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Giovedì mattina si è svolto a Palazzo Chigi l’incontro di presentazione del Piano per la crescita digitale da parte del Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, Graziano Del Rio e dalla direttrice dell’Agenzia Digitale italiana, Alessandra Poggiani.
Il Piano è sinergico alla Strategia per la banda ultralarga presentato pochi giorni prima dal Vice Segretario Generale di Palazzo Chigi, Raffaele Tiscar e di cui rappresenta la logica continuità riferita alla offerta/domanda di servizi.
In parole povere stiamo parlando di un pezzo consistente di quell’Agenda Digitale che stenta a decollare e, soprattutto, a mostrare i suoi effetti benefici per lo sviluppo e il benessere del paese.
I destinatari della presentazione di giovedì erano le Regioni italiane. Gran parte del budget su cui il Governo punta per investire nella crescita digitale, infatti, è riferito proprio ai fondi del POR-FESR 2014-2020 e in particolare a quelli previsti per il raggiungimento dell’Obbiettivo Tematico 2 denominato appunto Agenda Digitale.
Al netto di tutti questi tecnicismi, la proposta prevede di mettere assieme 1,8 miliardi di euro gestiti dalle regioni e 2 miliardi di euro gestiti dallo stato.
Questo tipo di collaborazione, o meglio di co-progettazione (parole della direttrice Poggiani), rappresenta l’unica possibilità per il raggiungimento di obbiettivi ambiziosi e di larga scala.
Proviamo a fare un po’ di chiarezza e a interpretare meglio la presentazione di giovedì che, comunque, verrà a breve pubblicata sul sito di Agid assieme al documento di dettaglio del Piano, che verrà poi aperto alla consultazione pubblica.
Temi:
I destinatari del piano (direi FINALMENTE) sono i cittadini e le imprese, e non la PA. Questo al sottoscritto era chiarissimo sin da quando l’allora Ministro alla coesione Barca pubblicò il documento metodi e obbiettivi per un uso efficace dei fondi comunitari. Purtroppo molte amministrazioni centrali e regionali hanno sin qui provato ad eludere questa indicazione, cercando di negoziare finanziamenti per il GOV2GOV invece di seguire il documento Barca e i successivi Accordi di Partenariato che ben indicavano come obbiettivo esclusivo delle azioni derivanti dall’uso dei fondi UE, ovvero quello del GOV2BIZ.
Insomma, il digitale deve servire alla crescita del paese e non alla Pubblica Amministrazioni per rifarsi il trucco. La PA è il mezzo, non il fine della crescita digitale.
Certo, in mezzo a tutto ciò c’è lo switch-off della PA (servizi erogati SOLO in modalità digitale) ma per questo obbiettivo non servono fondi europei, serve il buon senso.
Su tutto ciò si innestano le grandi azioni già concluse o in fase di completamento (identità digitale SPID, Sistema Pubblico di connettività SPC, Riduzione dei Data Center pubblici e passaggio al Cloud PA, Sistema dei pagamenti, Anagrafe Nazionale della Popolazione, Open Data, ecc.) che rappresentano l’infrastruttura sulla quale costruire in modalità collaborativa (co-progettazione) i nuovi servizi digitali ospitati da Italia Login.
Cosa sarà Italia Login non è ancora del tutto chiaro ma, dalla presentazione, si immagina un contenitore di dati, servizi e sistemi pubblici che espone API (Application Program Interface) attraverso l’interrogazione delle quali costruire servizi locali e/o collaborativi.
Governance:
Veniamo al punto dolente. Nonostante lo sforzo di semplificazione comunicativa rimangono grossi dubbi sulla frammentazione dei ruoli e delle competenze.
La slide presentata semplifica sin troppo quella che è un matassa intricata e che forse potrebbe rappresentare un ostacolo alla realizzazione dell’intero impianto dell’Agenda Digitale.
I soggetti protagonisti di nomina governativa sono molteplici e vado a memoria nell’elencarli, sicuro di dimenticarne molti:
poi ci sono le organizzazioni/istituzioni (ne elenco alcune che hanno competenze specifiche o Piani Operativi in materia di Digitale):
Inoltre, durante al riunione di giovedì il sottosegretario Del Rio ha proposto alle regioni di entrare al più presto nella ‘Cabina di regia‘ che, a questo punto, mi piacerebbe conoscere meglio da chi è formata e che competenze di indirizzo ha.
Ovviamente dimentico altri soggetti decisori strategici e/o stakeholder di primaria importanza come ad esempio Confindustria e il mondo delle Associazionismo/ONLUS, ecc.
Tanta gente, forse troppa. Qui rivedo le mie riflessioni di qualche mese fa e mi convinco sempre di più che ci vorrebbe un Ministero ad hoc sul digitale con ampia disponibilità di portafoglio ma soprattutto con SUPERPOTERI!
Risorse:
Qui la situazione è più chiara. In primis ovviamente i Fondi Strutturali 2014-2020 per le componenti nazionali PON e regionali POR. Poi molte aspettative sul Fondo Sviluppo e Coesione al quale tutti guardano con grande attenzione e speranza.
L’ammontare per la parte crescita, e dunque servizi per cittadini e imprese (quindi senza considerare sanità, giustizia, banda larga, ecc.) viene stimato in 4,5 di Euro, cui 3,8 miliardi di Fondi UE e 0,7 miliardi che, molto probabilmente, dovranno essere reperiti da qualche capitolo statale.
Poco, tanto? Non lo so. Sinceramente gli unici indicatori quantitativi che abbiamo sono quelli sul da farsi (Digital Agenda Scoreboard), mentre disponiamo di pochi e chiari e documentati sul ciò che è stato fatto e su quanto è stato speso. Anche se la situazione di ritardo digitale ci fa capire per approssimazione che sinora si è speso troppo e male.
Considerazioni:
Il vero problema ora è far presto, stabilire un rapporto collaborativo Stato – Regioni per accelerare quelli che molto probabilmente verranno configurati come Accordi di Programma per l’attuazione dell’Agenda Digitale.
Accordi snelli, basati sugli obbiettivi comuni e non sulla governance. Sarebbe un errore creare sovrastrutture di gestione anche se l’esperienza dei vecchi CRC potrebbe essere un esempio da rispolverare.
Di cosa ha bisogno il paese lo sappiamo tutti, speriamo solo che dopo questa presentazione non ci si perda in liturgie infinite per affidare a soggetti individuali, strutture ad hoc o peggio ancora forme consorziate, la governance di singoli progetti.
Non abbiamo bisogno di protagonisti, abbiamo bisogno di fatti.