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Abbiamo partecipato ad alcuni incontri promossi da reti di donne tunisine, dall’organizzazione del Rinnovo della presa di coscienza femminile. Sia che si parlasse di repressione politica che di diritti le problematiche sono sempre affrontate con un’interpretazione dei diritti ancora molto legata ad una legge non scritta che è quella della famiglia. Abbiamo visto un documentario riferito alle testimonianze di donne imprigionate e torturate durante il regime di Ben Ali, regime che era riconosciuto da tutti gli stati occidentali senza che nessuno operasse mai una forma di critica politica sui metodi utilizzati per reprimere il dissenso. Riconoscere oggi quelle violenze, quelle morti, quei traumi ha una forte rilevanza sociale per le donne come quelle della Rete delle donne tunisine e marocchine che, per voce di alcune loro rappresentanti, denunciano come si sia ancora molto lontano da ogni forma di rispetto dei diritti di uguaglianza sanciti dalla costituzione. Bello l’intervento di Saida Naa Rouf, che sottolinea sempre la profonda differenza sulla capacità di incidere che hanno gli uomini rispetto alle donne nelle scelte politiche del paese. Con la grande capacità che hanno le donne qui, si dicono cose molto dure rispetto alle dure regole della società islamica che non riconosce ruolo alle donne se non figlie, sorelle, mogli, madri, soprattutto nelle aree rurali del paese dove l’autonomia economica delle donne è ancora un sogno impossibile.
Sorridendo, con dolcezza le donne del Reseau Femmes Atlas Tafialalt parlano, denunciano, si stringono l’un l’altra per cercare insieme una via che, dicono, deve passare dalle riforme del diritto di famiglia, per arrivare ad un cambiamento strutturale della società, soprattutto attraverso il potenziamento dei progetti di sensibilizzazione delle donne. Ci tengono a sottolineare il loro non voler essere considerate femministe, ma voler invece essere donne che lottano per diritti che legalmente gli sono riconosciuti ma che difficilmente vengono praticati soprattutto per crescere una nuova generazione di donne che sappia reagire alle discriminazioni, riconoscendole come tali. In uno dei dibattiti c’è stato un leggero disagio per gli interventi continui di alcuni uomini che hanno assunto in questo contesto un ruolo di protezione maschile non molto condivisibile, ma comprensibile, soprattutto quando, come padri, auspicavano un futuro di uguaglianza per le loro figlie. Le attiviste hanno apprezzato molto la nostra presenza e l’interesse che le donne occidentali hanno dimostrato partecipando agli incontri, presupponendo la nostra quasi assenza di problematiche di genere. Abbiamo cercato di spiegare che non è che nel nostro paese siano tutte rose e fiori, ma che vi sono enormi discriminazioni sia in campo lavorativo che sociale, con la considerazione finale che comunque anche per noi essere donne rappresenta ancora una differenza in negativo. Abbiamo notato questo grande fermento fra le donne arabe, questa grande consapevolezza di essere il vero motore del cambiamento, il sapere di essere la punta di diamante di una rivoluzione culturale che non si può, non si deve fermare.