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Loro chi?

Non ci resta che ridere

51431di Francesco MiccichèFabio Bonifacci. Con Marco GialliniEdoardo LeoCatrinel MarlonLisa BorIvano Marescotti Italia 2015

Il cameriere David (Leo) porta il caffe nell’ufficio di un editor (Antonio Catania) e, all’improvviso, gli punta conto una pistola costringendolo ad ascoltare la lettura di un manoscritto autobiografico, dal titolo Loro chi?: qualche tempo prima lui, dopo aver pubblicato a proprie spese un romanzo rimasto invenduto – solo la zia (Patrizia Loreti) ne aveva acquistato una copia – si ritrova responsabile del marketing di una industria di congegni futuribili. Il Presidente (Marescotti) lo sfrutta pagandolo malissimo (1.300 euro) e gli ha promesso uno scatto di carriera ed un aumento a 1.700 euro se il lancio di un rivoluzionario aspiratore – del quale custodisce gelosamente la formula, nel timore che sia rubata dai cinesi – andrà bene. Il giorno prima della conferenza stampa, lui fa una prova generale alla fine della quale il capo lo tratta un po’ male ma viene accostato dal cameriere Marcello (Giallini), balbuziente e timido, che si congratula con lui e gli chiede di andare a bere una birra insieme (si dichiara molto impressionato dalla professionalità di David); alla fine della serata gli chiede di accompagnarlo da due splendide vicine, Ellen (Marlon) e Mitra (Bor), con cui lui non ha il coraggio di attaccare discorso. Le ragazze sono molto accoglienti e la serata promette bene ma al risveglio David si ritrova, solo e derubato di tutto, nella casa vuota. Si precipita alla presentazione ma ha dormito, sotto l’influsso di un potente sonnifero, due giorni, il lancio affidato al suo incapace e lecchino vice Melli (Vincenzo Paci) è stato una catastrofe e il Presidente lo licenzia in tronco; anche la fidanzata Cinzia (Susy Laude), che dalla sua denuncia ha saputo della notte brava, lo butta fuori di casa. Con qualche soldo e la macchina, elargiti dall’amorevole zia, David cerca, armato di martello, il barista causa della sua rovina. Questi sembra non essere mai esistito ma, quasi per caso, David viene a sapere che si esibirà quella sera con il fantomatico gruppo rock Loro. Nel locale tutti hanno la maschera di Marcello e lui sul palco canta accompagnato da Ellen e Mitra. Quando sta per raggiungerlo un gruppo di bikers suoi fan lo blocca ma lui ruba la moto del loro capo (G-Max) e lo raggiunge. Marcello, dopo aver minacciato il suicidio ed averlo minacciato con una pistola di cioccolata, prima si fa accompagnare a rubare una preziosa chitarra (ma è un falso), poi lo porta nella villa in cui vive con le due ragazze e lì gli propone di fare insieme un colpo con il quale lo risarcirà. I due vanno a Trani con una lussuosa macchina rubata e si fanno passare per un richiestissimo regista e produttore di fiction (Marcello) e il suo assistente (David) in cerca di una location per una lunga serie tv. Il sindaco (Uccio De Santis), sperando in un grande ritorno turistico, li ospita lussuosamente e il boss malavitoso locale promette loro dei sodi se faranno lavorare il figlio diplomato al Dams con una tesi su Kurosawa. Dopo un provino alla Bullitt, il colpo riesce ma David – che ha riavuto i suoi soldi – convince Marcello a fare il colpo grosso: rubare il brevetto dell’aspiratore e rivenderlo per 2 milioni ai cinesi. David si presenta, ubriaco e cencioso, al Presidente e gli dice che dietro la sua disavventura c’era un complotto dei cinesi. L’industriale, spaventato, lo riassume e, intanto, Marcello, fingendosi dirigente dei Servizi Segreti, prende il comando delle operazioni di difesa del server che contiene il brevetto, esautorando il capo della locale stazione dei carabinieri, il maresciallo Gallinari (Maurizio Casagrande). Il colpo riesce ma mentre i due compari scappano, due poliziotti sequestrano il server e Marcello (che ha sempre detto di preferire la morte al carcere) si getta da un dirupo. David disperato scappa ma…

Miccichè e Bonifaci sono entrambi alla prima regia cinematografica (il primo aveva in realtà già diretto un documentario sul padre, lo storico di cinema Lino) e vengono da storie professionali diverse: Miccichè ha al suo attivo varie fiction e Bonifaci ha scritto sceneggiature per comici importanti (Bisio, Luca e Paolo, Albanese, Siani). Si vede che nel film c’è la mano di due professionisti e tutto è piuttosto gradevole – merito anche del buon lavoro di casting della giovane Azzurra Martino, nipote del grande Luciano – anche se, rispetto alla grande tradizione che dallo Pseudulus di Plauto e l’Arlecchino servitore di due padroni (imperitura metafora dell’Italia politica) arriva al Mattatore e a Tototruffa ’62, manca l’ammiccante, ribalda complicità con un paese più furbo che serio ma genialmente consapevole dei propri limiti. Ce lo siamo meritato Alberto Sordi ma, stupidamente, ce ne siamo vergognati.

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