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Ma quant’è buono il picchiatore!
di Michele Alhaique. Con Pierfrancesco Favino, Greta Scarano, Claudio Gioé, Renato Marchetti, Iris Peynado Italia 2014
Mimmo (Favino) è un bravo capomastro e lavora con l’impresa di suo zio Santilli (Ninetto Davoli), che, dopo la morte violenta di suo padre, lo ha cresciuto e che però è anche un usuraio e lui ha anche il compito di esattore per questa attività: spesso in compagnia del suo amico Roscio (Gioè) sollecita, anche picchiandoli duramente, i morosi a mettersi in regola. Mimmo odia questa parte del proprio lavoro mentre ama costruire le case e soprattutto detesta gli incarichi che gli dà suo cugino Manuel, figlio arrogante e sadico di Santilli. Un giorno Manuel lo incarica di portargli una giovane escort, Tanya, che dovrà allietare un’orgetta che lui ha organizzato nella sua villa con alcuni amici. Mimmo esegue di controvoglia e, per tutto il tragitto, non apre quasi bocca con la ragazza ma, arrivati alla villa, Manuel gli dice che la festa è per l’indomani e che perciò dovrà tenersela in consegna per un giorno. Lui la porta a casa sua e continua a stare sulla difensiva. Il giorno dopo la porta al cantiere e lì trova il muratore Stefanino (Renato Marinetti) disperato perché la moglie Deborah (Samantha Fantauzzi) ha passato la notte con Manuel; dopo un po’ la donna li raggiunge e i due vedono che ha un occhio nero, chiaro segno delle intemperanze di Manuel. Insieme al Roscio Mimmo porta Tanya alla villa e lì Manuel dopo averlo congedato bruscamente comincia a fare giochi aggressivi con la ragazza; Mimmo torna con una scusa qualsiasi e, accecato dal comportamento brutale di Manuel – e, forse, anche dalla gelosia – afferra uno skateboard e lo lascia a terra quasi in fin di vita. I due si rifugiano in una casetta abusiva di Ostia da Pilar (Peynado), una cubana che divide l’alloggio con altre sudamericane. L’indomani mattina Pilar, temendo le reazioni di Santilli, gli chiede di andarsene e Mimmo, che non ha contanti con se -e nemmeno un bancomat perché, orso com’è, non si fida delle banche – deve andare a prendere i soldi a casa; qui trova gli uomini di Santilli che lo aspettavano, riesce ad atterrarli ma busca una coltellata. Roscio lo fa ricucire alla bell’e meglio da un medico suo amico e Tanya lo porta da Pilar. Mimmo è un bestione e si rimette in sesto rapidamente; decide di partire con Tanya (Pilar è riuscita a prendere a casa sua i soldi e qualche vestito). Prima di raggiungerla al pullman, lui va da Santilli per scusarsi dell’aggressione al figlio ma anche per spiegargli che avrebbe voluto fare una vita onesta. Arrivato al capolinea degli automezzi, viene raggiunto dal Roscio che, pur dichiarandogli affetto, lo uccide.
Allhaique è un buon giovane attore ed è al suo primo lungometraggio come regista (aveva già diretto qualche interessante corto). Favino, che lo ha anche prodotto, ha messo molto di sé nel progetto (è addirittura ingrassato di più di 20 chili per interpretarlo) e tutto il cast è ben motivato. Manca però una credibile struttura narrativa. La storia ricorda Pericle il nero, il bel romanzo noir di Giuseppe Ferrandino e, per altro verso Un giorno speciale, la commedia amara di Francesca Comencini ma il racconto è appesantito e manicheo: il noir non consente rallentamenti di tono o, peggio, sospensioni moraleggianti: se ha una morale (Melville insegna) questa nasce dalle cose, i protagonisti vanno verso il proprio destino sospinti dalle proprie pulsioni ed incapaci di soffermarvisi. Qui anche nelle ambiguità, tutti sono ad una (al massimo due) dimensione ed inoltre quel tanto di supporto che poteva venire dalla regia – almeno quella avrebbe dovuto essere secca ed essenziale – viene a mancare per l’inesperienza ma anche la voglia di inutili abbellimenti stilistici. Era nella recente Biennale di Venezia nella sezione Orizzonti.