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Un’analisi che alla tradizionale dimensione del bilancio dello stato dell’arte unisce quello delle potenzialità, arrivando così a quantificare e tracciare, per i territori, la capacità di produrre innovazione e “qualità del futuro”. Un po’ come, per utilizzare una metafora sportiva, scovare i talenti destinati a diventare campioni. Il progetto si chiama “Mappe d’Italia” ed è promosso dall’Istituto Nazionale di Urbanistica.
Attualmente si trova nella fase sperimentale ed è concentrato sull’area emiliano – romagnola (coinvolti, tra gli altri, i Comuni di Reggio Emilia, Cervia e Imola) ma una volta messi a punti gli indicatori e “rodato” il processo valutativo sarà possibile estenderlo, in prospettiva, a tutto il territorio nazionale. Le possibili applicazioni sono notevoli: i risultati del lavoro potranno essere utilizzati, ad esempio, dalle aziende che vorranno impostare investimenti a lungo termine e che hanno necessità di tenere conto delle potenzialità di sviluppo di un territorio e dallo Stato e dalle sue articolazioni che, in tempi di risorse finanziarie sempre più magre, hanno assoluto bisogno di ottimizzare l’efficacia della spesa. Le “Mappe d’Italia” potranno essere inoltre un utile punto di riferimento per individuare difetti e margini di miglioramento, e correggere le storture. Per valutare i territori nella dimensione della prospettiva e delle traiettorie di sviluppo, si terrà conto di fattori come la sostenibilità ambientale e sociale, la resilienza, i paradigmi smart.
Non è detto che le città e i territori dove le ricerche tradizionali individuano tassi più alti di qualità della vita siano quelli in grado di mantenere la leadership in futuro, così come non è dato sapere, con gli strumenti attuali, quali sono quelli ora nelle parti inferiori delle classifiche ma che stanno sviluppando da ora le capacità di ripresa. “Mappe d’Italia” si prefigge proprio questo.
Spiega Gianluca Cristoforetti, responsabile del progetto: “L’obiettivo è la mappatura relativa alla capacità dei territori di immaginare la ‘qualità del futuro’ provando a superare il concetto per cui la qualità della vita (analisi della situazione presente) possa essere anche e necessariamente qualità del futuro. Mappare l’importanza della pianificazione del buon uso dei beni comuni, ad esempio, o delle strategie che provano a mettere le comunità al centro dei processi decisionali. Questo, al di là degli slogan tipo ‘zero consumo di suolo’, permetterebbe di tracciare realmente le traiettorie di sviluppo dei territori mettendo a sistema qualità dell’ambiente, resilienza, paradigma smart e sostenibilità sociale”.
Cristoforetti sottolinea che le novità del progetto risiedono nella “valorizzazione di un patrimonio straordinario del nostro Paese, che negli ultimi tempi abbiamo fortemente smarrito: la capacità di prefigurare, immaginare, progettare i nostri territori coniugando il fare delle nostre comunità con la bellezza che ha pervaso, fino a un certo punto, la nostra storia. L’Italia può farcela se ritrova la capacità di costruire qualità, anche del proprio futuro, attraverso la pianificazione che oggi qualcuno paradossalmente ritiene un freno allo sviluppo. Per questo dobbiamo essere in grado di valutarci, di verificare quali sono i nostri gap, di comprendere che esistono territori dove investire risorse produce ricchezza ed altri dove gli investimenti hanno bisogno di un territorio capace prima di apprendere e poi caso mai di spendere”.