Go to Admin » Appearance » Widgets » and move Gabfire Widget: Social into that MastheadOverlay zone
Nel 1964 Jean Paul Sartre pubblica Les mots (Le parole, Net, 2002) e nello stesso tempo cominciano a circolare voci sull’attribuzione, proprio a lui, del Premio Nobel. Scrive una prima lettera all’Accademia svedese dove, benchè assicuri la sua stima all’istituzione del Nobel, chiede che non gli venga assegnata l’onoreficenza: “Signor Segretario, dopo alcune informazioni di cui ora sono venuto a conoscenza, avrei qualche possibilità, quest’anno, di ottenere il Premio Nobel. Benchè sia presuntuoso discutere di una premiazione prima ancora che abbia avuto luogo, mi prendo la libertà di scriverle per dissipare o evitare un malinteso. Intanto, Signor Segretario, le attesto subito la mia stima profonda per l’Accademia Svedese e per il premio con cui ha onorato tanti scrittori. Tuttavia, per ragioni del tutto personali e per ragioni più obiettive, io non desidero essere nella lista dei possibili candidati e non posso nè voglio accettare questa onoreficenza, nè nel 1964 nè dopo. La prego, Signor Segretario di accettare le mie scuse e di credere alla mia altissima considerazione.”
Il 22 ottobre 1964 scrive nuovamente all’Accademia svedese motivando il suo rifiuto ufficiale:
“Le ragioni personali sono le seguenti: il mio rifiuto non è un atto di improvvisazione. Ho sempre declinato gli onori ufficiali. Quando nel dopoguerra, nel 1945, mi è stata proposta la Legione d’Onore, ho rifiutato malgrado avessi degli amici al governo. Ugualmente non ho mai desiderato entrare al Collège de France come mi è stato suggerito da qualche amico. […] Non è la stessa cosa se mi firmo Jean Paul Sartre o Jean Paul Sartre Premio Nobel. […] Lo scrittore deve rifiutare di lasciarsi trasformare in istituzione, anche se questo avviene nelle forme più onorevoli, come in questo caso.”
Intervistato da Le Nouvel Observateur dopo il suo scandaloso rifiuto, dice: «Se avessi accettato il Nobel – anche se a Stoccolma avessi fatto un discorso insolente, il che sarebbe assurdo – sarei stato recuperato.» Sartre non vuole essere parte di una logica che rifiuta, vuole restare «il filosofo contro», lo scrittore che non vuole compromessi né false mediazioni, non accetta che si possa dire di lui: «è uno dei nostri, finalmente l’abbiamo recuperato». Per Sartre conoscere è agire; il ruolo dell’intellettuale deve necessariamente andare oltre la scrittura di libri:«La funzione dello scrittore – ha scritto – è di far sì che nessuno possa ignorare il mondo o possa dirsi innocente». L’intellettuale deve sempre scegliere se mantenere in vita un mondo ingiusto o impegnarsi per cambiarlo.
In Le Parole, l’autoritratto che l’autore offre di sè stesso, racconta della sua necessità di scrivere come una predestinazione nata all’età di otto anni. Scrive infatti: nulla dies sine linea – non un giorno senza una riga. Nello stesso periodo in cui annota queste pagine autobiografiche porta avanti lo studio su Gustave Flaubert, l’Idiota della famiglia. Saggio su Gustave Flaubert (dal 1821 al 1857), 2 voll., il Saggiatore, 1977. Flaubert e Sartre, non a caso, sono accomunati riguardo la necessità di scrivere, entrambi hanno scelto le parole come missione e hanno tentato di giustificare il proprio spazio nel mondo attraverso di esse.
Sartre è stato uno dei massimi esponenti dell’esistenzialismo, nacque a Parigi nel 1905 e sempre a Parigi morì nel 1980.
Fabio Del Croce redattore di Inform@corte blog della biblioteca della Corte dei Conti
http://www.raistoria.rai.it/articoli/sartre-rifiuta-il-nobel/11117/default.aspx