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E’ composta da ragazzi dagli 11 ai 17 anni, quasi tutti di seconda generazione.“Non è musica dal mondo ma la fotografia di un’Italia che esiste già”. Realizzato il primo cd, ora crowfunding in rete per realizzare il primo video.
Ci sono le sonorità africane del djambè di Shady, che si fondono al suono del basso synth di Simone e il darabouka di Jacopo. C’è poi il glokenspiel di Nazareno, la chitarra elettrica di Alessandro, il flauto traverso di Eleonora e le tastiere di Damian. Mentre alla voce si alternano Lorenzo, Francesca, Alif e Nives. È un mix di musicalità vicine e lontane quello incarnato dalla Piccola orchestra di Tor Pignattara, un ensemble musicale formato da ragazzi dagli 11 ai 17 anni, quasi tutti di seconda generazione e provenienti dal quartiere più multietnico della Capitale.
“Non è l’oriente che incontra l’occidente, non è la musica del mondo”, ma semplicemente la fotografia di un’Italia che esiste già, recita la copertina del primo cd di questa versione baby dell’ormai famosa Orchestra di Piazza Vittorio, non a caso diretta da uno dei suoi fondatori, il bassista Pino Pecorelli e da Livio Minafra. L’idea però è di Domenico Coduto, fondatore dell’associazione Musica e altre cose che circa un anno fa ha deciso di dare vita a questo esperimento musicale mettendo insieme ragazzi sotto i 18 anni con storie e percorsi diversi, in grado di suonare strumenti provenienti da ogni parte del mondo. “La nostra non è una scuola di musica – precisa – ma un’orchestra appunto. Fin dall’inizio abbiamo cercato ragazzi che già sapessero suonare uno strumento, possibilmente legato alle tradizioni della loro famiglia, per creare un mix tra musica pop e suoni tradizionali. Ho pensato di creare un gruppo multietnico guardando semplicemente la realtà dove vivo, e dove esiste già questo mescolarsi di culture”. Molti dei ragazzi sono figli di coppie miste, ci sono poi gli italiani e i figli di immigrati. “Sono ragazzi che dovranno aspettare 18 anni per essere riconosciuti come italiani,– aggiunge Coduto – noi non facciamo politica ma pensiamo che la nostra musica possa essere uno strumento per parlare e portare all’attenzione questi temi e valori come l’integrazione e il dialogo fra culture”. In un anno di vita l’orchestra ha già prodotto un primo cd composto da otto tracce che attingono al repertorio tradizionale e lo reinterpretano con brani che vengono dal Bangladesh (Ek Din Matin Vitore Hobe Gor), dall’Africa (Chaba Koria) da Cuba (El son te llama), dal mondo arabo (Sidi Mansour Ya Baba). Completano il disco due brani di Livio Minafra (Flying e Unique Sun Unique Blood).