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Incentivi fiscali e contributivi di livello locale che stimolino la rigenerazione urbana; moratoria sulle nuove edificazioni valida quantomeno fino alle disposizioni regionali; eliminazione della possibilità di consumare, tre anni dopo l’approvazione della legge, una quantità di suolo pari al 50% di quello consumato nei 5 anni precedenti.
Sono alcuni degli emendamenti al disegno di legge sul contenimento del consumo di suolo e sul riuso del suolo edificato, proposti dall’Istituto Nazionale di Urbanistica (INU).
I tempi sono maturi “per adottare provvedimenti incisivi a livello nazionale – spiega l’INU. È ormai generale infatti la presa di coscienza, anche da parte dell’opinione pubblica, della centralità di temi come il contenimento del consumo di suolo e l’incentivazione alle pratiche di rigenerazione urbana per un innalzamento della qualità della vita e per una maggiore prevenzione dai danni provocati da eventi meteorologici estremi”.
L’Inu avrebbe preferito che i temi citati fossero affrontati in un organico provvedimento di riforma della disciplina di governo del territorio, e non in un testo che rischia di essere parziale e non risolutivo. Tuttavia intende collaborare nel merito della stesura del provvedimento, e offre al legislatore undici emendamenti per il suo miglioramento.
Le proposte di modifica traducono le perplessità dell’INU sul testo e propongono la via per “rafforzare” alcuni punti deboli. Gli urbanisti propongono 11 emendamenti, tra cui:
– una definizione più univoca e condivisa di “consumo di suolo”, sostituendola o almeno integrandola con il concetto di “suolo urbanizzato”, evitando il concetto di permeabilità/impermeabilità, che rischia di essere troppo specialistico e di difficile applicazione;
– strumenti, nel testo nazionale, che diano la possibilità di mettere a punto a livello locale misure di incentivazione di tipo fiscale e contributiva che stimolino le pratiche di rigenerazione urbana;
– la predisposizione di un “Catasto degli usi e della qualità del suolo”, finalizzato a quantificare e localizzare, oltre alle superfici agricole o comunque con suolo naturale, anche quelle passibili di miglior utilizzo o riuso, in quanto sottoutilizzate o dismesse, tra le aree comunque urbanizzate. La realizzazione di questo catasto secondo criteri omogenei sul territorio nazionale renderebbe disponibile una base dati costantemente aggiornata a disposizione delle regioni e del governo, fondamentale per il monitoraggio dell’efficacia della legge, che altrimenti rischia di essere una dichiarazione di principi senza apprezzabili effetti pratici;
– la modifica della disciplina della moratoria: essa dovrebbe essere valida quantomeno fino alle disposizioni regionali, che di fatto inaugurano il corso della nuova disciplina, e non ha senso stabilire come limiti in prima battuta l’approvazione del decreto sul consumo di suolo (che per essere efficace deve comunque attendere le misure regionali) e in seconda battuta l’arco temporale di tre anni. Va prevista inoltre un’esclusione dalla moratoria delle sole opere pubbliche già programmate;
– l’eliminazione della norma che stabilisce che, trascorsi i tre anni dall’approvazione della legge, sia ammesso il consumo di una quantità di suolo pari al 50% di quello già consumato nei cinque anni precedenti. In tal modo infatti si tornerebbe ad ammettere senza alcuna regolazione nuovi consumi di suolo ma soprattutto si andrebbero a premiare i comuni meno virtuosi;
– l’eliminazione della parte della legge che disciplina caratteri e modi del recupero degli insediamenti rurali dismessi. Si tratta di disposizioni che dovrebbero essere inserite in una norma dedicata al recupero dell’edilizia rurale e che sarebbero troppo puntuali, forse, anche per un testo di legge regionale. Il livello di dettaglio stride inoltre con la genericità con cui vengono invece definiti e disciplinati gli interventi di rigenerazione urbana.