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Non accendete quella tv
di Gil Kenan. Con Sam Rockwell, Rosemarie DeWitt, Jared Harris, Saxon Sharbino, Nicholas Braun USA 2015
La famiglia Bowen – il padre Eric (Rockwell), la madre Amy (DeWitt), e i tre figli: l’adolescente Kendra (Sharbino), il decenne e nevrotico Griffin (Kyle Catlett) e la piccola Madison (Kennedy Clements) – si è appena trasferita in una villetta in periferia (Eric ha appena perso il lavoro e il prezzo è assai conveniente) e da subito strani segnali inquietano i due più piccoli : a Griffin cascano quasi in testa minacciosi clown giocattolo e Madison sente delle voci ed una sera, mentre i genitori sono a cena, il televisore si accende da solo e delle mani da dietro lo schermo tentano di afferrare la bambina. Durante la cena i Bowen vengono a sapere dai loro vicini Stiller (Patrick Garrow e Karen Yvany) che tutto il comprensorio è stato costruito su di un cimitero. Una notte Griffin viene svegliato dai clown e sente dei rumori venire dalla camera della sorellina, quando entra vede che una forza misteriosa la sta trascinando via e terrorizzato scappa dai genitori. Troppo tardi: Madison è scomparsa. La polizia fa inutili ricerche e i Bowen si rivolgono alla dottoressa Brooke Powell (Jane Adams), che dirige un centro di ricerche sui fenomeni paranormali; lei arriva con i suoi aiutanti Sophie (Susan Heyward) e Boyd (Braun) e l’attrezzatura necessaria ma ben presto capisce che serve l’opera dal suo ex-marito Carrigan Burke (Harris), un vero sensitivo che, per vivere, produce un programma televisivo sulle case possedute. Burke sta quasi per farcela a recuperare Madison, che è prigioniera dei morti inferociti per l’invasione del loro cimitero, ma all’ultimo istante i poltergeist la riafferrano. Griffin, che si sente in colpa per non averla salvata all’atto della sua cattura, si butta nel varco aperto da Burke e riesce a trascinare con sé la sorellina. Gli spiriti distruggono la casa e una parte del quartiere ma i Bowen sono salvi ed uniti.
Negli anni ’70 il cinema horror – uno dei generi più presenti nella storia del cinema (a conferma della teoria psicoanalitica che attribuisce ai film un valore di simbolismo onirico) – ha avuto una forte ripresa, grazie soprattutto a due grandi autori-artigiani John Carpenter (Halloween, Fog) e Tobe Hopper, autore di Non aprite quella porta! e, appunto, di Poltergeist-Demoniache presenze; quest’ultimo era stato ideato e scritto da Spielberg e uno dei suoi punti di ispirazione era l’idea – ingenua ma molto presente negli autori di cinema di quegli anni – che la televisione fosse la fonte di ogni nefandezza. Il film ebbe un tale successo da generare due sequel (il secondo è memorabile perché vede la presenza nei panni del capo di una setta di fanatici – in una delle sua rarissime apparizioni sul grande schermo – del grande Julien Beck, fondatore del Living Theatre) e una serie televisiva. Il film di Kenan – il quale, a sua volta, ha avuto Spielberg come produttore del suo cartoon Monster House – è correttamente diretto, ha i giusti effetti speciali, un cast adeguato e non pecca dell’ ingenuità del primo (la tv è solo un tramite parziale per l’arrivo degli spiriti) ma gli manca la tempestosa e maniacale voglia di incubo che rendeva grande il film di Hopper, non a caso uno degli horror di maggiore incasso di quegli anni.