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6375 chilometri. In linea d’aria è la distanza che separa Ivrea da New York. La prima, cittadina di 24.000 abitanti in provincia di Torino, è famosa per essere stata la culla del sogno italiano targato Olivetti. La seconda, tra le innumerevoli cose per cui può essere ricordata, è sede del MoMa, il museo d’arte contemporanea più importante del pianeta. Al MoMa Olivetti è di casa, simbolo di un’Italia industriale e creativa che stupiva il mondo e ispirava anche i colossi americani nel design come nell’informatica. Dal prossimo anno, però, Ivrea al MoMa sarà rappresentata anche da Arduino.
Arduino è una scheda elettronica con un microcontrollore, chiamata così in omaggio al pub della città che nel 2005 ospitava spesso Massimo Banzi e i suoi amici, inventori di un’eccellenza italiana divenuta famosa nel mond0. Banzi all’epoca lavorava all’Interaction Design Institute di Ivrea. Pensò a questo piccolo computer autocostruito per rispondere alle esigenze dei suoi studenti, che non riuscivano a reperire sul mercato microcontroller potenti ed economici adatti ai propri progetti creativi. Insieme all’ingegnere spagnolo David Cuartielles, a David Mellis, Tom Igoe e Gianluca Martino, Banzi crea qualcosa che nel giro di pochi anni prima conquista i makers, i geek e gli smanettoni, poi rompe i confini dell’universo degli appassionati, vendendo milioni di pezzi.
(il servizio di Wired dedicato ad arduino)
La piccola scheda madre permette di far prendere vita a progetti estremamente diversi tra loro. Controllare una serie di luci, far volare un drone, far funzionare una stampante 3d. La bellezza di Arduino risiede nella sua flessibilità. Nasce come piattaforma hardware dedicata ai creativi, si trasforma e diventa la possibilità per tutti (o quasi) di partire da un’idea e realizzarla. La forza del progetto risiede nella sua logica open source. Arduino può essere modificato liberamente (è disponibile sotto licenza Creative Commons) ed è supportato da una community molto attiva. Ormai è alla base di numerosi oggetti: lettori mp3, router, amplificatori, mixer, telecomandi. Insieme all’hardware c’è un software, un sito e un forum dove scambiarsi idee, arricchire i propri progetti e confrontarli con gli altri makers. Chiunque può scaricare gli schemi del microcontroller, modificarli e ridistribuire, sempre con licenza CC. L’aspetto vincente di Arduino è proprio questo. Come con il pongo, bastano voglia e capacità per modellarlo a proprio piacimento. L’unico limite risiede nell’immaginazione. Ci si può lavorare per adattarlo a qualsiasi ambito: dagli strumenti musicali ai sistemi di irrigazione intelligente.
Arduino può diventare il cuore pulsante di una buona idea e non richiede necessariamente competenze da ingegnere elettronico o programmatore. L’ultima evoluzione riguarda la wearable technology. LilyPad è un microcontroller nato per essere cucito su maglie e oggetti indossabili. Grazie ai sensori può restituire informazioni e dati direttamente da ciò che indossiamo. Molti progetti di IOT (internet of things) hanno alla base una soluzione Arduino che ne permette il funzionamento. Su Kickstarter, una delle principali piattaforme di crowdfunding per progetti creativi, tante delle idee proposte hanno come cuore pulsante proprio la scheda immaginata nel 2005 da Banzi e soci, magari modificata a seconda delle esigenze. Arduino dal prossimo anno sarà esposto al MoMa, simbolo di design e integrazione tra discipline diverse che, grazie alla piccola scheda made in Italy, restituiscono applicazioni concrete. Un mix di tecnica e pensiero, scienza e genio creativo. Da Olivetti ad Arduino. Dal 2015 Ivrea e New York tornano ad essere più vicine.