobistico “cinepanettoni”): sono fatte in serie, cialtrone e piene di gag adolescenzialmente scatologiche ma fanno festività come un tempo gli zampognari (anche loro, talvolta, erano dei figuranti con un po’ di orecchio musicale). Non saranno il nutrimento ideale dell’anima ma riempiono la pancia e fanno allegria.

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