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La manifestazione del 3 settembre deve servire ad assumere un impegno comune. Ovviamente contro le mafie. Ma soprattutto rivolgendoci a noi stessi e alle nostre coscienze, alle associazioni, ai partiti, alle istituzioni perché insieme cambiamo la nostra mentalità e la nostra cultura. Si tratta, innanzitutto, di avviare un percorso di autoapprendimento collettivo per creare le condizioni dello sviluppo in tutte le sue declinazioni in una realtà complessa come quella della Capitale d'Italia
La manifestazione contro le mafie indetta dal PD romano il prossimo 3 settembre, nella piazza dove si svolse il funerale del capo clan Casamonica, sarà la prima risposta popolare della città allo scandalo emerso con l’inchiesta “Mondo di mezzo” o, meglio nota”, “Mafia Capitale”.
In verità, c’erano state in primavera le vivaci e genuine iniziative del movimento della società civile “Spiazziamoli”, a cui avevano aderito anche diversi circoli di partiti. Ma quelle iniziative non hanno mai trovato un riscontro nelle istituzioni. La richiesta di svolgere una seduta pubblica dell’Assemblea Capitolina per discutere in modo organico di “Mafia Capitale” non è stata mai presa seriamente in considerazione.
C’è, dunque, il rischio che la manifestazione del 3 settembre possa essere interpretata effettivamente come una delle 120 giornate di Sodoma di cui parla il marchese de Sade nella sua opera più famosa o Pier Paolo Pasolini nel suo film “Salò″. Evidenziai questo pericolo in un articolo del 13 aprile scorso dal titolo “Le 120 giornate di Sodoma Capitale ovvero la scuola dell’antimafia“.
Cos’è cambiato da allora? È cambiato l’atteggiamento del governo e del principale partito del paese, i quali hanno finalmente preso coscienza che Roma non è soltanto una delle metropoli italiane ma la Capitale. E stanno fornendo un contributo effettivo, pur tra difficoltà e contraddizioni, all’amministrazione capitolina perché svolga, contestualmente, la necessaria opera di risanamento e l’indispensabile azione di governo della città.
Va pertanto incoraggiata con convinzione una partecipazione larga dei cittadini di Roma, senza bandiere e senza accampare paternità o primogeniture, all’iniziativa di giovedì. Essa deve servire ad aprire finalmente un dibattito pubblico nella città su cosa sono le mafie a Roma, come queste s’annidano non solo nelle pieghe di istituzioni, partiti, imprese, professioni e società civile a livello locale ma anche nei livelli centrali presenti nella Capitale, e quali sono i rimedi per debellare questa terribile piaga sociale che infetta ogni cosa e ogni spazio della nostra comunità.
Partecipiamo, dunque, compatti il 3 settembre all’iniziativa indetta dal Pd per assumere un impegno comune. Ovviamente contro le mafie. Ma soprattutto rivolgendoci a noi stessi e alle nostre coscienze, alle associazioni, ai partiti, alle istituzioni perché insieme cambiamo la nostra mentalità e la nostra cultura. Dev’essere innanzitutto un percorso di autoapprendimento collettivo per creare le condizioni dello sviluppo in tutte le sue declinazioni in una realtà complessa come quella della Capitale d’Italia.