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Doppio Aurelio (senza Aurelio)
di Volfango De Biasi. Con Claudio Gregori, Pasquale Petrolo, Francesco Mandelli, Paolo Ruffini, Giulia Bevilacqua Italia 2015
Il chirurgo Alex (Greg Gregori) e l’anestesista Dino (Lillo Petrolo), sono specializzati in chirurgia plastica e vengono reclutati a forza da Fefé (Francesco Di Leva), braccio destro del Boss, il quale, mentre era a colloquio con il corrotto ispettore Zaganetti (Enrico Guarneri), è stato fotografato da due poliziotti pasticcioni ma volenterosi, Leo (Mandelli) e Cosimo(Ruffini). Sotto minaccia di essere sciolti nell’acido, i due medici cambiano la faccia del camorrista ma fraintendono le sue indicazione e, anziché dargli i lineamenti di Leonardi di Caprio, lo rendono uguale a Peppino Di Capri (lui stesso). Riescono a fuggire ma Zaganetti (che avevano visto nella tana dei camorristi) li fa arrestare, mettendo loro in tasca della coca. Leo e Cosimo sono stati a loro volta sospesi dal caso dall’ispettore ma decidono di proseguire lo stesso le indagini e, grazie alla soffiata di un informatore cieco (Gianfelice Imparato), vengono a sapere che il Boss ha cambiato aspetto .La moglie di Cosimo, Sara (Bevilaqua), ex poliziotta che vuole tornare in servizio e, per infiltrarsi nel giro della prostituzione, si esercita ad apparire provocante e Cosimo si convince che sia una vera escort e non sa come dirlo al collega. Proprio grazie ai due poliziotti, che lo hanno scortato a forza ad un concerto di Peppino Di Capri, il Boss si immedesima nella sua nuova identità e passa il tempo a studiare il repertorio del cantante tra la disperazione dei suoi uomini. Alex e Dino stanno per essere uccisi in prigione dal feroce Scassacapa (Antonio Pennarella), che però ingurgita una mistura che, secondo Dino, avrebbe dovuto dare una morte apparente e cade stecchito. In quel mentre arriva Leo e Cosimo che li fanno evadere e li nascondono a casa di Sara ma, saputa dai chirurghi la nuova identità del Boss, vanno proprio da lui – che credono il vero Di Capri – e gli spifferano tutto. Fefè e i suoi li sequestrano – dopo un duro scontro a colpi di falli finti (sono nel kit di travestimento di Sara) con la dura ex-agente – e li portano dal capo dei capi (Giovanni Esposito). Fingendosi mafiosi italo-americani, i due medici riescono a fuggire e, in teatro dove deve esibirsi Peppino di Capri, la vicenda avrà il suo epilogo.
Da consumatore , un po’ compulsivo, di cinema credo di potermi riconoscere in altri consumi: quelli di massa nei periodi festivi. E’ certamente giusto riconoscere e segnalare la qualità e la genuinità di ciò di cui fruiamo ma, se Dio vuole, c’è anche una salutare libertà nel tuffarsi nel panettone industriale ma con tanti canditi, nei tortellini pubblicizzati in televisione che sembrano fatti in casa e nel nocciolato venduto al doppio perché chiamato torrone. Vale anche per le commedie di Natale (non userò mai il termine sgradevolmente snobistico “cinepanettoni”): sono fatte in serie, cialtrone e piene di gag adolescenzialmente scatologiche ma fanno festività come un tempo gli zampognari (anche loro, talvolta, erano dei figuranti con un po’ di orecchio musicale). Non saranno il nutrimento ideale dell’anima ma riempiono la pancia e fanno allegria.