Go to Admin » Appearance » Widgets » and move Gabfire Widget: Social into that MastheadOverlay zone
Equazioni, codicilli e bilancini.
Come possono, i Comuni, chiedere i fondi del progetto -sponsorizzato da Renzo Piano – contro il degrado delle periferie? Semplicissimo: basta risolvere formule da astrofisici, passare attraverso un comitato di valutazione costruito con criteri da equilibristi e sperare di finire nella «griglia» giusta.
Il ministro dei Beni culturali Dario Franceschini l’aveva salutata come «una svolta attesa da anni». E come non essere d’accordo con lui? Per la prima volta un governo italiano aveva deciso di investire qualche soldino nel «rammendo» delle periferie, secondo la definizione dell’architetto e senatore a vita Renzo Piano, che era stato il motore dell’iniziativa. Duecento milioni spalmati in tre anni non erano granché, ma almeno si poteva cominciare a ragionare sui massacri umani e ambientali che certi piani regolatori sconsiderati, alleati dell’abusivismo, hanno perpetrato in tutte le città italiane dal dopoguerra, trasformando il Paese della bellezza in un luogo dell’Orrore. Ma come sempre accade in Italia, le buone idee devono fare i conti con la burocrazia, capace di complicare la vita anche alle cose più elementari pur di giustificare la propria esistenza in vita. Ed eccone un fulgido esempio.
COMITATO DA MANUALE (CENCELLI)
La norma che aveva stanziato i soldi, approvata a dicembre dello scorso anno, già poteva far capire la piega che avrebbe preso la cosa. La valutazione dei progetti, infatti, sarebbe stata affidata a un comitato di tredici persone: scelti con la logica apparente di non far torto a nessuno. Due rappresentanti del Dipartimento Pari opportunità di palazzo Chigi, due del ministero delle Infrastrutture, due del Tesoro, due dei Beni culturali, uno degli Affari regionali, uno del Cipe, uno dell’Agenzia del Demanio. E potevano mancare un rappresentante della Conferenza delle regioni e uno dell’Associazione dei comuni, tanto per vigilare che ci fosse parità di trattamento fra le 20 Regioni e gli ottomila campanili? Già. Anche se la vera sorpresa è stata la decisione di affidare la presidenza di un comitato che deve valutare i progetti per le periferie urbane alle Pari opportunità.
LE EQUAZIONI PER STABILIRE IL DEGRADO
Il bello, però, è nel decreto della presidenza del Consiglio che dovrebbe far partire l’operazione, appena messo a punto. Per farlo sono stati necessari ben nove mesi. E il parto ha prodotto un autentico capolavoro: il bando per aggiudicarsi i primi milioni previsti per il prossimo anno. Pochi soldi, come detto. Anche se era difficile aspettarsi briciole così piccole: il limite massimo finanziabile per ciascun progetto è di due milioni. Ma è il modo in cui dovrebbero essere distribuite che lascia letteralmente sbalorditi. I soldi vanno alle aree urbane degradate? Bene, si tratta soltanto di stabilire quando un’area è degradata. E come si fa? Ma con una formula matematica, ovvio. Serve a ricavare un indice che se risulta pari o superiore a uno, allora è la conferma: il degrado sociale esiste. Eccola:
IDS ZFU=0,40X(DIS(i)-DISNAZ)+0,30X(OCCNAZ-OCC(i))+0,15X(GIOV(i)-GIOVNAZ)+0,15X(SCOLNAZ –SCOL(i))
Dove per DIS, OCC, GIOV e SCOL si intendono rispettivamente i tassi di disoccupazione, occupazione, concentrazione giovanile e scolarizzazione.
E il degrado ambientale? Niente paura, c’è una formula anche per calcolare l’indice di disagio edilizio: IDE= ((Erp+ERm)/Tot ER)/0,168 Dove ERp sono gli edifici in pessimo stato, ERm sono quelli mediocri e Tot ER sono tutti.
E ALLA FINE, UNA BELLA GRIGLIA
Verificato che anche questo indice sia uguale o superiore a uno, è fatta. Si può partecipare al bando, e per non incorrere in errori o favoritismi, il comitato ha a disposizione per valutare una griglia di punteggi per ogni aspetto del progetto nonché un’altra serie di formule matematiche per stabilire se l’intervento è tempestivo, adatto effettivamente a migliorare il decoro urbano e capace di attirare finanziamenti. Ma queste ve le risparmiamo. I commenti di Renzo Piano si possono solo immaginare.