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Opera grande senza regia e la città non ne parla.
Intendiamo proseguire le nostre riflessioni sul Progetto Fori e sul Parco archeologico.
E’ un progetto che dovrebbe coinvolgere tutta la Città, dal Campidoglio alla periferia e non solo gli esperti e le alte professionalità che ovviamente sono indispensabili per un’operazione culturale di questo livello ma che debbono svolgere fino in fondo il loro alto ruolo ed incidere profondamente sulle scelte politiche che alla fine l’Amministrazione dovrà prendere assumendosene le responsabilità.
L’impressione che si ha è quella di troppi tempi morti, di troppi silenzi, di troppe posizioni tra loro opposte che anziché sviluppare feconde dialettiche paralizzano il dibattito allontanando ogni possibilità di sintesi e rinviano sine die ogni decisione istituzionale.
Dal punto di vista dell’Amministrazione si ha invece l’impressione che manchi una cabina di regia e che dietro le dichiarazioni che puntualmente occupano le prime pagine dei giornali non ci sia nulla, nessuna convinzione, nessuna idea della grande opera che a parole si dice di voler realizzare.
Auspico che nel suo piccolo l’Associazione “Progetto Celio”, che pur rappresenta i cittadini che abitano le aree più vicine alla grande estensione dell’auspicato Parco Archeologico, susciti un vasto dibattito o almeno una riflessione. E questo è il senso di questa sezione dedicata al Progetto Fori che vorremmo continuare con il contributo di tutti, esperti e non, perché questa vasta operazione che ridisegna il tessuto centrale e ridefinisce prospettive, rapporti e punti di vista sull’archeologia ma anche sull’architettura cinquecentesca e seicentesca, deve essere condotta con la partecipazione di tutta la Città e con il contributo di competenze, conoscenze, esperienze, memorie individuali e collettive.
Leonardo Benevolo aveva definito questa area «un sublime spazio pubblico», un parco archeologico senza macchine che dai Fori abbraccia il Colosseo, il Palatino e il Circo Massimo. Ed Antonio Cederna lo chiamava “il vertice di un cuneo” che da piazza Venezia e poi dalla Passeggiata archeologica arriva all’imbocco dell’Appia Antica e si spinge fino ai Castelli.
Finalmente l’archeologia potrebbe entrare nel tessuto urbano e l’urbanistica potrebbe vivere con l’archeologia strappandola dalla pura ed esclusiva fruizione turistica.
L’assessore all’Urbanistica Giovanni Caudo affermava in un convegno sul tema: “Gli studi mostrano che gli assi per accedere ai Fori erano trasversali e scendevano da Monti. Noi abbiamo intenzione di ripristinarne almeno uno entro agosto prossimo (agosto 2014 n.d.r.), creando un percorso pedonale che parte da via Baccina, nella Suburra, e collega via Alessandrina, attraversa i Fori imperiali, via della Consolazione, arrivando in via San Teodoro e via del Velabro. Il tracciato è previsto dalla commissione del 2006 e offre una prospettiva del tutto diversa da quella, storicamente meno fon¬data, che, come un cannocchiale, inquadra il Colosseo da piazza Ve¬nezia”.
“L’intesa con le sovrintendenze è indispensabile” – insiste Caudo – per completare lo scavo una volta eliminata la strada che lo sovrasta. E anche in previsione di realizzare una maglia di passerelle rimovibili che consentiranno di scendere alla quota archeologica e di osservare dall’alto le strutture antiche”.
Se scompare il tratto di via dei Fori imperiali fino a largo Corrado Ricci, che ne sarà dell’ultimo segmento, quello che giunge al Colosseo? “Resterà”- risponde Caudo – “d’altronde sotto quel manto stradale non c’è strato archeologico: li era la collina della Velia, distrutta per realizzare la via dell’Impero. La nostra intenzione è quella di riportare alla luce il Foro della Pace che è sotto largo Corrado Ricci. Le auto non potranno più spingersi in fondo a via Cavour e dunque il pezzo superstite di via dei Fori imperiali diventerà una passerella integralmente pedonale”.