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Per non morire di passato di Federica Baraldi (nostra corrispondente alla Bolognina)

Qualcuno la battuta la fece già lo scorso anno: è rimasta giusto la festa, perché il lavoro non c’è più.Oppure dovremmo traslare la festa di altri 4 giorni, e citare l’ode manzoniana dell’”Ei fu”.Vorrei partire invece da due giorni prima della festa del 1° Maggio, la festa dei lavoratori.Risale, la ricorrenza e la definitiva scelta di far ricadere la festa proprio il 1° maggio, alla rivolta di Haymarket. Stiamo parlando di Chicago, e stiamo parlando del 1867. Quell’ anno, il 3 maggio maggio ci furono due vittime, il 4 maggio, altre ancora: la polizia sparava sulla folla dei manifestanti, a vista. Era il 1867, però. Queste cose succedevano. Soprattutto se il lavoratori si mettevano a scioperare. E soprattutto se quei lavoratori stavano chiedendo il rispetto di diritti sul luogo di lavoro.

Per chi è nato negli anni ’70 del ‘900, forse, di quei fatti, residua un barlume di memoria.
Il quarantenne odierno ricorda forse un nonno o uno zio sindacalista, ha forse in memoria un primo maggio, perduto nella sua infanzia, in cui è andato in una qualche piazza italiana con un genitore o un nonno, ad ascoltare un discorso di un sindacalista locale.
Poi, più avanti negli anni, da adolescente è arrivato il concertone del 1° maggio a Roma, una bella scampagnata, un sacco di musica gratis.Poi, ancor più avanti, da lavoratore, un giorno per stare a casa dal lavoro, senza dover consumare ferie.Cosa è rimasto di questo Primo Maggio?Due giorni prima, del 1° Maggio.Lunedì 29 aprile, primo pomeriggio. Atrio di una galleria commerciale di piccole dimensioni a Bologna.Ci sono alcune poltroncine ai piedi della scala mobile che porta al primo piano, proprio prima dell’ingresso al supermercato. Lato destro dell’atrio, prime poltroncine occupate: un vecchio che dorme, seduto, ripiegato su se stesso, testa afflosciata sul collo, ma le mani reggono il cappello, che non gli cade. Pensiero: non sarebbe stato meglio dormire a casa, anche sul divano? Forse stare in compagnia anche dormendo, è meglio. Seconda poltroncina: altro vecchietto. Questo invece guarda l’ingresso del supermercato, guarda le poche cassiere disposte alle casse, poche visto l’orario: peccato… lo spettacolo è meno attraente, c’è meno vita. Non fa altro. Guarda solo tra le casse e tuttalpiù lo sguardo si spinge solo appena oltre, lungo le corsie, per vedere se c’è qualcun altro. Senza occupare nemmeno una poltroncina, c’è poi una vecchietta, ma veramente tanto vecchietta, seduta sulla sua sedia a rotelle. così non toglie il posto a qualche altro spettatore dello spettacolo Ex Officine Minganti, lunedì 29 aprile, ore 14.45. Lei legge, ha il suo libro in mano, è completamente assorta, potrebbe essere ovunque in effetti. Domanda: ma l’hanno lasciata lì? La badante che l’assiste è dentro e sta facendo la spesa? Il figlio che ha in casa la madre, e che non può permettersi la badante, è andato al lavoro pensando: se la lascio lì e se si sente male, qualcuno avviserà il pronto soccorso…Fantasie in libertà. Solo per chiedersi: dov’è andato il 1° maggio? Cosa ricordiamo e cosa festeggiamo davvero? Centoquarantasei anni dopo. Dall’America alla Bolognina.Allora si moriva per il diritto ad un orario di lavoro fissato in otto ore. Fatte le dovute proporzioni, ci pare di stare tornando a Chicago, nel 1867. I diritti ci sono, scritti, sì. Rispettati, no. Le lotte sindacali costruirono una classe, un gruppo, delle persone che univano le loro sfortune, per renderle un aggregato forte contro il quale si era costretti a cedere. E‘ rimasto l’individuo. L’aggregato è spurio e non rappresenta più nient’altro che se stesso.

Appello: ridateci il 1° Maggio. Almeno anche solo il motivo del 1° Maggio. Il Lavoro.

http://www.youtube.com/watch?feature=player_detailpage&v=cDx6dDrZVUU

 

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