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La riunione di ieri sera nel cortile della Parrocchia di San Barnaba a Torpignattara ha messo in luce la manovra politica della destra romana volta a strumentalizzare il malcontento della gente per le condizioni di estremo disagio in cui è costretta a vivere. Ma raccontiamo i fatti.
Un gruppo di cittadini – tra cui alcuni commercianti – strumentalizzati da esponenti della destra romana, hanno inteso distaccarsi dall’iniziativa del comitato di quartiere di Torpignattara per adottare metodi di lotta ritenuti più efficaci nel portare avanti la vertenza di territorio. In realtà, la riunione è stata condotta, in spregio a qualsiasi norma democratica e di civiltà, per ottenere il consenso su un documento dai chiari contenuti xenofobi.
La lettera aperta – già consegnata al Sindaco a nome degli ignari cittadini e letta ad essi solo a posteriori – evita accuratamente di dire che il traffico di cocaina, la prostituzione, l’usura, il riciclaggio di denaro sporco, il proliferare delle sale scommesse, l’istallazione di slot machine in molti esercizi pubblici, il racket delle frutterie che aprono e chiudono continuamente, l’affitto “a materasso” degli appartamenti, il furto continuato di ogni spazio di socialità a Torpignattara non sono altro che l’esito di azioni di criminalità organizzata italiana di stampo mafioso. E l’occultamento di questa verità serve ad addossare la responsabilità del degrado alla presenza degli immigrati.
La responsabilità del degrado a Torpignattara è innanzitutto del Governo e poi del Comune e del Municipio, che non svolgono un’azione adeguata di contrasto alla grande criminalità organizzata di tipo mafioso, accrescendo la presenza delle forze dell’ordine e favorendo la cultura della legalità tra i cittadini per poter resistere, contestualmente all’iniziativa dello Stato, con un forte impegno civico nelle comunità locali.
E’ evidente che quando in una comunità si permette alle cosche mafiose di prosperare nel crimine e negli affari illeciti in perfetta tranquillità, tutti i gangli della società si infettano e dalla grande illegalità si passa alla piccola irregolarità, dai grandi episodi di violenza, alla piccola e diffusa violenza quotidiana. E in questo processo sono coinvolti sia italiani che immigrati. Ma l’origine sta nella presenza della mafia e nell’incapacità dello Stato di comprenderne i nuovi caratteri e di contrastarla.
Nel solco del malessere che questa grave situazione determina, si è ora inserita la manovra di alcuni capipopolo di destra ( personaggi che ricordano i capi dei “forconi” che guidavano le proteste dei camionisti e degli agricoltori e i blocchi delle autostrade coi tir) che si presentano come ingenui apolitici, ma poi alimentano pulsioni xenofobe e cavalcano il malcontento a fini di parte. Non a caso l’obiettivo della riunione di ieri sera era quello di farsi legittimare come rappresentanti dei cittadini di Torpignattara negli incontri che avevano già ottenuto illecitamente con le istituzioni. Ma, in realtà, nessuno li aveva mai eletti per svolgere questa funzione. Hanno dovuto penosamente confessare di essere stati indicati come tali dal presidente del V Municipio per riequilibrare “politicamente” la delegazione che sta incontrando la delegata del Sindaco alla sicurezza. Insomma, sarebbe una comica esilarante se non si trattasse di una vicenda estremamente seria: alcuni nominati dal potere pretendono di rappresentare la protesta nei confronti di quello stesso potere che origina il degrado e la criminalità.
Occorre demistificare questa impostura con una informazione capillare e dando ai cittadini gli strumenti conoscitivi della realtà che si è venuta a creare a Torpignattara e in altri quartieri di Roma per costituirsi in comunità consapevoli. La mancanza di iniziative per favorire l’integrazione degli immigrati è sicuramente un aspetto che aggrava ancor più la situazione di disagio nel quartiere. Tra queste iniziative è urgente programmare un’azione per diffondere la cultura della legalità tra tutti i residenti, autoctoni e immigrati. E’ per questo necessario coinvolgere nei dibattiti e nella mobilitazione anche le comunità degli immigrati per responsabilizzarle in questo processo di autoapprendimento collettivo della democrazia diretta, della capacità di rappresentare le proprie istanze nel confronto con le istituzioni, della cultura della legalità diffusa.