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di Wes Anderson. Con Ralph Fiennes, F. Murray Abraham, Mathieu Amalric, Adrien Brody, Willem Dafoe USA 2014
Uno scrittore (Tom Wilkinson) che ha avuto gran fama grazie al romanzo “Grand Hotel Budapest”, racconta di aver semplicemente raccontato quanto gli era stato narrato, quando da giovane (Jude Law) era sceso, nel 1968,in quello che era stato il più bell’albergo dello stato di Zubrowka, ormai lasciato in stato di semi-abbandono dal regime comunista. Lì conosce Mustafà (Murray Abraham), il vecchio proprietario dell’hotel, che gli racconta la storia : nel 1932 l’albergo e la sua elegantissima clientela erano affidati alle cure di Gustave (Finnies), consierge raffinato ed espertissimo ed appassionato consolatore di anziane clienti. Gustave prende sotto la sua tutela il giovanissimo fattorino Zero (Tony Revolori) e, quando la sua più cara amante, l’ottantaquattrenne Madam D. (Tilda Swinton), muore, lo porta con se nel castello nel quale la nobildonna aveva vissuto. Qui l’avvocato Kovacs (Jeff Goldblum), nel leggere il testamento, rivela che a Gustave spetterebbe il prezioso dipinto “Ragazzo con mela”. Il figlio di Mdam D, Dmitri (Brody), va su tutte le furie e si prepara a scatenare il feroce Jopling (Dafoe) contro di lui. Con l’aiuto del maggiordomo Serge (Amalric) e della cameriera Teodora (Lea Seydoux), Gustave e Zero riescono a scappare con il quadro. Gustave però viene arrestato dal capo della Polizia, Henckels (Edward Norton) con l’accusa di aver ucciso la nobildonna. Zero, che si è fidanzato con la giovane pasticcera Agatha (Souarise Ronan), gli fa arrivare dentro delle torte gli attrezzi per scavare con i quali, Gustave, insieme al galeotto Ludwig (Harvey Keitel) potrà evadere. Zero e Gustave si precipitano sulle tracce di Serge, che è fuggito dal castello. Anche Jopling lo sta cercando ed ha già ucciso Kovacs e la sorella zoppa (Giselda Volodi) di Serge. Aiutati da Ivan (Bill Murray), adepto della Confraternita delle Chiavi ( setta che raccoglie tutti i consierge dei grandi alberghi), i due arrivano nel convento nel quale il maggiordomo si è rifugiato giusto in tempo – prima che questi venga ucciso da Jopling – per apprendere che la nobildonna aveva destinato, qualora fosse stata assassinata dal crudele Dmitri,, ogni suo avere, compreso l’Hotel, a Gustave. Zero uccide il killer ma, tornati al Budapest, lo trovano occupato dai nazisti, tra i quali c’è anche Dmitri. Dopo una selvaggia sparatoria, Gustave riesce a convincere Henckles della propria innocenza e, divenuto ricchissimo, lascia la cura dell’hotel a Zero (che altri non è che Mustafà), che ha sposato Agatha e si fa aiutare del nuovo consierge Chuck (Owen Wilson).
Wes Anderson ha sempre fatto film molto snob con cast di grandissimo livello, alcuni – come Bill Murray e Owen Wilson – sono presenze costanti nelle sue opere ma mai ha raggiunto questo livello di presenze di così tanti superdivi. Se si aggiungono a questi l’ottima capacità tecnica di regia e di scrittura dell’autore, le fantastiche scenografie di Anna Pinnock, i rutilanti costumi di Milena Cannonero, la dichiarata ispirazione dallo scrittore austriaco Stephen Zweig (in particolare dall’ultimo romanzo, “Estasi di libertà”) ed un budget di tutto rispetto (produce lo stesso Anderson) dovremmo assistere ad un capolavoro. Invece no : è il solito Anderson (“I Tenebaum”, “Moonrise Kingdom”), con il consueto, insopportabile, birignao radical-chic, inutilmente sfarzoso, irritante come le risatine che, nei salotti, sottolineano la vuotezza di signore impegnatissime, che ritengono divertentissimo far sapere a tutti come si tengano costantemente aggiornate su “The Newyorker”.