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Grecia, stop ai tagli e meno tasse su casa e imprese. Ecco il programma di Samaras

MILANO - Meno tasse sulla casa. Giù le imposte societarie. E stop ai tagli a pensioni e stipendi. Obiettivo: creare 770mila posti di lavoro entro il 2021. Il premier greco Antonis Samaras ha svelato sabato la sua "Road map per completare l'uscita della Grecia dalla crisi" . Il presidente del Consiglio,

MILANO – Meno tasse sulla casa. Giù le imposte societarie. E stop ai tagli a pensioni e stipendi. Obiettivo: creare 770mila posti di lavoro entro il 2021. Il premier greco Antonis Samaras ha svelato sabato la sua “Road map per completare l’uscita della Grecia dalla crisi” . Il presidente del Consiglio, da quasi tre anni alla guida del Paese non ha avuto la necessità di illustrare punto per punto il suo piano, limitandosi a tratteggiarne gli elementi principali. Anche perché, purtroppo o per fortuna, dipende dai punti di vista, i suoi anni al timone di Atene sono già un biglietto da visita su come continuerà a gestire il paese dal punto di vista economico.

Le vere novità presentate da Samaras sono due: la riduzione della tassa unica sulla casa, un balzello estremamente impopolare in Grecia, e la riduzione dal 26% al 15% delle imposte societarie per favorire gli investimenti dall’estero e rilanciare l’occupazione. Il premier ha anche ribadito che non accetterà altri tagli a pensioni e stipendi (anche se la Troika pretende 2,5 miliardi di austerity in più entro fine febbraio). Convinto che “di fronte a un paese e a interlocutori affidabili Bce, Ue e Fmi concederanno dilazioni e agevolazioni su tassi e scadenze del debito ellenico”. La prima volta che pure lui, come i rivali di Syriza, ipotizza una ristrutturazione soft dell’esposizione pubblica.

Per il resto vale l’agenda degli ultimi anni: avanti con le privatizzazioni e le liberalizzazioni (molto annacquate) delle professioni, mentre dal centrodestra non si sono ancora sentite parole forti contro l’evasione fiscale, una delle piaghe del Partenone. Nessuno dubita che Samaras sia il candidato preferito dalla Troika. Il presidente della Commissione Ue Jean Claude Juncker l’ha ammesso chiaro e tondo “preferisco i volti noti”. E dalle parti di Berlino in particolare sperano che Nea Demokratia – come è successo nel 2012 – riesca a chiudere il gap di tre quattro punti che ha ancora nei sondaggi. Anche se a questo riguardo, con l’avvicinarsi della data delle urne, il compito pare sempre più in salita. In caso di vittoria del centrodestra, comunque, la strada pare già scritta. Il presidente del Consiglio avrà con ogni probabilità qualche piccola concessione dei partner internazionali da presentare al suo elettorato, firmerà la fine della protezione della Troika incassando l’ultima tranche di aiuti da sette miliardi. E tirerà dritto per la sua strada sperando che il dramma sociale del paese (la disoccupazione al 25,8% e un ceto medio distrutto dai tagli agli stipendi) possa prima o poi beneficiare della timida ripresa dell’economia – il Pil dovrebbe crescere del 2,9% nel 2015 – iniziando a cancellare i drammatici effetti dei piani lacrime e sangue imposti dalla Troika.
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